Marino. Dialogo con Marco Onofrio: “Umanesimo e scimmie dell’Angola”

Marino. Dialogo con Marco Onofrio: “Umanesimo e scimmie dell’Angola”

03/02/2022 0 Di Maurizio Aversa

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Vit­to­rio Nocen­zi e Mar­co Ono­frio alla pre­sen­ta­zio­ne del Pre­mio let­te­ra­rio nazio­na­le “Moby Dick Dan­ko” pres­so Biblio­Pop a S. maria del­le Mole (Mari­no)

In que­sti gior­ni abbia­mo incon­tra­to lo scrit­to­re Mar­co Ono­frio, nostro caro con­cit­ta­di­no, alle pre­se con tan­ta pre­sen­za cul­tu­ra­le, sia per le atti­vi­tà a cui si è asso­cia­to, sia per la pro­fes­sio­ne che svol­ge, sia per l’impegno poli­ti­co che lo con­trad­di­stin­gue, dicia­mo pure, al di fuo­ri di cer­to “piat­tu­me d’ambiente”.

Ono­frio, insom­ma vuoi rivol­ger­ti a tut­ti inter­pel­lan­do l’intimo cul­tu­ra­le del­le per­so­ne di destra, in che modo?

Ci riflet­te­vo pro­prio qual­che gior­no fa, chie­den­do­mi: lo san­no le per­so­ne “di destra” che, a dispet­to dei sacri valo­ri (Dio Patria Fami­glia) a cui si appel­la­no per garan­ti­re l’ordine del mon­do, appar­ten­go­no in real­tà alla leg­ge del­la jun­gla? Esse­re o non esse­re Natu­ra, que­sto è il pro­ble­ma. Si trat­ta di asse­con­da­re la fero­cia evo­lu­zio­ni­sti­ca del­la Natu­ra, da un lato; oppu­re, dall’altro, la diver­gen­za onto­lo­gi­ca su cui l’animale-uomo, met­ten­do a frut­to la pro­pria supe­rio­re intel­li­gen­za, ha incar­di­na­to le costru­zio­ni cul­tu­ra­li e civi­li del­la Sto­ria. La natu­ra, basta osser­var­la, è cru­de­le: non ha pie­tà del debo­le e lascia che ven­ga eli­mi­na­to, poi­ché per soprav­vi­ve­re ha biso­gno di sele­zio­na­re gli esem­pla­ri più for­ti, le spe­cie domi­nan­ti. “Pesce gran­de man­gia pesce pic­co­lo”, e per la rerum natu­ra è giu­sto così. Ma l’uomo?
Solo l’uomo ha potu­to e sapu­to svi­lup­pa­re, per i pro­pri simi­li e gli altri esse­ri viven­ti del crea­to, sen­ti­men­ti di pie­tas da oppor­re all’istinto di natu­ra. Ed è pro­prio ciò che lo ren­de uma­no e lo distin­gue come tale, segnan­do l’origine del­la civil­tà che, all’alba del­la Sto­ria, ci per­mi­se di usci­re dal­la jun­gla: «Dal dì che noz­ze e tri­bu­na­li ed are / dier alle uma­ne bel­ve esser pie­to­se /di se stes­se e d’altrui» scri­ve mira­bil­men­te Fosco­lo nei Sepol­cri (1807). E così Dan­te, cin­que seco­li pri­ma: «Con­si­de­ra­te la vostra semen­za: / fat­ti non foste a viver come bru­ti / ma per seguir vir­tu­te e cano­scen­za». Per­ciò l’uomo «s’etterna» nel­la misu­ra in cui «ad ora ad ora», cioè nel­le diver­se cir­co­stan­ze offer­te dal­la vita, rie­sca a far­si degno del­la pro­pria divi­ni­tà inte­rio­re. E Gio­van­ni Pico del­la Miran­do­la (De homi­ni­sdi­gni­ta­te, 1486), sot­to­li­nean­do il libe­ro arbi­trio che ci è con­ces­so per risplen­de­re o dege­ne­ra­re: «Tu, che non sei rac­chiu­so entro alcun limi­te, sta­bi­li­rai la tua natu­ra in base al tuo arbi­trio, nel­le cui mani ti ho con­se­gna­to. (…) Non ti cream­mo né cele­ste né ter­re­no, né mor­ta­le né immor­ta­le, in modo tale che tu, qua­si volon­ta­rio e ono­ra­rio scul­to­re e model­la­to­re di te stes­so, pos­sa fog­giar­ti nel­la for­ma che pre­fe­ri­rai. Potrai dege­ne­ra­re negli esse­ri infe­rio­ri, ossia negli ani­ma­li bru­ti; o potrai, secon­do la volon­tà del tuo ani­mo, esse­re rige­ne­ra­to negli esse­ri supe­rio­ri, ossia nel­le crea­tu­re divi­ne».
È sta­to Gesù a indi­ca­re per pri­mo la san­ti­tà come dimen­sio­ne acces­si­bi­le a tut­ti, essen­do cia­scu­no abi­ta­to – per il fat­to stes­so di esi­ste­re – da una scin­til­la di ori­gi­ne divi­na. Se dun­que sia­mo tut­ti figli di Dio, sia­mo altret­tan­ti fra­tel­li desti­na­ti ad amar­si e aiu­tar­si, giac­ché con­sor­ti di una con­di­zio­ne che ci ren­de ugua­li, sen­za ecce­zio­ne alcu­na, dinan­zi ai miste­ri del­la vita e del­la mor­te. Gesù ha inse­gna­to a difen­de­re gli umi­li e a sen­ti­re come scan­da­lo­sa la schia­vi­tù, che inve­ce ai suoi tem­pi era asso­lu­ta­men­te ragio­ne­vo­le e nor­ma­le. Ha avu­to quin­di il corag­gio di dare scan­da­lo tra i fari­sei, sino al mar­ti­rio del­la cro­ce dove è mor­to da inno­cen­te, pur di rove­scia­re la sto­ria natu­ra­li­sti­ca del mon­do, cioè la vicen­da uma­na esem­pla­ta sul­la leg­ge di natu­ra: “gli ulti­mi saran­no i pri­mi”. Occor­re un gran­de sal­to evo­lu­ti­vo del­la coscien­za per anda­re con­tro la natu­ra del nostro istin­to egoi­sti­co, ed è lì che sor­ge la “leg­ge dell’amore” gra­zie a cui pos­sia­mo libe­rar­ci dai limi­ti del mon­do. Ma il mes­sag­gio libe­ra­to­re di Gesù vie­ne inqui­na­to e tra­di­to dall’incontro del­la Chie­sa col pote­re tem­po­ra­le. I papi, pur essen­do vica­ri di Cri­sto in ter­ra, cedo­no alla ten­ta­zio­ne di edi­fi­ca­re la Chie­sa come “isti­tu­zio­ne” sen­si­bi­le alle ambi­zio­ni di ege­mo­nia cul­tu­ra­le e di supre­ma­zia eco­no­mi­ca e poli­ti­ca. Ecco che trion­fa­no, di nuo­vo, i fari­sei.

Lo scrit­to­re Mar­co Ono­frio

Quin­di è una rico­stru­zio­ne per sot­to­li­nea­tu­re che s’acconciano a mol­ti, una anti­ca pec­ca cul­tu­ra­le pri­ma che poli­ti­ca: con qua­le pro­se­guo?

La visio­ne sin­ce­ra­men­te uma­ni­sti­ca acce­sa dai cri­stia­ni vie­ne ere­di­ta­ta dai movi­men­ti pau­pe­ri­sti­ci del Medioe­vo; poi ela­bo­ra­ta e codi­fi­ca­ta dal pun­to di vista cul­tu­ra­le e filo­so­fi­co, anche in sen­so lai­co, tra il ‘400 e il ‘500; poi anco­ra ripre­sa e svi­lup­pa­ta, solo in sen­so lai­co, dagli illu­mi­ni­sti nel ‘700, quin­di dai socia­li­sti e infi­ne dai comu­ni­sti, tra ‘800 e ‘900. La logi­ca con­se­guen­za del­la paro­la di Gesù è, infat­ti, la costru­zio­ne di una socie­tà di uomi­ni libe­ri e ugua­li, di risor­se equa­men­te con­di­vi­se, di digni­tà rispet­ta­ta da e per cia­scu­no. Inve­ce i cat­to­li­ci riaf­fer­ma­no e sot­to­scri­vo­no, nel nome stes­so di Gesù, una socie­tà natu­ra­li­sti­ca­men­te fon­da­ta sull’ingiustizia, sul­la spe­re­qua­zio­ne, sul­la sopraf­fa­zio­ne, sul­la lot­ta di clas­se tra for­ti e debo­li, ric­chi e pove­ri, domi­nan­ti e oppres­si. E que­sto pur nel­la con­vin­zio­ne ipo­cri­ta di esse­re depo­si­ta­ri dei più alti valo­ri mora­li, civi­li e socia­li! La pie­tas rivo­lu­zio­na­ria di Gesù sbia­di­sce in un pie­ti­smo pater­na­li­sti­co che accla­ma e maga­ri aiu­ta i debo­li, sen­za però met­te­re in dub­bio gli asset­ti sto­ri­ci del­la socie­tà. Il cle­ro è qua­si sem­pre dal­la par­te del­le clas­si abbien­ti, e infat­ti non auspi­ca una vera rivo­lu­zio­ne ma del­le “rifor­me” che atte­nui­no dal bas­so i mal­con­ten­ti sen­za modi­fi­ca­re lo sta­tus quo impo­sto dall’alto. Non a caso ha potu­to rea­liz­zar­si il “con­cor­da­to” tra cat­to­li­ci e fasci­sti, che por­tò ai Pat­ti late­ra­nen­si del 1929, sot­to l’egida dell’eterna con­tro­ri­for­ma ita­lia­na soste­nu­ta da san­fe­di­sti, mode­ra­ti e ben­pen­san­ti, soprat­tut­to nel­le file del­la nobil­tà nera e del­la bor­ghe­sia con­ser­va­tri­ce: c’era da legit­ti­ma­re il fasci­smo sul pia­no mora­le, in cam­bio del­la “guar­dia arma­ta” che esso avreb­be con­ti­nua­to a garan­ti­re con­tro il peri­co­lo ros­so. Lo stes­so ruo­lo che più o meno ha svol­to la Demo­cra­zia Cri­stia­na, dal secon­do dopo­guer­ra agli anni ’90.
La tem­pe­rie irra­zio­na­li­sti­ca di fine ‘800 attin­ge all’Evoluzionismo per dare equi­vo­ci fon­da­men­ti scien­ti­fi­ci alle deli­ran­ti teo­rie raz­zi­sti­che crea­te per sup­por­ta­re l’imperialismo dei Pae­si euro­pei indu­stria­liz­za­ti. E ritor­na, legit­ti­ma­ta, la leg­ge del­la jun­gla che rimet­te Gesù in cro­ce milio­ni di vol­te, spa­lan­can­do l’inferno sul­la ter­ra. L’orrore del­le leg­gi raz­zia­li e dei lager nazi­fa­sci­sti ha ori­gi­ne negli spro­lo­qui di “misti­ca” e di peda­go­gia, scrit­ti a bel­la posta da intel­let­ti prez­zo­la­ti a ser­vi­zio del­le dit­ta­tu­re, o dai dit­ta­to­ri stes­si (come il Mein­Kam­pf di Hitler, e La dot­tri­na del fasci­smo di Mus­so­li­ni), con cui si pla­sma la men­te e si spe­gne il cuo­re dei nuo­vi sud­di­ti, fin da bam­bi­ni. A tal pro­po­si­to, leg­gia­mo un pas­so illu­mi­nan­te dal roman­zoIl vol­ta­gab­ba­na (1963), di Davi­de Lajo­lo, ambien­ta­to ai tem­pi del fasci­smo: «Qua­le sia l’educazione infan­ti­le attua­le, sot­to il fasci­smo, voi lo sape­te. L’essenza dell’educazione è l’esaltazione del­la for­za, mes­sa a pro­fit­to del­la pre­po­ten­za. Il prin­ci­pio che il for­te avrà sem­pre ragio­ne del debo­le è che il debo­le ha tor­to per­ché è debo­le, que­sto prin­ci­pio, schiet­ta­men­te bor­ghe­se, è alla base dell’educazione dei nostri figli. Il debo­le fa ride­re, il for­te è ammi­ra­to. Il padro­ne è un ladro che sfrut­ta gli ope­rai e che ha a sua dispo­si­zio­ne i cara­bi­nie­ri, la poli­zia, le leg­gi e deve esse­re rispet­ta­to; l’operaio che scio­pe­ra deve esse­re puni­to. Un abis­si­no che difen­de eroi­ca­men­te il pro­prio pae­se fa ride­re, men­tre il più for­te che lo va ad oppri­me­re è ammi­ra­to. La stam­pa infan­ti­le dell’ultimo anno ha rag­giun­to il col­mo del­la pro­fa­na­zio­ne dell’animo dei fan­ciul­li. Il pic­co­lo negret­to abis­si­no veni­va pre­sen­ta­to nel­la stam­pa infan­ti­le in modo umi­lian­te per far ride­re i nostri bam­bi­ni. Noi affer­mia­mo che chi con­ta­mi­na a tal pun­to il riso dei bam­bi­ni, dovreb­be esse­re puni­to dal­le leg­gi».

Mar­co Ono­frio col Pre­si­den­te di Acab/Bibliopop Ser­gio San­ti­nel­li e alun­ni del­le scuo­le del ter­ri­to­rio

Cioè, rico­strui­to un per­cor­so pos­si­bi­le di let­tu­ra posi­ti­va tra ega­li­ta­ri­smo, uma­ne­si­mo, socia­li­smo e comu­ni­smo, l’ignavia e la bra­mo­sia del pote­re han­no tar­pa­to gli inten­ti e gli inse­gna­men­ti cri­stia­ni, lascian­do stra­da a dina­mi­che di sopraf­fa­zio­ne?

Que­sto è, per l’appunto, il fasci­smo: la leg­ge del più for­te che giu­sti­fi­ca l’esercizio quo­ti­dia­no del sopru­so con cui si costrui­sce una dit­ta­tu­ra, basa­ta per ciò stes­so sull’oppressione, l’ingiustizia, la pre­po­ten­za. È il brac­cio arma­to degli indu­stria­li che non sono asso­lu­ta­men­te dispo­sti a per­de­re i pri­vi­le­gi con­qui­sta­ti con lo sfrut­ta­men­to dell’uomo sull’uomo, e han­no biso­gno di inti­mi­di­re con la pau­ra e schiac­cia­re con la vio­len­za le riven­di­ca­zio­ni degli sfrut­ta­ti a cui la “coscien­za di clas­se” ha aper­to gli occhi sul­la veri­tà. Ecco per­ché il fasci­sta è, come il pre­te, ten­den­zial­men­te avver­so alla cul­tu­ra e al libe­ro pen­sie­ro! La cul­tu­ra libe­ra il pen­sie­ro appor­tan­do­vi nutri­men­ti di com­ples­si­tà che inge­ne­ra­no sospet­to e sen­so del peri­co­lo in chi, vice­ver­sa, vuo­le gesti­re la men­te del­le per­so­ne sem­pli­fi­can­do­ne i pro­ces­si per meglio mani­po­lar­le. Si con­fron­ti lo ste­reo­ti­po del gio­va­ne comu­ni­sta con il cor­ri­spet­ti­vo fasci­sta. Il pri­mo in gene­re asso­mi­glia a Gram­sci: serio, pen­so­so, stu­dio­so, cer­ca di capi­re le cose fino al noc­cio­lo del­la veri­tà, abor­re la vio­len­za per­ché usa la for­za del­la cul­tu­ra e del­la discus­sio­ne, rispet­ta le don­ne come com­pa­gne alla pari, con­ce­pi­sce la liber­tà, la giu­sti­zia e la pace qua­li valo­ri supre­mi del­la vita uma­na. Il fasci­sta è, vice­ver­sa, un cul­to­re del “me ne fre­go”, un coat­to, un teme­ra­rio, uno spac­co­ne, un segua­ce del “gesto”, un con­for­mi­sta sot­to pan­ni di ribel­le, un lupo con gli agnel­li e un agnel­lo coi lupi, uno che con­si­de­ra le don­ne solo come ogget­ti, e insom­ma uno che dete­sta la cul­tu­ra (i libri sono inu­ti­li, tran­ne qual­cu­no) per­ché le paro­le non ser­vo­no, la demo­cra­zia non fun­zio­na, l’educazione è segno di debo­lez­za, mol­to meglio mena­re le mani e rom­pe­re le teste di chi non è d’accordo e, già solo per que­sto, meri­ta di esse­re pic­chia­to.

E di que­sto, per ana­lo­gia, hai anche un ricor­do paral­le­lo che ti è sta­to rife­ri­to?

Mau­ri­zio Iagher mi ha rac­con­ta­to per diret­ta espe­rien­za che in Ango­la ci sono del­le scim­mie mol­to “suscet­ti­bi­li”: basta guar­dar­le negli occhi per rischia­re d’essere aggre­di­ti. Il cer­vel­lo del pri­ma­te rece­pi­sce quel­lo sguar­do diret­to come un atto di sfi­da, per cui è meglio toglie­re il distur­bo tenen­do lo sguar­do abbas­sa­to. Ebbe­ne, come non pen­sa­re ai gio­va­ni pic­chia­to­ri fasci­sti che “imbrut­ti­sco­no” se qual­cu­no osa guar­dar­li trop­po aper­ta­men­te? Sono uomi­ni o scim­mio­ni? Uomi­ni regre­di­ti alla con­di­zio­ne del­le scim­mie, com’è evi­den­te, o dege­ne­ra­ti negli “ani­ma­li bru­ti”, per cita­re Pico del­la Miran­do­la, se col­ti­va­no solo l’esercizio fisi­co vol­to al com­bat­ti­men­to, spes­so come osses­sio­ne e con ausi­lio di doping e/o dro­ghe, per cui pro­vo­ca­no e col­go­no ogni occa­sio­ne pos­si­bi­le di ris­sa, di vio­len­za, di pre­va­ri­ca­zio­ne, soprat­tut­to sul­le vit­ti­me iso­la­te e indi­fe­se. Solo in que­sto deli­rio di autoe­sal­ta­zio­ne eroi­ca, e nell’adrenalina del­la bra­va­ta, han­no modo di sen­tir­si vivi, poten­ti, impor­tan­ti. Per­ché appun­to non lo sono. Ver­reb­be da pren­der­ne uno da par­te e chie­der­gli: che cosa non hai avu­to dal­la vita per ridur­ti così? che cosa ti man­ca? che cosa vor­re­sti dire quan­do attac­chi bri­ga e pic­chi qual­cu­no? qua­li paro­le ti man­ca­no per dir­lo sen­za usa­re vio­len­za? di che cosa ti devi sfo­ga­re? di qua­le disa­gio, di qua­le dolo­re? Ma… capi­reb­be? E soprat­tut­to: dareb­be il tem­po di pro­nun­cia­re tan­te paro­le sen­za pas­sa­re alle vie di fat­to?

La coper­ti­na del­l’ul­ti­mo impe­gno let­te­ra­rio di Mar­co Ono­frio

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