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RINVIATA AL 30 MAGGIO L’UDIENZA PER IL PROCESSO PER LO SCEMPIO EDILIZIO AL SITO ARCHEOLOGICO DI BOVILLAE A MARINO
21/03/2017Questo articolo è stato letto 59749 volte!
Riceviamo e pubblichiamo
I legali degli imputati hanno cavillato sulla sostituzione di un elemento del Collegio giudicante.
Il 18 aprile si sarebbe dovuta tenere la seconda udienza del processo, con l’ascolto dei testimoni a difesa degli imputati. Tutti erano riuniti, la Corte, i testimoni e le parti civili, quando gli avvocati degli imputati hanno eccepito che sebbene il Giudice Presidente della Corte e altri giudici fossero gli stessi, un giudice del collegio era diverso da quello dell’udienza precedente. Hanno quindi chiesto il rinvio dell’udienza, ed anzi anche la ripetizione dell’udienza precedente del 28 marzo in cui avevano deposto i testimoni dell’accusa e delle parti civili. Ė evidente il ricorso a tattiche dilatorie degli avvocati degli imputati, messo in campo sin dall’inizio del procedimento, con il rinvio già di due precedenti udienze preliminari, che da sole hanno portato ad un ritardo di circa un anno del processo. Così facendo gli imputati danno tuttavia la chiara impressione di temere il giudizio, di rendere difficoltoso il processo, e di mirare alla prescrizione.
Il Giudice Dott.ssa M. Roberti ha fissato l’udienza per i soli testimoni degli imputati il 30 maggio alle ore 9:30, informando che la composizione del collegio giudicante sarà identico a quello della prima udienza.
Il 28 marzo si era svolta la prima udienza del processo, che aveva visto una nutrita partecipazione. Per il Comune di Marino, erano presenti l’Assessore all’Urbanistica Ing. A. Trinca e l’Assessore ai Lavori Pubblici A. Tammaro. Per Legambiente il Presidente Regionale del Lazio R. Scacchi e il Presidente dei Castelli N. Passaretti. Per la Regione Lazio era presente il consigliere S. De Nicolò. Giova ricordare che non essendosi costituita quale parte civile la vecchia amministrazione Palozzi/Silvagni, e non potendo farlo quella nuova (poiché insediatasi dopo la decadenza dei termini), le associazioni ambientaliste e del territorio avevano conferito l’incarico di parte civile del Comune di Marino al Dott. Mauro Abate per la sua imparzialità e competenza, che il G.U.P. (giudice dell’udienza preliminare) aveva accolto. Gli avvocati delle parti civili sono il Dott. Eduardo Auricchio per la parte civile del Comune di Marino e la Dott.ssa Liviana Cataldi per la parte civile Legambiente. Entrambi si distinguono per competenza e probità.
Il processo si concentra sulla costruzione soprattutto di due edifici abusivi eretti proprio sopra le strutture e i mosaici dei funzionari officianti, chiamati Sodales Augustales, che celebravano i giochi e il rito della Gens Julia. Sono vestigia studiate dai massimi archeologi internazionali a partire dal 1821, e su cui si organizzano congressi internazionali di studiosi di tutto il mondo. L’ultimo fu tenuto all’Università di Dallas a Marino nel 2015, con la partecipazione di studiosi statunitensi, britannici, olandesi ed italiani.
Le due costruzioni illegali attigue hanno una lunghezza di 17,35 mt, una larghezza di 8,70 mt ed un’altezza di 3,5 mt. Sono poste sui mosaici e a circa una decina di metri dagli archi, ed anche dove l’antica via giungeva al Circo.
Durante la prima udienza nel processo, i testimoni delle parti civili e gli Ufficiali della Polizia Giudiziaria hanno riferito che la documentazione presentata per ottenere i permessi, e questi stessi, erano illeciti. Il rogito notarile riportava la notizia falsa che le due strutture erano state realizzate prima del 1 settembre 1967, data di applicazione di una legge nazionale che rendeva le licenze obbligatorie anche in aree rurali, e a cui era seguito un decreto ministeriale il 10 novembre che rafforzava il vincolo già presente dal 1939.
Gli acquirenti sostengono che responsabili delle false dichiarazioni erano i venditori, ma la perizia su cui si basava la datazione, trasmessa dai venditori al notaio, riferiva che entrambe le costruzioni in oggetto non esistevano al 1967. In realtà una delle costruzioni era stata eretta abusivamente nel 1977, e l’altra non era neanche mai esistita, ciò che gli acquirenti sapevano, mentre avevano firmato un certificato catastale riportante informazioni false sulla sua esistenza che faceva parte del rogito.
I nuovi proprietari aumentavano tutte le dimensioni dell’unica costruzione esistente (che era in origine un piccolo pollaio). Ne chiedevano con un progettista il “restauro” all’Ufficio Urbanistica del Comune di Marino, chiedendo anche la costruzione della struttura di legno, ritrasmettendo le false informazioni del rogito.
L’ufficio urbanistica rilasciava le licenze, superando in proprio il vincolo paesistico vigente nell’area, ma erano assenti i nulla osta della Soprintendenza per i Beni archeologici. Eppure nel sito vigono vincoli archeologici dettati da ben 5 leggi: la Legge Monumentale del 1939, un Decreto Ministeriale del 1967, la legge Galasso del 1985, la legge 42/2004 e della Regione Lazio del 2004 e 2007, oltre che quattro vincoli paesistici (del 1939, 1959, 1985, 2004).
Oltre ai proprietari e al loro tecnico, sono imputati alcuni addetti dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Marino della precedente amministrazione: il dirigente, due impiegati, e un tecnico consulente. L’abuso era stato denunciato con forza dalle associazioni ambientaliste locali, a cui ha aderito Legambiente. La passata amministrazione comunale, pur essendo il Comune parte lesa, non si è costituita quale parte civile, dimostrando contiguità con il proprio Ufficio Urbanistico sotto accusa. Il ruolo di difendere il Comune di Marino è stato pertanto assegnato ad un rappresentante delle associazioni di difesa territoriali.
Ė interesse di tutti i cittadini difendere il patrimonio archeologico e paesistico, ed è quindi un’esigenza popolare che non può esulare dalle competenze del Comune di Marino. Tutti insieme, cittadini, Associazioni e Comune devono prendere ogni misura per il ripristino del sito archeologico dalle voluminose e deturpanti strutture. Ė un’udienza pubblica, i cittadini interessati alla difesa del patrimonio paesistico-archeologico e alla legalità nella pianificazione edile e urbanistica sono invitati ad assistere.
L’AREA ARCHEOLOGICA DI BOVILLAE IMPERIALE A FRATTOCCHIE
Fu costruita dall’imperatore Tiberio per commemorare il predecessore Augusto, considerato discendente diretto di Enea e della “Gens Julia”, da Julo o Ascanio, figlio di Enea, ritenuto un esempio di amore patrio e di rispetto dei valori sacri. Questo mito era divenuto una religione di stato, e pertanto un fatto politico di grande rilevanza. I componenti della Gens Julia venivano così elevati di lignaggio nell’ambito della nobiltà romana, ciò che dava loro legittimità a imperare su Roma. Oltre al circo, famoso perché è l’unico del mondo romano antico di cui restano gli archi da cui partivano i cavalli, chiamati carceres, sono celebri, attigui agli archi, le strutture ed i mosaici della corporazione, forse dei sacerdoti, chiamati Sodales Augustales, che celebravano i giochi, e officiavano il rito della Gens Julia.
Bovillae, l’odierna Frattocchie, fu scelta in quanto la Gens Julia era originaria di Albalonga, ed essendo questa stata distrutta dai romani, fu scelta la sua colonia più vicina, appunto Bovillae. Quando l’imperatore Augusto morì, fu portato dalla Campania proprio in questo sito per una notte, prima di essere scortato a Roma ed essere cremato. Completavano il sito un foro, un teatro, un mausoleo, una grande cisterna d’acqua (tuttora esistente, viene chiamata “Casa Rossa”) e un acquedotto.
Ambientalisti Marino
Sig. Marco Comandini, a farsi carico della difesa del sito archeologico sono i cittadini e le associazioni ambientaliste: i politici e i politicanti marinesi nei fatti dimostrano di interessarsi di altro. Del sito archeologico, il più importante di Marino, e che rende il nostro Comune conosciuto in tutto il mondo, non paiono affatto occuparsi né tantomeno preoccuparsi.
Noi cittadini siamo e saremo profondamente grati ai Magistrati e alla Legge, che sono l’unica vera salvezza del sito archeologico di Bovillae, e delle nostre risorse paesaggistiche ed archeologiche.
Egr. Sig. Comandini, riguardo le sue annotazioni, non potrebbe trovare in noi persone più rispettose dei diritti delle parti e delle regole processuali, e più rigorosamente imparziali (per ragioni politiche che lei menziona o qualsivoglia). Siamo tuttavia altrettanto attenti nell’individuare le violazioni di legge di questo caso, che lei giustamente definisce un grave abuso, compiuto con grave danno del sito archeologico più importante di Marino.
Quanto lei scrive necessita di una correzione, per suo chiarimento: i cittadini costituitisi quale parte civile non rappresentano se stessi, come lei lascia intendere, ma proprio il Comune di Marino, secondo legge, e come chiarito dal Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP). Questo è avvenuto in quanto la precedente Amministrazione Comunale, il cui dirigente, due impiegati ed un consulente dell’Ufficio Urbanistica sono imputati dei reati, non si è costituita parte civile pur essendo il Comune di Marino, in cui risiede il bene archeologico, la principale parte lesa, di fatto ed anche secondo le regole del processo indicate dal Giudice. La precedente Amministrazione Comunale ha anzi deliberato di pagare le spese processuali di due imputati. Quindi è la precedente Amministrazione Comunale di centro-destra che ha dimostrato precise scelte politiche in relazione a questi reati, non certo gli ambientalisti di Marino, i quali, come anzidetto, sono imparziali a riguardo. La nuova Amministrazione non si è potuta costituire parte civile per decadenza dei termini. L’associazione ambientalista regionale Legambiente si è presentata infine quale parte civile aggiuntiva, difendendo gli interessi diffusi della popolazione.
In ultima analisi, è toccato a cittadini mossi da senso civico difendere gli interessi del Comune di Marino, sostituendosi alle sue responsabilità e sostenendo le spese legali. E gli stessi cittadini hanno così difeso il sito archeologico da infrazioni o reati commessi dallo stesso Comune, alle cui spese di gestione contribuisce pagando le tasse. Una situazione contorta, dannosa e penalizzante, e non poco imbarazzante, ma che illustra bene i danni che risultano quando un Comune non amministra correttamente.
Ci consenta infine a nostra volta un’annotazione elementare, in risposta alla sua prima. Nella stragrande maggioranza dei Paesi occidentali, sempre rispettando meticolosamente le leggi processuali, i gradi di giudizio durano qualche mese, non qualche anno. Questo soprattutto perché, oltre un termine per l’espletamento delle indagini, manca la prescrizione. Ciò fa sì che i perpetratori di reati, specie penali su questioni amministrative (come questo caso), ci pensano bene prima di commetterli. Attualmente in Italia possono sperare di non essere condannati, poiché i reati richiedono quasi sempre indaginose trattazioni giudiziarie, e i perpetratori tentano di raggiungere con ogni mezzo i tempi di prescrizione, contando su procedure che lei stesso definisce farraginose, mentre altrove sono più funzionali, ma non meno eque.
Senza la prescrizione, o con suoi termini molto più ampi, la conseguenza sarebbe una forte diminuzione del numero di reati. I Tribunali avrebbero molti meno casi da trattare, raggiungendo così anche l’altro obiettivo, quello della durata breve di ogni grado — sempre rispettando rigorosamente le regole.
Questo abuso grave è emerso grazie ad alcune denunce di cittadini ed associazioni ambientaliste, che si sono costituite parte civile, il Comune non essendosi costituito parte civile può solo assistere ad un processo che vede come imputati parte dei componenti dell’ufficio urbanistica. Di questi casi ne è piena purtroppo l’Italia. A farsi carico dovremmo essere tutti noi cittadini senza distinzione, chiedendoci semmai al contrario per quale motivo luoghi pieni di storia e di fascino siano oscurati abbandonati dimenticati. Tre annotazioni: la prima è che gli avvocati per definizione sono sempre di parte, la seconda è che è fondamentale rispettare le regole processuali anche se a volte sembrano farraginose ma è a garanzia di equità finale di giudizio, l’ultima è che sulla salvaguardia dei beni comuni, in quanto tali ci si dovrebbe svestire di maglie politiche perché i bravi cittadini ed amministratori ce ne sono a prescindere dal loro schieramento, semmai vanno isolate e smascherate le mele marce che rovinano il cesto sano.
Ho assistito all’udienza odierna del processo e ringrazio, a nome di tutti i marinesi, i cittadini testimoni, che hanno saputo esporre in modo chiaro, dettagliato ed esauriente circa le illegalità edilizie compiute dagli imputati su vestigia di fondamentale importanza nel sito archeologico di Bovillae. Le testimonianze non hanno lasciato spazio alcuno ai tentativi di confondere le acque, e le carte, da parte dei loro avvocati. Un ringraziamento va anche a tutti i cittadini che hanno supportato le parti civili con la loro presenza.
Ennesimo vergognoso esempio di come le passate amministrazioni permettevano la distruzione del nostro territorio; un Dirigente accusato di avere intrallazzato per favorire questa assurda speculazione edilizia, in uno dei siti archeologici più importanti dell’intero mondo antico, conosciuto dagli studiosi piu’ illustri a livello internazionale. Partecipiamo all’udienza che si terrà a Velletri martedi prossimo per fare comprendere quanto teniamo alle nostre risorse archeologiche, e che saremo sempre vigili su qualsiasi irregolarità.
Una delle vergogne più clamorose e meno conosciute del territorio marinese; per anni personaggi irrispettosi dell’ambiente e delle leggi, hanno deturpato uno dei siti archeologici più importanti al mondo, con la complicità di funzionari del nostro Comune, ed il silenzio complice delle passate amministrazioni. L’augurio è che la musica cambi, che i Cittadini si sveglino, e che la nuova amministrazione a 5 stelle si faccia carico di supportare e sostenere questa lotta che si sta conducendo contro interessi privati e diffusa illegalità. Grazie a tutti coloro che martedi prossimo saranno al Tribunale di Velletri per sostenere questa fondamentale battaglia di difesa del nostro patrimonio archeologico.