Si è svolta sabato pomeriggio la conferenza dedicata a “La Via Francigena, cammino dell’Anima”, organizzata…
Camminare nella natura: la Via Francigena la vera filosofia del Cammino
11/02/2021Questo articolo è stato letto 3473 volte!
La pandemia ci ha fermato per lunghi mesi. Oggi sempre più sono quelli che affrontano il contagio riprendendo a camminare nella natura, nei sentieri, nei boschi, nelle pianure e sulle sponde del mare e di laghi. E’ anche un modo di fare riprendere il turismo e sostenere l’economia. Il cammino migliore è quello su sentieri storici come la VIA FRANCIGENA, un percorso storico che si svolge in un bellissimo ambiente naturale, ricco di cultura, valori sociali e,perché no?, scoperte gastronomiche. Un’associazione senza lucro, il GRUPPO DEI DODICI è impegnata a promuoverla e a svilupparne il patrimonio culturale e morale. Per mostrare il segno dell’ attività dell’associazione e ritrovare il vero senso del cammino del pellegrino, abbiamo intervistato il suo Presidente onorario, Alberto Alberti.
D: Presidente Alberti, c’è un messaggio del pellegrino?
“Direi che ora lo so. Il nome Hanna è Giovanni in italiano, John in inglese,Johann in tedesco. Jean in francese, Jens in norvegese. Lo stesso nome per una sola persona. Me lo disse Hanna, un pellegrino che avevo incontrato sulla Via Francigena. L’ho riconosciuto come pellegrino dal grande zaino, dal materassino arrotolato legato sopra e dal bordone, il bastone da pellegrino, mentre ero in cammino anch’io verso Monte Sant’Angelo. Passandogli vicino era chiaro dal suo aspetto che veniva dal Medio Oriente. Alla prima occasione cominciai a parlargli. Volevo sapere qualcosa di lui. Mi rispose affabile. Mi disse che camminava da Santiago, dalla Spagna. Veniva dalla Siria e lo si vedeva dalla bandierina attaccata al suo zaino. Mi raccontò: s’era rifugiato in Europa, quando laggiù volevano arruolarlo. Era destinato a zone dove imperava la ferocia dei combattimenti. Allora preferì l’esilio. Senza mezzi di sussistenza sarebbe stata difficile. Di questo era consapevole; avrebbe fatto qualunque lavoro gli fosse stato offerto. Non avrebbe potuto essere un insegnante come era nel suo paese. Però per lui era sconvolgente che la gente lo guardasse con sospetto, spesso con disprezzo: non gli veniva riconosciuta la sua dignità di essere umano. Talvolta era in balia di sfruttatori.”.
D: Quindi, se Hanna/Giovanni parte da una cesura, dalla scelta di non vivere la violenza, in realtà non era solo una fuga ma una ricerca, può trovare ciò a cui aspirava?
“Incontrò dei pellegrini: quello era un mondo diverso. I pellegrini che incontrava non erano alla ricerca di profitti, di guadagni, avevano motivazioni diverse e lui le apprezzava tutte. La loro vita era affrontata con serietà e godevano delle belle cose che vedevano. Erano aperti agli incontri con altri e si aiutavano fra loro con rispetto per le diversità culturali e idee religiose. Hanna si accorse che esisteva un mondo in cui anche lui avrebbe avuto la stessa dignità di tutti e dove sarebbe stato giudicato dal suo comportamento, senza prevenzioni. Le persone che incontrava formavano un mondo che non prevaricava gli altri. Hanna decise che avrebbe potuto riacquistare fede nella società diventando parte di quel mondo…. Il suo sogno era di riuscire a fare conoscere a tutti che vivere in pace, mantenere ideali di civiltà ed evitare il rifiuto degli altri era possibile. Lui sosteneva questo con chiunque incontrasse. Aveva la sensazione di fare qualcosa di giusto. Hanna diceva che nella Comunità nazionale i pellegrini con il loro esempio potevano fare avanzare idee di pace verso gli altri e verso se stessi, di accettazione di culture diverse e religioni, di senso di onestà. La bandierina sullo zaino era un segno di un paese lontano, la cui amicizia egli voleva diffondere e diceva a chi la vedeva che era possibile, anzi sarebbe stato bello vivere in un mondo con tutte le nazioni in amicizia.”.
D: Un ultimo quesito, percorrere la Via Francigena e in generale essere camminatore nel mondo, offre dunque la possibilità di tuffarsi in storia, natura, cultura, riflessione e spiritualità, ma, semplicemente può anche essere un nuovo modo di vivere l’umanità e il turismo?
“Quando, durante quel percorso ormai ero arrivato, dovetti lasciare Hanna. Il suo passo era rapido da giovane uomo robusto. Si allontanava e vidi pian piano sparire la sua bandierina, un segno debole, ma di alto valore che proclamava che lui, un rifugiato, si sentiva a casa sua in un mondo di buona volontà”.La lezione è valida per tutti noi pellegrini.Il cammino è un tentativo di fuga da questo tempo della tecnica e del denaro, dalla guerra e dall’avidità che la parte migliore di noi non può accettare né amare, al massimo sopportare. Il cammino aiuta a spogliare il viandante dall’ipocrisia e dalle ampollosità. Decidere di camminare significa essere pronti a cambiare la propria vita. Le ragioni per fare un pellegrinaggio sono tante e diverse come sono diverse le personalità degli esseri umani nel passato si andava per: grazia da chiedere, voto da adempiere, avere indulgenze e remissione dei peccati, istruzione, scontare una pena, culto delle reliquie, guarire da una malattia. Oggi chi si mette in cammino lo fa per : parlare con se stesso, allontanarsi dal proprio vissuto, uscire da schemi di vita angusti, conoscere nuova gente, usi, costumi, lasciare ruoli sociali codificati. La Via Francigena è il cammino che secondo noi ha le potenzialità maggiori per una ripresa del turismo lento e consapevole in Italia. La Francigena è un patrimonio prezioso per l’Italia, che valorizza tesori di storia, spiritualità, d’arte, di cultura, e beni ambientali. E’ anche un valido strumento di promozione turistica eco sostenibile, e con un effetto di trascinamento del turismo in generale. Un percorso dove il camminatore, il pellegrino può ritrovare quelle risposte che andava cercando. Il cammino su lunghi sentieri si diffonde sempre di più. Se parlerà alla Comunità nazionale il pellegrino sarà ascoltato e darà un contributo prezioso.”.
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Un operatore dell’informazione. Un attivista culturale impegnato a diffondere le buone pratiche che aumentano ed estendono la fruizione del miglior bene immateriale di cui l’umanità dispone: il sapere, la conoscenza, la cultura. Questo il mio intimo a cui mi ispiro e la mia veste “giornalistica”. Professionalmente provengo da esperienze “strutturate” come sono gli Uffici Stampa pesanti: La Lega delle Cooperative, Botteghe Oscure. Ma anche esperienze di primo impatto: Italia Radio; e il mondo delle Rassegne Stampa cooperativa DIRE, Diretel, Rastel, Telpress. Per la carta stampata oltre una esperienza “in proprio” come direttore scientifico della rivista “Vini del Lazio”, ho collaborato con Paese Sera, con L’Unità, con Oggi Castelli.