Onofrio tradotto anche in francese. Esce in Bretagna antologia poetica “Les rêves du souvenir”. Intervista all’autore di Marino

Onofrio tradotto anche in francese. Esce in Bretagna antologia poetica “Les rêves du souvenir”. Intervista all’autore di Marino

28/11/2022 0 Di Marco Montini

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Onofrio tradot­to anche in francese. Esce in Bre­tagna antolo­gia poet­i­ca “Les rêves du sou­venir”. Inter­vista all’autore di Mari­no

La statu­ra di uno scrit­tore si misura, più che dal suc­ces­so nel pro­prio Paese, talo­ra lega­to a oppor­tu­nità e cir­costanze dis­cutibili, dall’attenzione e dall’autorevolezza che riscuote all’estero. Se dunque “nemo propheta in patria”, il pol­so cal­do lo dan­no le traduzioni. Quan­do lo scrit­tore com­in­cia ad essere tradot­to e pub­bli­ca­to all’estero, vuol dire che il suo val­ore è ogget­ti­vo, cioè che va oltre le beghe e le reti local­is­tiche che guidano oppure osta­colano, in modo più o meno occul­to, le dinamiche dell’affermazione nazionale. Ebbene, Mar­co Onofrio con­fer­ma e incre­men­ta in questi giorni la por­ta­ta inter­nazionale che la sua qua­si trenten­nale car­ri­era let­ter­aria ha ulti­ma­mente intrapre­so. Il noto scrit­tore romano nat­u­ral­iz­za­to mari­nese, fres­co del suc­ces­so ottenu­to il 15 otto­bre scor­so a Siviglia con la pre­sen­tazione del suo “Empo­ri­um. Poemet­to di civile indig­nazione” tradot­to qualche anno fa in spag­no­lo, viene ora pub­bli­ca­to anche in Fran­cia. Dopo quelle in rumeno, spag­no­lo e albanese, ecco infat­ti la traduzione in francese: esce in Bre­tagna, con Raz Edi­tions Poésie, la sua nuo­va antolo­gia poet­i­ca bilingue “Les rêves du souvenir/I sog­ni del ricor­do”. L’ed­i­tore Philé­mon Le Guyad­er ha forte­mente cre­du­to nel libro, con cui ha volu­to inau­gu­rare una col­lana di inter­scam­bio cul­tur­ale tra la migliore poe­sia ital­iana con­tem­po­ranea e la rispet­ti­va transalpina. Le 40 poe­sie rac­colte nel­l’an­tolo­gia sono state tradotte con amorev­ole cura da Auri­ane Stur­bois. La pri­ma parte del vol­ume è quel­la tradot­ta in francese; la sec­on­da è in ital­iano. Corre­da l’opera la magis­trale pre­fazione del Prof. Rino Caputo, il quale evi­den­zia nel­la scrit­tura di Onofrio la «fun­zione cre­ati­va del sog­no» come «depos­i­to pos­si­bile dell’esperienza rag­gru­ma­ta nel ricor­do». E chiosa: «Il sog­no, il ricor­do. Cioè, nel­la migliore tradizione del­la let­ter­atu­ra ital­iana ed euroc­ci­den­tale, la Poe­sia».

Allo­ra, Onofrio, è con­tento di questo nuo­vo tra­guar­do?
“Con­tento è poco, ne sono felice. La gioia let­ter­aria di una traduzione è davvero incom­pa­ra­bile”.

Quali emozioni si provano nel ved­er­si tradot­ti?
“È una grande sod­dis­fazione, per­ché si è con­sapevoli che le pro­prie parole ver­ran­no lette e com­p­rese da per­sone che dicono o scrivono quelle “stesse cose” in un’altra lin­gua e attra­ver­so un’altra cul­tura. Si innesca un gio­co di aggius­ta­men­ti tra le diver­sità, e il pri­mo a con­sen­tir­lo è appun­to il tradut­tore che affronta il testo in lin­gua orig­i­nale. Il dono del­la traduzione somiglia molto a quel­lo che ci con­cede ogni viag­gio all’estero: la pos­si­bil­ità di cogliere il diver­so nell’uguale e, rec­i­p­ro­ca­mente, l’uguale nel diver­so. Le traduzioni sono fat­tibili per­ché l’esperienza umana è uni­ver­sale nel tem­po e nel­lo spazio: dici­amo da mil­len­ni le stesse cose fon­da­men­tali, anche se le parole per dirle e le sfu­ma­ture dei sig­ni­fi­cati sono diverse”.

Quin­di, mi pare di capire, per lei la traduzione assolve a un ruo­lo di medi­azione civile e polit­i­ca, oltre che cul­tur­ale?
“Esat­to. Dei tradut­tori si par­la sem­pre trop­po poco; eppure è anz­i­tut­to gra­zie a loro che le cul­ture pos­sono inter­a­gire per arric­chir­si a vicen­da. Una fun­zione che riten­go davvero impor­tante per la sal­va­guardia del­la pace nel mon­do, poiché a ben vedere è pro­prio dal­la man­can­za di comu­ni­cazione e dal­la chiusura rec­i­p­ro­ca che nascono pregiudizi e con­flit­ti: infat­ti riten­go i tradut­tori oper­a­tori di pace, pri­ma che di medi­azione tra lingue e cul­ture”.

È sod­dis­fat­to del­la traduzione di questo libro?
“Sì, molto. Non è facile ren­dere con mer­i­to i sig­ni­fi­cati pro­fon­di del­la scrit­tura, specie in poe­sia: la mia bravis­si­ma tradut­trice vi è rius­ci­ta al pun­to di “france­siz­zare”, per così dire, l’origine del suono-visione, come se in francese appun­to io pen­sas­si e scrives­si i miei ver­si. È quan­to di meglio pos­sa sper­are uno scrit­tore quan­do viene tradot­to”.

Per­ché il tito­lo “I sog­ni del ricor­do”?
“Per­ché rap­p­re­sen­ta il cuore stes­so del­la mia poet­i­ca, fon­da­ta sul sog­no e sul ricor­do. La memo­ria è fon­da­men­tale per la scrit­tura, i ricor­di sono il bagaglio indis­pens­abile di ogni artista. Ma i ricor­di sono in perenne con­flit­to con i sog­ni, che li vor­reb­bero diver­si e più sim­ili ad un’altra prospet­ti­va. Cer­ti ricor­di spe­ciali, tal­vol­ta immag­i­nari, pos­sono sca­turire dai sog­ni, se non altro il ricor­do del sog­no stes­so; accade più di fre­quente, però, che siano i sog­ni a tra­su­dare dai ricor­di. La memo­ria può allo­ra “smem­o­rare” in un sog­no infini­to che scioglie i con­fi­ni del tem­po nell’eternità, ed è a ques­ta dimen­sione pro­fon­da — tra fisi­co e metafisi­co — che viag­gia sec­on­do me la paro­la agglu­ti­nante del­la poe­sia, con la sua par­ti­co­lare con­cen­trazione lin­guis­ti­ca”.

Quan­do cadrà il trenten­nale del­la sua car­ri­era let­ter­aria?
“Il prossi­mo aprile: nell’aprile 1993 pub­bli­cai infat­ti, a Milano, il roman­zo “Inter­no cielo” che fu il mio libro di esor­dio”.

Quale sarà la sua prossi­ma pub­bli­cazione?
“Un libro di sag­gis­ti­ca: è una rac­col­ta di stu­di e rif­les­sioni a carat­tere stori­co, politi­co e soci­età. La pub­bli­cazione è pre­vista nel 2023”.

E la prossi­ma traduzione?
“Cre­do e spero in inglese”.

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