LA TERRA TROPPO PROMESSA: CAUSE DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE

LA TERRA TROPPO PROMESSA: CAUSE DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE

17/09/2017 8 Di Mauro Abate

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Due popoli con lo stes­so sog­no trasfor­ma­to in incubo da 100 anni — Appro­fondi­men­to del I Con­veg­no sul­la Pace nel Mediter­ra­neo di Mari­no del 2016 — di Mau­ro Abate // Arti­co­lo per­so a causa di un virus e pub­bli­ca­to nuo­va­mente, ave­va rag­giun­to 33.500 let­ture.

Le coste di Israele e del­la Palesti­na cos­ti­tu­is­cono cir­ca lo 0,6% di quelle del Mediter­ra­neo (300 su 46.000 km), eppure il con­flit­to è cru­ciale per tut­ta l’area, e dura ormai da un sec­o­lo. Vi inter­agis­cono innu­merevoli fat­tori etni­ci, reli­giosi, socio-eco­nomi­ci, geopoliti­ci, este­si a tut­to il Medior­i­ente, il baci­no del Mediter­ra­neo, l’Europa, ed anche a nazioni assai dis­tan­ti: come suol dirsi, è un con­flit­to molto inter­nazion­al­iz­za­to. Per i politi­ci è un mer­ca­to stru­men­tale sem­pre aper­to. Per gli stori­ci è un avvin­cente intrec­cio calei­do­scop­i­co, sem­pre can­giante. Per i popoli coin­volti è invece un incubo sen­za fine, di cui sono vit­time e pri­gion­ieri, più che pro­tag­o­nisti.
C’è chi con­sid­era la data di inizio delle ostil­ità il 1948, anno in cui è occor­sa la guer­ra tra Israele, che ave­va appe­na dichiara­to la sua indipen­den­za sec­on­do la risoluzione di par­tizione del­la Palesti­na delle Nazioni Unite, e gli eserci­ti di 5 nazioni arabe che invasero lo sta­to ebraico non riconoscen­do né questo né la risoluzione. Il con­flit­to e le vio­len­ze sono tut­tavia di più anti­ca data. Nel 1917 l’impero bri­tan­ni­co con­quistò la Palesti­na sot­traen­dola ai turchi, e nel 1920 nom­inò Alto Com­mis­sario a gov­ernarla Lord Her­bert Samuel, un ebreo inglese. Egli diede il via all’immigrazione di ebrei appli­can­do la dichiarazione Bal­four del 1917, che promet­te­va nel testo di real­iz­zare per loro in Palesti­na “una casa nazionale”. Si trat­ta­va di ebrei europei, det­ti Ashke­naz­i­ti (da Ashke­naz, “Ger­ma­nia” in Yid­dish, la lin­gua ebraica euro­pea), per lo più dell’Est del con­ti­nente. La dichiarazione era sta­ta emes­sa dal Min­istro degli Esteri (For­eign Sec­re­tary) Arthur James Bal­four dietro pres­sione dei nazion­al­isti ebrei, nel­la sper­an­za di rice­vere l’appoggio dell’ebraismo inter­nazionale all’impero bri­tan­ni­co durante la pri­ma guer­ra mon­di­ale. Per raf­forzare l’intesa, gli ebrei parte­ci­parono a fian­co degli ingle­si durante la guer­ra con 5 brigate. Il manda­to bri­tan­ni­co sul­la Palesti­na, con­fer­i­to nel 1922 dal­la Soci­età delle Nazioni alla Gran Bre­tagna, raf­forzò ulte­ri­or­mente questo ind­i­riz­zo politi­co.

Basilea, 1897: Her­zl espone il suo pro­gram­ma al I con­gres­so mon­di­ale sion­ista


Il movi­men­to nazion­al­ista ebraico sion­ista era sta­to fonda­to da Theodor Her­zl, e sec­on­do il suo libro-man­i­festo (Der Juden­staat, Lo Sta­to ebraico), prog­et­ta­va di rifon­dare una nazione per gli ebrei, dis­crim­i­nati e ogget­to di aggres­sioni in tut­to il mon­do, nell’agognata anti­ca ter­ra degli avi, la Ter­ra Promes­sa del­la Bib­bia. I sion­isti pen­sa­vano di risol­vere così la bimil­lenar­ia “ques­tione ebraica”, cioè la con­dizione di dis­crim­i­nazione e per­se­cuzione vis­su­ta dal popo­lo ebraico da quan­do era sta­to costret­to a las­cia­re la stes­sa ter­ra nel 136 d.c.. C’era sta­ta allo­ra una terza grande riv­ol­ta degli ebrei all’occupazione di Roma, da loro con­sid­er­a­ta una poten­za pagana, che vol­e­va impor­rre il cul­to del­la divinità dell’imperatore in luo­go di quel­la del Dio uni­co del­la Bib­bia. La riv­ol­ta era sta­ta repres­sa dopo una san­guinosa guer­ra dalle legioni dell’imperatore Adri­ano. Cir­ca mez­zo mil­ione di ebrei fu ucciso o morì di sten­ti, un’altra parte fu ridot­ta in schi­av­itù, ed un’altra parte las­ciò una regione in com­ple­ta rov­ina. Rimase in loco solo un pic­co­lo nucleo di ebrei che riuscì a soprav­vi­vere nei mil­len­ni, anche con l’ingresso saltu­ario di pel­le­gri­ni cor­re­li­gionari.
Adri­ano, un filo-ellenista, cam­biò infine anche il nome del­la provin­cia romana, da Iudaea (cioè Giudea, nome derivante dal Reg­no ebraico di Judah) in Syr­ia-Palaesti­na, emu­lan­do l’antico nome, men­zion­a­to anche nel­la Bib­bia, del­la zona costiera (cor­rispon­dente all’attuale striscia di Gaza) in cui stanziarono i Fil­is­tei, un’antica popo­lazione gre­ca nem­i­ca degli ebrei, e già allo­ra scom­parsa da molto tem­po. Suc­ces­si­va­mente la regione passò sot­to il dominio dell’impero romano d’oriente. Poi gli ara­bi la con­quis­tarono nel 636 d.c. e man­ten­nero il nome romano, cam­bian­do­lo leg­ger­mente in Filastin poiché nell’alfabeto arabo non esiste la let­tera “p”, che è abit­ual­mente sos­ti­tui­ta dal­la let­tera “f”. La ter­ra passò sot­to con­trol­lo degli Ottomani nel 1516, che man­ten­nero lo stes­so nome, e fu infine con­quis­ta­ta come det­to dal Reg­no Uni­to nel 1917, che angli­ciz­zò il nome lati­no in Pales­tine.

Coloni ebrei fon­dano la comu­nità agri­co­la Naha­lal in Galilea, 1921


Gli ebrei tut­tavia giu­rarono di ritornare e di ricostru­ire la loro nazione, man­te­nen­do il voto anno dopo anno, gen­er­azione dopo gen­er­azione. Col pas­sare dei sec­oli il voto si era affievoli­to, quan­do la feroce per­se­cuzione loro inflit­ta nel­la sec­on­da metà dell’800, spe­cial­mente nell’Europa dell’Est, fece ritornare in auge l’antica promes­sa. Per questo moti­vo, già alcune migli­a­ia di ebrei ave­vano inizia­to a col­o­niz­zare la Palesti­na nel­la sec­on­da parte dell’800, moti­vati da spir­i­to di reden­zione dell’antica patria. Questi coloni (olim, in ebraico) a dif­feren­za di quel­li europei nel Mediter­ra­neo, fon­da­vano delle comu­nità agri­cole di ispi­razione social­ista (moshav, kib­butz), per ricos­ti­tuire l’antica cul­tura ebraica dedi­ta alla ter­ra e all’agricoltura, las­cian­do le pro­fes­sioni com­mer­ciali a cui era­no sta­ti costret­ti nei sec­oli. Fecero così crescere numeri­ca­mente la comu­nità di ebrei rimas­ta in Ter­ra San­ta sin dai tem­pi antichi.

Israel Zang­will, leader del JTO, difen­sore degli oppres­si, dei dirit­ti delle donne e del­la fratel­lan­za tra i popoli.


Esiste­va anche un altro movi­men­to nazion­al­ista ebraico, chiam­a­to “ter­ri­to­ri­ale” (Jew­ish Ter­ri­to­r­i­al Orga­ni­za­tion — JTO), con leader Israel Zang­will. Egli ritene­va che anche se la popo­lazione ara­ba in Palesti­na non era orga­niz­za­ta con i carat­teri di una nazione (posse­du­ti invece dagli ebrei), e ver­sa­va in con­dizioni di arretratez­za per la deca­den­za dell’impero ottomano, la fon­dazione di uno sta­to ebraico con la pre­sen­za di altro popo­lo etni­ca­mente dif­fer­ente avrebbe por­ta­to ad una situ­azione con­flit­tuale. Il JTO per­tan­to accetta­va di costru­ire lo sta­to ebraico in altre regioni del mon­do allo­ra remote o spopo­late (furono con­sid­er­ate Cire­naica, Ugan­da, Kenia, Cana­da e altre anco­ra).
Tut­tavia i nazion­al­isti sion­isti, che era­no la grande mag­gio­ran­za del popo­lo ebraico, agog­na­vano come patria solo la Ter­ra Promes­sa, dove si era com­pi­u­ta la loro sto­ria, e dove si era­no for­mate la loro iden­tità, reli­gione e lin­gua. Con­sid­er­a­vano la popo­lazione palesti­nese locale poco evo­lu­ta, non molto numerosa, e comunque dis­pos­ta ad accettare di buon gra­do di fare parte di uno sta­to ebraico, in pre­vi­sione del suo ele­va­to gra­do di svilup­po socio-eco­nom­i­co. Svilup­parono una retor­i­ca sec­on­do la quale la Palesti­na era una “Ter­ra sen­za popo­lo per il popo­lo sen­za ter­ra”, e ritenevano di avere in ogni caso “dirit­ti stori­ci” sul­la ter­ra, da loro chia­ma­ta Eretz Israel (Ter­ra d’Israele), o per bre­vità Eretz, a cui non era­no dis­posti a rin­un­cia­re. Boicot­tarono atti­va­mente l’anzidetto JTO, costrin­gen­do­lo a scioglier­si. Sia pure inizial­mente rispet­tosi del­la risoluzione di par­tizione delle Nazioni Unite del 1947, man­i­fes­tarono negli ulte­ri­ori svilup­pi di colti­vare in realtà un “esclu­sivis­mo” su tut­ta la ter­ra, par­al­le­lo del resto a quel­lo da sem­pre avu­to dagli ara­bi palesti­ne­si. Lo scon­tro fu inevitabile, sem­pre più este­so e vio­len­tis­si­mo, pro­prio come ave­va pre­vis­to Zang­will.
Per gli ara­bi palesti­ne­si infat­ti, legit­ti­ma­mente dal pro­prio pun­to di vista, gli immi­grati ebrei non appartenevano a quel­lo che con­sid­er­a­vano il pro­prio Paese. Per i palesti­ne­si inoltre gli ebrei era­no solo fedeli di una reli­gione, non cos­ti­tu­iv­ano un popo­lo. Non vollero neanche mai riconoscere il loro anti­co legame con la ter­ra, che fu smi­nu­ito. Tut­to­ra negano che sia mai esis­ti­to anti­ca­mente il Tem­pio di Salomone, dis­trut­to dagli antichi romani e al cui pos­to fu costru­i­ta dagli ara­bi nel VII sec­o­lo la moschea del­la Cupo­la del­la Roc­cia.
Gli ara­bi si sen­tirono infine tra­di­ti dall’impero bri­tan­ni­co poiché un prece­dente carteg­gio del 1915 tra il gen­erale inglese MacMa­hon e Hus­sein, futuro re dell’Hejaz (la parte set­ten­tri­onale dell’attuale Ara­bia Sau­di­ta), pur non men­zio­nan­do la Palesti­na esplici­ta­mente, avrebbe las­ci­a­to inten­dere tra le righe la promes­sa che la ter­ra avrebbe fat­to parte del reg­no di Hus­sein se gli ara­bi avessero aiu­ta­to il Reg­no Uni­to nel­la lot­ta con­tro i turchi. Purtrop­po la Ter­ra San­ta è sta­ta la Ter­ra trop­po Promes­sa, come vedremo anche in segui­to. Gli ara­bi com­bat­terono dura­mente e furono essen­ziali per la con­quista del Medior­i­ente da parte del Reg­no Uni­to, che però negò che la Palesti­na fos­se sta­ta inclusa nell’accordo. Gli ara­bi si ribel­larono a quelle che ritenevano un’usurpazione ed una col­o­niz­zazione indeb­ite con una serie di som­mosse nel 1920, 1921, 1929, e 1936–1939.
In con­seguen­za del­la reazione degli ara­bi, e del­la pre­vi­sione di gran­di futuri inter­es­si nel mon­do arabo, il Reg­no Uni­to cam­biò la pro­pria posizione nel 1939, pub­bli­can­do il Libro Bian­co, in cui si impeg­na­va a lim­itare l’immigrazione ebraica nei suc­ces­sivi 5 anni, e a cos­tu­i­tuire una nazione a mag­gio­ran­za ara­ba entro 10 anni. Gli ara­bi sareb­bero sta­ti due terzi degli abi­tan­ti, e non vi sarebbe sta­ta una par­tizione. Tut­tavia nel­lo stes­so anno scop­piò la II guer­ra mon­di­ale, che portò all’Olocausto degli ebrei. Come è scrit­to più avan­ti, questo cam­biò di nuo­vo tut­to, e portò all’indirizzo defin­i­ti­vo.

Funerale di un ebreo ucciso nei moti del 1929


Ritor­nan­do alle prime reazioni degli ara­bi, i tumul­ti iniziarono nel 1929, in cui purtrop­po si accanirono ucci­den­do la popo­lazione ebraica anti­ca­mente stanzi­a­ta a Hebron e a Gerusalemme. Gli ebrei rea­girono, e alla fine si con­tarono 133 mor­ti ebrei e 116 ara­bi. L’esercito inglese colpevol­mente non inter­venne e las­ciò fare.
Le vio­len­ze dei palesti­ne­si con­tro gli immi­grati ebrei e la comu­nità degli ebrei di Palesti­na (lo Yishuv, in ebraico) si este­sero presto con­tro le altre comu­nità ebraiche del­la dias­po­ra nei Pae­si ara­bi (Galut, in ebraico). Queste comu­nità si era­no inse­di­ate sia pri­ma delle con­quiste islamiche, sia in segui­to alla cac­cia­ta degli ebrei dal­la Spagna da parte del­la regi­na cat­toli­ca Isabel­la nel 1492. L’impero ottomano li ave­va accolti, fiu­tan­do il gran­dis­si­mo affare. Popolò infat­ti le cit­tà degli immen­si ter­ri­tori ara­bi che ave­va con­quis­ta­to, eco­nomi­ca­mente depres­si, con arti­giani, com­mer­cianti, medici e filosofi ebrei, tra i migliori del tem­po. Nac­quero così le comu­nità degli ebrei sefardi­ti (dall’ebraico Sefarat, “Spagna”), det­ti anche ori­en­tali. Le vio­len­ze con­tro queste comu­nità furono dei pogrom di effer­a­ta crudeltà, sem­pre più gravi, spe­cial­mente nel 1945, con centi­na­ia di mor­ti in ogni ter­ra ara­ba. Si ripeterono anche nel 1948 e 1967. Masse infe­rocite di musul­mani, isti­gate da estrem­isti, uccis­ero uomi­ni, donne (anche inc­inte) e bam­bi­ni, bru­cian­do case, sin­a­goghe e attiv­ità pro­dut­tive. Anco­ra una vol­ta l’esercito bri­tan­ni­co occu­pante non inter­venne, lavan­dosene le mani.

Rifu­giati ebrei libi­ci par­ti­ti dal­la Lib­ia sbar­cano a Haifa, nel 1947


L’insediamento ebraico in Palesti­na, anco­ra non indipen­dente, inviò seg­re­ta­mente istrut­tori mil­i­tari per adde­strare le mino­ranze ebraiche a difend­er­si, ed orga­niz­zò effi­cace­mente anche la loro fuga in Palesti­na, in modo da crescere esso stes­so di numero e di forza. Del resto, questi profughi nei decen­ni prece­den­ti ave­vano in grande parte ader­i­to alla causa sion­ista, conosce­vano meglio l’ebraico degli ebrei europei, e nutrivano uno struggente deside­rio di ritornare nel­la ter­ra degli avi per far­la rifiorire, con­dizione nec­es­saria per l’avvento del Mes­sia atte­so dal­la loro reli­gione. Il ritorno è chiam­a­to dagli ebrei sion­isti (che sono la mag­gio­ran­za degli ebrei) Aliyà, che sig­nifi­ca sali­ta, in quan­to ele­va, cioè nobili­ta la loro con­dizione.
I profughi ebrei cac­ciati dai ter­ri­tori ara­bi non si com­por­tarono in modo uni­vo­co. Come è rego­la costante nel­la sto­ria di Israele, i poveri e nul­late­nen­ti trovarono rifu­gio nel­lo sta­to ebraico, men­tre quel­li più ben­es­tanti emi­grarono ver­so i Pae­si occi­den­tali. Ad es. dei cir­ca 38.000 ebrei libi­ci, oltre 30.000 si rifu­gia­rono in Israele. Oggi i loro dis­cen­den­ti sono oltre 100.000, e molti tra loro sono impren­di­tori e uffi­ciali di alto gra­do dell’esercito. I ben­es­tanti, cir­ca 6.000, si sis­temarono in mag­gio­ran­za a Roma, dove cos­ti­tu­is­cono una parte essen­ziale del­la comu­nità ebraica romana, la più intrapren­dente a liv­el­lo reli­gioso ed eco­nom­i­co, e capace di creare migli­a­ia di posti di lavoro.

Profughi palesti­ne­si in fuga dal­la Palesti­na durante la guer­ra del 1948


Anche i palesti­ne­si han­no subito inau­dite dis­crim­i­nazioni, vio­len­ze ed una polit­i­ca di depor­tazione dalle loro terre da parte dei nazion­al­isti ebraici. Spe­cial­mente respon­s­abili furono for­mazioni quali l’Irgun e la Ban­da Stern, con­sid­er­ate ter­ror­iste dal­lo stes­so Con­gres­so Mon­di­ale del Sion­is­mo e dall’Agenzia Ebraica. L’Irgun è sor­to pro­prio in con­seguen­za dei moti del 1929, e ha grad­ual­mente inten­si­fi­ca­to le sue azioni. Nel 1948 è sta­to respon­s­abile del mas­sacro di centi­na­ia di palesti­ne­si a Deir Yassin, quale parte di una strate­gia di ter­rore vol­ta a far­li abban­donare le loro terre e le loro pro­pri­età, asseg­nate subito dopo ad immi­grati ebrei.
Sec­on­do la visione strate­gi­ca dei sion­isti più estrem­isti, poiché gli ara­bi palesti­ne­si, con­trari­a­mente a quan­to da loro assun­to inizial­mente, non avreb­bero mai acconsen­ti­to alla creazione di uno sta­to ebraico, era nec­es­sario allo­ra agire con rap­pre­saglie ad ogni loro attac­co, come misura di dis­sua­sione e deter­ren­za. Con il tem­po, vista l’energica reazione ara­ba, gli estrem­isti iniziarono a piani­fi­care oper­azioni ter­ror­is­tiche con­tro i palesti­ne­si per indurli a las­cia­re la loro ter­ra. Grad­ual­mente la diri­gen­za degli ebrei pri­ma, e il gov­er­no israeliano poi, spe­cial­mente durante la guer­ra del 1948–1949, pur uffi­cial­mente con­dan­nan­done le azioni, in realtà non solo las­cia­rono fare gli estrem­isti dell’Irgun, ma ne con­di­vis­ero la strate­gia, dive­nen­done com­pli­ci. Unità dell’esercito rego­lare, agli ordi­ni del promi­nente gen­erale Dayan, parte­ci­parono infat­ti a queste cam­pagne aggres­sive volte ad incutere ter­rore e a fare fug­gire la popo­lazione palesti­nese. D’altra parte, anche gli eserci­ti ara­bi quan­do attac­carono Israele per porvi fine nel­la guer­ra del 1948 allon­ta­narono dal­la Cis­gior­da­nia la popo­lazione ebraica che vi si era inse­di­a­ta.
Il risul­ta­to di queste vio­len­ze e depor­tazioni da ambo i lati fu che 880.000 ebrei ara­bi dovet­tero las­cia­re i Pae­si ara­bi, e 750.000 palesti­ne­si furono costret­ti a fug­gire dal­la Palesti­na. Per gli ebrei ara­bi l’ennesima vio­len­ta cac­cia­ta coin­cise tut­tavia con l’agognato ritorno nel­la ter­ra degli avi. Si aggiun­sero alle centi­na­ia di migli­a­ia di ebrei europei sfug­gi­ti ai campi di ster­minio nazisti dopo l’Olocausto, o che comunque a quel pun­to non vol­e­vano più vivere in Europa, ma solo in uno sta­to ebraico nel­la loro anti­ca ter­ra.
La forza­ta migrazione di ebrei dai Pae­si ara­bi ad Israele e dei palesti­ne­si dal­la loro ter­ra ha pro­fonde impli­cazioni nel con­flit­to e nel proces­so di pace. Infat­ti, dal pun­to di vista degli ebrei, le loro mino­ranze furono costrette a fug­gire dai Pae­si ara­bi dopo mil­len­ni di con­viven­za, las­cian­do i loro beni e attiv­ità eco­nomiche spes­so fioren­ti, per cui recla­mano i loro dirit­ti di cit­ta­di­ni di quei Pae­si, e com­pen­sazioni per i beni per­du­ti, o in alter­na­ti­va, un’equiparazione delle loro perdite con quelle sof­ferte dai palesti­ne­si, per cui sosten­gono che vi è sta­ta in fon­do una sos­ti­tuzione di popo­lazioni. Ques­ta tesi non è accetta­ta dai palesti­ne­si, che recla­mano il dirit­to a ritornare nelle loro terre.
Ė sta­to comunque l’Olocausto sub­í­to dagli ebrei europei a scuotere final­mente le coscien­ze e a fare com­pren­dere all’opinione pub­bli­ca inter­nazionale, e ai gov­erni delle Nazioni Unite, la neces­sità che gli ebrei avessero una pro­pria patria. Infat­ti, nel 1939 il Reg­no Uni­to, come anzidet­to, ave­va cam­bi­a­to lin­ea polit­i­ca, e con il Libro Bian­co ave­va sta­bil­i­to che non più di 75.000 ebrei l’anno sareb­bero potu­ti migrare in Palesti­na nei 5 anni suc­ces­sivi, e che entro 10 anni essa sarebbe divenu­ta un Paese a mag­gio­ran­za ara­ba, sen­za per­al­tro par­tizioni. Il Reg­no Uni­to, nazione civilis­si­ma, si era imbar­ca­to nel­la pri­ma guer­ra mon­di­ale in un’espansione del suo impero, ma per la sua abit­uale polit­i­ca di creare oppor­tu­nità a favore dei pro­pri sud­di­ti, e di oper­are con buon sen­so, si invis­chiò in dinamiche storiche più gran­di e com­p­lesse di quan­to non avesse pre­ven­ti­va­to. Lad­dove l’Altissimo sec­on­do la Bib­bia promise la Ter­ra San­ta solo agli ebrei, il Reg­no Uni­to riuscì a promet­ter­la sia agli ebrei con la dichiarazione di Bal­four, sia agli ara­bi con il Libro Bian­co, e pri­ma anco­ra nelle pieghe del carteg­gio tra il gen­erale MacMa­hon e Hus­sein las­ciò intravedere agli ara­bi che la ter­ra era a loro des­ti­na­ta. La Ter­ra San­ta, come det­to, è sta­ta la Ter­ra trop­po Promes­sa. Come risul­ta­to, il Reg­no Uni­to fu odi­a­to sia dagli ara­bi che dagli ebrei.

Il Grande Mufti di Gerusalemme El Hus­sei­ni incon­tra l’alleato Hitler.


La sec­on­da guer­ra mon­di­ale e l’Olocausto cam­biarono tut­to. Nel­la guer­ra gli ebrei, nonos­tante il Libro Bian­co, si schier­arono con il Reg­no Uni­to, parte­ci­pan­do ai com­bat­ti­men­ti anche per la lib­er­azione d’Italia dai naz­i­fascisti con la Briga­ta Ebraica, forte di 5000 uomi­ni. Il leader degli ara­bi palesti­ne­si, il Mufti di Gerusalemme Al-Hus­sei­ni, si schierò invece con la Ger­ma­nia nazista, poten­za che sem­bra­va inar­resta­bile e che addi­ta­va come nemi­ci gli ebrei. Era per­tan­to un alleato utile, anche per il comune odio ver­so gli ebrei. Il Mufti com­mise un errore di grande sig­ni­fi­ca­to politi­co e morale, che non rende gius­tizia al popo­lo palesti­nese, nel suo com­p­lesso tra i più toller­an­ti del mon­do arabo e del medior­i­ente. Dopo la guer­ra la richi­es­ta degli ebrei di avere un pro­prio sta­to in Ter­ra San­ta origi­na­va anco­ra con­tro­ver­sie, ma alla mag­gio­ran­za delle nazioni parve l’unico luo­go in cui comunque si era­no inse­diati con un’organizzazione nazionale, ed altresì parve legit­ti­mo che avessero un rifu­gio sicuro dopo migli­a­ia di anni di vio­len­ze di ogni tipo per­pe­trate con­tro di essi. Si giunse quin­di al voto favorev­ole delle Nazioni Unite per la par­tizione del­la Palesti­na in due sta­ti, ebraico ed arabo, nel 1947. Fu dunque l’Olocausto a dare piena legit­tim­ità all’istituzione del­lo Sta­to d’Israele, più che il sion­is­mo, e per questo gli ubiq­ui­tari nemi­ci degli ebrei — per­ché soprat­tut­to nemi­ci del­la loro reli­gione e del­la loro cul­tura — ten­tano di negare che sia mai avvenu­to.
Per i palesti­ne­si la guer­ra che insieme a cinque sta­ti ara­bi mossero con­tro Israele in segui­to alla risoluzione di par­tizione del­la Nazioni Unite in dife­sa di quel­lo che da oltre mille anni era la loro ter­ra risultò invece nel­la Nak­ba, la cat­a­strofe, cioè la perdi­ta di sovran­ità di gran­di par­ti del loro Paese, e la vita o sot­to occu­pazione o in esilio, che li ha visti vivere per decen­ni, spes­so fino ai giorni nos­tri, in dere­lit­ti campi profughi negli altri Pae­si ara­bi, molti dei quali non li han­no aiu­tati, sia temen­done la cresci­ta di peso politi­co sia all’interno delle loro nazioni, sia per­ché da sem­pre han­no delle pro­prie mire di annet­ter­si la Palesti­na e di non con­ced­er­le l’indipendenza.
Esiste quin­di una grande ques­tione inter­nazionale nel con­flit­to, oltre quel­la del­la legit­tim­ità e dei con­fi­ni degli sta­ti dei due popoli: quel­la del dirit­to al ritorno dei profughi nelle loro terre, o alla loro com­pen­sazione. I pochi ebrei che sono ritor­nati nei Pae­si ara­bi anche solo per vedere le case e i luoghi in cui vis­sero spes­so han­no subito ten­ta­tivi di lin­ci­ag­gio, o sono sta­ti arresta­ti quali “spie” di Israele. Solo in Tunisia ed in Maroc­co i pochi ebrei rimasti non cor­rono peri­coli immi­nen­ti.

Profughi palesti­ne­si las­ciano la Palesti­na attra­ver­so il ponte sul Gior­dano, nel 1967

Israele d’altro lato nega ai palesti­ne­si fug­gi­ti o che ha fat­to fug­gire, e ai loro dis­cen­den­ti, ogni pos­si­bil­ità di ritorno, forte­mente agog­na­to (“El aou­da”, in arabo). In Israele comunque i palesti­ne­si rimasti, defin­i­ti ara­bi israeliani, sono cir­ca 1,7 mil­ioni o il 21% del­la popo­lazione, e godono for­mal­mente degli stes­si dirit­ti degli ebrei israeliani. Sono comunque svan­tag­giati, in quan­to pur essendo teori­ca­mente il Paese bilingue, nei posti di lavoro e nelle posizioni migliori il sis­tema priv­i­le­gia la lin­gua ebraica, facen­do sen­tire gli ara­bi israeliani dei cit­ta­di­ni di sec­on­da serie. Una mino­ran­za degli ara­bi israeliani comuque con­sid­era Israele il pro­prio Paese, men­tre un’altro grup­po, più cor­poso, invece vi si oppone, come i palesti­ne­si del­la dias­po­ra.
Dal 1948 ad oggi sono con­tin­u­ate le vio­len­ze da ambo le par­ti, su scala mag­giore, attra­ver­so numerose guerre o lotte (come l’Intifada), che han­no cre­ato muri di odio e di incom­pren­sione tra i popoli e le loro cul­ture. A riguar­do, una com­pli­cazione è che nel Cora­no, per i musul­mani libro scrit­to da Dio ed immutabile, sono pro­ferite da Maomet­to pesan­ti offese ed accuse agli ebrei, che sono pro­fon­da­mente rad­i­cate nel­la psiche delle masse arabe. Inoltre nei det­ti e negli esem­pi del­la vita di Maomet­to (i Hadith) è scrit­to che gli ebrei devono essere uccisi. Il pro­fe­ta stes­so tru­cidò intere tribù ebraiche che non vollero con­ver­tir­si all’Islam nel­la peniso­la ara­bi­ca, dove, basan­dosi sui suoi Hadith, viene nega­to nell’intero ter­ri­to­rio ad ebrei e cris­tiani la pro­fes­sione del­la loro fede fino ai giorni nos­tri. D’altro lato la mag­gio­ran­za degli ebrei israeliani dif­fi­dano degli ara­bi israeliani, e nei ter­ri­tori occu­pati han­no svilup­pa­to un sis­tema di sep­a­razione dai palesti­ne­si, di fat­to una seg­regazione (in ebraico “Hafradah”), che insieme alla durez­za dell’occupazione li mar­gin­al­iz­za ed aliena nel­la loro stes­sa ter­ra.

Tel Aviv, per gli israeliani la cit­tà sim­bo­lo del loro suc­ces­so.


Si è gen­er­a­ta così una delle più for­mi­da­bili con­cen­trazioni di odio tra due popoli nel­la sto­ria, ed un’infinità di prob­le­mi che richiederà un lun­go per­cor­so di ravvic­i­na­men­to con molti pas­si, sia cul­tur­ali ma anche politi­ci ed eco­nomi­ci, per giun­gere infine alla pace. Per la mag­gio­ran­za dei palesti­ne­si e degli ara­bi, nonos­tante le dichiarazioni uffi­ciali di cir­costan­za di accettare l’esistenza di due sta­ti per i due popoli, la pace tut­tavia non sarà mai pos­si­bile, mira­no all’eliminazione di Israele, nel­la migliore delle ipote­si per isti­tuire un uni­co sta­to in cui ebrei ed ara­bi con­vivono, oppure per isti­tuire un solo sta­to arabo con l’espulsione degli ebrei. La situ­azione cre­atasi nei ter­ri­tori occu­pati acuisce le ten­sioni ed allon­tana le pos­si­bil­ità di rag­giun­gere un accor­do di pace.

Sil­wan, un immen­so quartiere palesti­nese di Gerusalemme Est, sot­to occu­pazione, che gen­era povertà: un altro mon­do rispet­to alle svilup­pate cit­tà israeliane.


Gli ara­bi con­fi­dano nel con­cet­to di pro­fon­dità strate­gi­ca, cioè nel numero pre­pon­der­ante delle masse arabe e musul­mane, delle loro terre, e delle loro risorse, per vin­cere alla fine il con­flit­to, anche tra molti decen­ni, regolan­do vec­chi con­ti e chi­u­den­do la par­ti­ta con il popo­lo e la reli­gione ebraica, con­siderati nemi­ci stori­ci. Gli israeliani ne sono con­sapevoli, e per questo i falchi d’Israele aumen­tano a loro vol­ta local­mente la pro­fon­dità strate­gi­ca su tut­ta la Palesti­na, con nuovi inse­di­a­men­ti, non volen­do ritornare i ter­ri­tori occu­pati, ali­men­tan­do così ulte­ri­or­mente il cir­co­lo vizioso dell’odio e del­la guer­ra.

Rius­ci­ran­no palesti­ne­si ed israeliani a con­vi­vere respon­s­abil­mente?

Risol­vere questo con­flit­to richiederà una com­ple­ta revi­sione men­tale e cul­tur­ale nel modo di affrontar­lo di tutte le par­ti in causa, anche delle poten­ze region­ali e delle super­poten­ze che da sem­pre ambis­cono ad avere un ruo­lo nell’area e spe­cial­mente nel­la ter­ra con­te­sa, che agisce da cerniera tra tre con­ti­nen­ti. Anche gli intel­let­tuali, i movi­men­ti politi­ci demo­carati­ci e qual­si­asi cen­tro di for­mazione di cul­tura, specie in Europa, dovran­no sforzarsi di com­pren­dere la com­p­lessità e la crudez­za di tut­ti i fat­tori in gio­co, evi­tan­do di ada­gia­r­si su con­sueti cliché e di fil­trare solo i fat­tori con­facen­ti alle pro­prie posizioni politiche. La sper­an­za è che le future gen­er­azioni di israeliani e palesti­ne­si, di ara­bi, musul­mani ed ebrei, e nel mon­do intero, sap­pi­ano avere la capac­ità, l’ispirazione, l’onestà e il cor­ag­gio nec­es­sari.
Nel recente Con­veg­no Inter­nazionale sul­la Pace del Mediter­ra­neo tenu­tosi a Mari­no è sta­to caldeg­gia­to un per­cor­so per il rag­giung­i­men­to del­la pace nel con­flit­to israe­lo-palesti­nese (clic­ca sul link per andare all’articolo).
Se si dovesse indire un con­veg­no di pace speci­fi­co sul con­flit­to, nec­es­sari­a­mente per cor­ret­tez­za dovrà prevedere la pre­sen­za di rap­p­re­sen­tan­ti delle due par­ti, palesti­ne­si ed israeliani.

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