Acqua, Tiso(SaCosa): “In Italia pochi investimenti e tante procedure di infrazione. Gestione fallimentare”

Acqua, Tiso(SaCosa): “In Italia pochi investimenti e tante procedure di infrazione. Gestione fallimentare”

29/03/2024 1 Di Marco Montini

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“La metà si per­de per stra­da. In Ita­lia l’acqua fa acqua: non è solo la nota e anno­sa (ma mai risol­ta) que­stio­ne del­le per­di­te del­la rete nazio­na­le degli acque­dot­ti, da cui spa­ri­sce cir­ca il qua­ran­ta per cen­to del­la risor­sa idri­ca tra­spor­ta­ta dal­le fon­ti alle uten­ze dome­sti­che. C’è di più e di peg­gio: fa acqua un siste­ma di gover­nan­ce che è un cola­bro­do di inef­fi­cien­za e su cui nes­sun gover­no si azzar­da a met­te­re le mani. Qual­che nume­ro per com­pren­de­re meglio: nell’Unione euro­pea la spe­sa media in ter­mi­ni di inve­sti­men­ti nel set­to­re idri­co è di 82 euro l’anno per abi­tan­te. In Ita­lia sia­mo a meno del­la metà: 38 euro. Il para­dos­so è che que­sto disa­stro nasce da una con­di­zio­ne natu­ra­le otti­ma­le: l’Italia van­ta infat­ti un patri­mo­nio idri­co fra i più ric­chi in Euro­pa, e solo ades­so la ridu­zio­ne del­le pre­ci­pi­ta­zio­ni e l’aumento del­le tem­pe­ra­tu­re stan­no deter­mi­nan­do una pro­gres­si­va dimi­nu­zio­ne del­la dispo­ni­bi­li­tà idri­ca e un’intensificazione del­le cri­si che met­to­no a nudo la vul­ne­ra­bi­li­tà del siste­ma idri­co nostra­no. Una situa­zio­ne che è ben nota anche a Bru­xel­les, che ha infat­ti aper­to con­tro l’Italia ben 939 pro­ce­du­re di infra­zio­ne, riguar­dan­ti in spe­cie l’inadeguatezza dei ser­vi­zi di fogna­tu­re e depu­ra­zio­ne, e che per il set­tan­ta­due per cen­to dei casi riguar­da­no regio­ni del Sud. Il con­su­mo idri­co in Ita­lia, anzi, in ter­mi­ni tec­ni­ci più cor­ret­ti (la ripar­ti­zio­ne dei pre­lie­vi idri­ci), si divi­de in tre par­ti: uso civi­le, agri­col­tu­ra e indu­stria. Il pri­mo è l’acqua pota­bi­le dei con­su­mi dome­sti­ci ma anche degli eser­ci­zi com­mer­cia­li e degli uffi­ci: è l’acqua che usia­mo per bere, man­gia­re e lavar­ci, e pesa poco meno di un ter­zo del tota­le, il tren­tu­no per cen­to. La fet­ta più gran­de 56% è usa­ta nel siste­ma agri­col­tu­ra (es. irri­ga­zio­ne). Solo il 13% vie­ne usa­to dal­l’in­du­stria. Eppu­re i sol­di ci sareb­be­ro. Anzi, ci sareb­be­ro sta­ti: pec­ca­to che dei fon­di Ue a dispo­si­zio­ne degli acque­dot­ti ne usia­mo appe­na il 40%, cosa che ci pone agli ulti­mi posti nell’Unione Euro­pea. Intan­to stia­mo viven­do il mira­co­lo dei fon­di Pnrr: sono dispo­ni­bi­li qua­si 3 miliar­di già ripar­ti­ti, tra cui 900 milio­ni per ammo­der­na­re i tubi cola­bro­do; 600 milio­ni per le fogna­tu­re; e 500 milio­ni per il moni­to­rag­gio. Il resto dovreb­be esse­re uti­liz­za­to per ammo­der­na­re tut­ta l’im­pal­ca­tu­ra del siste­ma acqua ambien­te. Natu­ral­men­te tut­to è sta­to già asse­gna­to. Una cosa è da met­te­re subi­to in chia­ro: l’acqua è pub­bli­ca e di tut­ti. Il pro­ble­ma non è la pro­prie­tà dell’acqua, ma chi ne gesti­sce la distri­bu­zio­ne. E sia­mo al rom­pi­ca­po. Il set­to­re idri­co in Ita­lia è rego­la­to dal­la leg­ge Gal­li del 1994, che avreb­be dovu­to attua­re in Ita­lia il con­cet­to euro­peo di Sii, Ser­vi­zio idri­co inte­gra­to, dove si dise­gna il ciclo dell’acqua dal­la rac­col­ta alla distri­bu­zio­ne fino al riti­ro con le fogna­tu­re e alla depu­ra­zio­ne. Tut­ta teo­ria. Intan­to le mul­te inflit­te dal­la Unio­ne Euro­pea fioc­ca­no e a paga­re è lo Sta­to ita­lia­no, quin­di i cit­ta­di­ni ita­lia­ni”.

Lo dichia­ra in una nota il refe­ren­te nazio­na­le di Sa Cosa, comi­ta­to spon­ta­neo di cit­ta­di­ni – ami­ci per la veri­tà, Roc­co Tiso.

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