Oggi, a Livorno, secondo Congresso del PCI. Esclusiva intervista a uno dei protagonisti: Norberto Natali

Oggi, a Livorno, secondo Congresso del PCI. Esclusiva intervista a uno dei protagonisti: Norberto Natali

25/03/2022 0 Di Maurizio Aversa

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Nor­ber­to Nata­li, affian­co a Gia­co­mo De Ange­lis e a nume­ro­si dele­ga­ti (di Roma e Zaga­ro­lo) al con­gres­so di Livor­no 2022


E’ cosa inso­li­ta. Ma for­se lo richie­do­no i tem­pi. Si trat­ta del­la pro­po­si­zio­ne di una ampia inter­vi­sta in par­te bio­gra­fi­ca, ma sostan­zial­men­te di ana­li­si socia­le e poli­ti­ca con spun­ti e appro­fon­di­men­ti attua­lis­si­mi, non­ché dav­ve­ro sto­ri­ci. La cosa inso­li­ta con­si­ste nel­la pro­po­si­zio­ne non in par­ti sepa­ra­te: affin­chè chi intui­sce che pos­sa esse­re dav­ve­ro d’interesse non sia obbli­ga­to a ripre­se suc­ces­si­ve di un rac­con­to e ragio­na­men­to che pro­prio per­ché è un tutt’uno, può esse­re uti­le stru­men­to. Di cono­scen­za, di dibat­ti­to, di inte­ra­zio­ne per­fi­no. Indi­ca­ta que­sta par­ti­co­la­ri­tà, si fa pre­sen­te che pur nel­la sua veste di “inter­vi­sta a doman­da e rispo­sta” in real­tà que­sta espo­si­zio­ne nasce da una sor­ta di inter­v­si­ta col­let­ti­va che un grup­po di comu­ni­sti e comu­ni­ste del­la sezio­ne di Zaga­ro­lo, da poco inau­gu­ra­ta in una nuo­va sede, ave­va­no arti­co­la­to con Nor­ber­to Nata­li.
Inter­vi­sta a Nor­ber­to Nata­li
1. La tua pri­ma tes­se­ra ad una orga­niz­za­zio­ne poli­ti­ca, la FGCI è del 1971. Scel­ta gio­va­ni­le in che con­te­sto di cre­sci­ta cri­ti­ca? I miei due non­ni ed uno zio (tut­to­ra viven­te) sono sta­ti Par­ti­gia­ni e comu­ni­sti. Quel­lo pater­no fu uno dei pochi super­sti­ti del GAP di Tor­pi­gnat­ta­ra (Roma) per­ché la mag­gio­ran­za di loro morì eroi­ca­men­te al ter­mi­ne di una bat­ta­glia mol­to famo­sa, quel­la del mon­te Tan­cia, sul Ter­mi­nil­lo. Mio padre ini­ziò a lavo­ra­re come fab­bro a 13 anni, poco dopo si iscris­se alla FIOM e al Movi­men­to Gio­va­ni­le Comu­ni­sta, più tar­di FGCI. Diven­ne segre­ta­rio del cir­co­lo FGCI di Tor­pi­gnat­ta­ra che ave­va 1.000 iscrit­ti. In segui­to la fede­ra­zio­ne lo inviò a diri­ge­re il cir­co­lo di Cen­to­cel­le per­ché era con­si­de­ra­to debo­le: infat­ti ave­va “solo” 800 iscrit­ti! Fu denun­cia­to dal­la poli­zia una vol­ta per accat­to­nag­gio ed un’altra per com­mer­cio abu­si­vo quan­do dif­fon­de­va L’Unità: que­sto gli costò un posto da ope­ra­io elet­tro­mec­ca­ni­co dopo aver vin­to un con­cor­so alle Fer­ro­vie. Un ramo del­la fami­glia era pret­ta­men­te ope­ra­io e l’altro con­ta­di­no, o meglio mez­za­dri­le. Quan­do spa­ra­ro­no a Togliat­ti nel luglio del ‘48, mia madre non era anco­ra ado­le­scen­te, lavo­ra­va in cam­pa­gna e toc­cò a lei sali­re velo­ce­men­te su un albe­ro e da lì chia­ma­re a squar­cia­go­la tut­ti i con­ta­di­ni spar­si nei cam­pi di quel ver­san­te del­la col­li­na e di quel­lo oppo­sto, annun­cian­do lo scio­pe­ro gene­ra­le e l’indicazione di cor­re­re tut­ti in pae­se per bloc­car­ne gli acces­si; cosa che fu fat­ta in poco tem­po da cen­ti­na­ia di loro. Con que­sto “DNA” sono cre­sciu­to in una bor­ga­ta roma­na un po’ sui gene­ris, Casal Bru­cia­to. Per i miei coe­ta­nei c’erano essen­zial­men­te due opzio­ni: la sezio­ne comu­ni­sta oo il giro del­la mala­vi­ta. Ho già scrit­to del­le vicen­de sim­bo­li­ca­men­te paral­le­le mia e di un altro ragaz­zo che vive­va vici­no a me: Pino Pelo­si, quel­lo che si accol­lò la col­pa dell’omicidio di Paso­li­ni. Così mi iscris­si alla FGCI ad un’età non pre­vi­sta dal­lo sta­tu­to e a 15 anni mi eles­se­ro segre­ta­rio del cir­co­lo “Mora­ni­no” di Casal Bru­cia­to. 2. Suc­ces­si­va­men­te, nel 1982, fu da te rila­scia­ta una inter­vi­sta qua­le respon­sa­bi­le dei gio­va­ni lavo­ra­to­ri e stu­den­ti. Di lì fosti chia­ma­to a dare un con­tri­bu­to di dire­zio­ne poli­ti­ca nazio­na­le, con quan­to accre­sci­men­to per la tua for­ma­zio­ne cul­tu­ra­le e poli­ti­ca? Quell’intervista andreb­be sbat­tu­ta in fac­cia a cer­ti misti­fi­ca­to­ri del­la sto­ria del nostro Par­ti­to che han­no appro­fit­ta­to anche del cen­te­na­rio per con­ti­nua­re la loro ope­ra vele­no­sa. Non c’è spa­zio per far­lo qui ma ricor­do che “spa­ra­vo a zero”, sul gior­na­le del Par­ti­to, con­tro i sin­da­ca­ti ed in sostan­za anche con­tro la com­po­nen­te comu­ni­sta. In pra­ti­ca, sen­za nomi­nar­lo, era un attac­co fron­ta­le a Lucia­no Lama. È vero che ave­vo affet­to e for­te ammi­ra­zio­ne per il com­pa­gno Rinal­do Sche­da, segre­ta­rio con­fe­de­ra­le del­la CGIL e diri­gen­te del Par­ti­to, il qua­le pri­ma del com­pa­gno Cos­sut­ta fu por­ta­vo­ce auto­re­vo­le e luci­do di un mal­con­ten­to tra i com­pa­gni per cer­te ten­den­ze che si mani­fe­sta­va­no ed in par­ti­co­la­re per alcu­ne posi­zio­ni del com­pa­gno Lama. Tut­ta­via, per come “fun­zio­na­va” (cioè benis­si­mo) il P.C.I. allo­ra, un ragaz­zo come me non avreb­be mai potu­to fare que­gli attac­chi su L’Unità sen­za che ciò fos­se sta­to deci­so dal cen­tro per ren­de­re più aper­ta una bat­ta­glia poli­ti­ca ver­so Lama ed alcu­ni set­to­ri del Par­ti­to e del­la CGIL. Quell’intervista, dun­que, è uno dei pochi riscon­tri sto­ri­ci che il com­pa­gno Ber­lin­guer (poten­do con­ta­re in pri­mo luo­go sul soste­gno di Nat­ta) si era reso con­to di alcu­ni erro­ri com­mes­si in pre­ce­den­za e vole­va lan­cia­re una bat­ta­glia deci­sa con­tro ten­den­ze oppor­tu­ni­ste e liqui­da­to­rie, in defi­ni­ti­va con­tro Napo­li­ta­no. Ho avu­to il pri­vi­le­gio non solo di far par­te di orga­ni­smi diri­gen­ti nazio­na­li del­la FGCI (in segui­to anche del Par­ti­to e del­la cosid­det­ta area cos­sut­tia­na” o “filo­so­vie­ti­ca”) ma soprat­tut­to di esse­re sta­to impe­gna­to diret­ta­men­te in altre regio­ni. Dal­la fine del novem­bre del 1980 mi tra­sfe­rii a Saler­no e poi nell’agro sar­ne­se-noce­ri­no in segui­to al sisma di quell’epoca, per soste­ne­re l’organizzazione del­la FGCI, coor­di­na­re la soli­da­rie­tà e la distri­bu­zio­ne degli aiu­ti che giun­ge­va­no da tut­ta Ita­lia e per avvia­re le bat­ta­glie per la rina­sci­ta e con­tro la camor­ra. Soprat­tut­to, nel 1983 ‑nell’ambito di una serie di misu­re assun­te dal­la dire­zio­ne del Par­ti­to dopo l’omicidio di Pio La Tor­re ed altri com­pa­gni in Cala­bria e Sici­lia, ad ope­ra di mafia e ‘ndran­ghe­ta- ebbi l’onore di diven­ta­re segre­ta­rio regio­na­le del­la FGCI cala­bre­se. Andai a vive­re a Cro­to­ne e vi rima­si cir­ca tre anni, col­la­bo­ran­do infor­mal­men­te anche con la segre­te­ria regio­na­le del P.C.I. e con­tri­buen­do alla dire­zio­ne del Par­ti­to nel cro­to­ne­se; nel frat­tem­po, svol­si anche qual­che inca­ri­co ‑ho già pub­bli­ca­to dei ricor­di- per la com­mis­sio­ne cen­tra­le di con­trol­lo, in par­ti­co­la­re nel­la vigi­lan­za con­tro even­tua­li infil­tra­zio­ni dell’ndrangheta. In pre­ce­den­za ero sta­to anche respon­sa­bi­le roma­no e poi nazio­na­le del ser­vi­zio d’ordine del­la FGCI. Ave­vo ini­zia­to a lavo­ra­re a 15–16 anni, qua­si subi­to entrai in fab­bri­ca (a San Basi­lio) e ven­ni licen­zia­to dopo pochi anni: la FIOM fece cau­sa e la vin­se per­ché dimo­strò che si trat­ta­va di una rap­pre­sa­glia anti­sin­da­ca­le. In segui­to feci il fac­chi­no pri­ma di dive­ni­re fun­zio­na­rio del­le Bot­te­ghe Oscu­re. Per uno come me ‑ave­vo solo la ter­za media- quel­le espe­rien­ze furo­no uno straor­di­na­rio arric­chi­men­to cul­tu­ra­le e mora­le for­se miglio­re dell’università, mi die­de la pos­si­bi­li­tà di com­pren­de­re le dif­fe­ren­ze e la com­ples­si­tà, mi libe­rò dal pro­vin­cia­li­smo e da visio­ni uni­la­te­ra­li, fu una poten­te spin­ta alla for­ma­zio­ne mar­xi­sta. Van­tag­gi per la mia cre­sci­ta che furo­no ulte­rior­men­te arric­chi­ti anche da alcu­ne espe­rien­ze poli­ti­che inter­na­zio­na­li. Tra que­ste ‑una per tut­te- è toc­can­te il ricor­do del mio rap­por­to con l’ambasciatore afgha­no a Roma negli anni ‘80 com­pa­gno Nash­ra­ni (più o meno si pro­nun­cia­va così) e col suo inter­pre­te, il com­pa­gno Sha­mes. Dei veri comu­ni­sti: in Ita­lia sia­mo pri­vi del­la liber­tà di cono­sce­re tan­te cose ma in Afgha­ni­stan c’è sta­ta per decen­ni (e c’è tut­to­ra, spe­ro) una fie­ra e for­te orga­niz­za­zio­ne comu­ni­sta che affron­ta­va rischi e peri­pe­zie di tut­ti i tipi. Il P.C.I. era que­sto: non solo ren­de­va più libe­ri gli ope­rai ma era capa­ce di con­sen­ti­re loro una straor­di­na­ria cre­sci­ta e tra­sfor­mar­li anche in diri­gen­ti: un trat­to esclu­si­vo del­la sua iden­ti­tà.

Enri­co Ber­lin­guer


3. In una fase suc­ces­si­va hai rite­nu­to di dare vita ad “Ini­zia­ti­va Comu­ni­sta”: qual’era il cuo­re del­la cri­ti­ca di cui, con altri com­pa­gni, era­va­te por­ta­to­ri? Come dice­va­mo con un cer­to orgo­glio, Ini­zia­ti­va Comu­ni­sta pro­ve­ni­va dal “pro­fon­do P.C.I.”, ben­chè fos­se un’organizzazione essen­zial­men­te di gio­va­ni (la stam­pa ci defi­ni­va “i pul­ci­ni di Cos­sut­ta”), tut­ti pro­le­ta­ri e in mag­gio­ran­za don­ne. Per la veri­tà ave­va una sua “pre­i­sto­ria” che sca­tu­ri­va dai coman­dan­ti Par­ti­gia­ni (e poi diri­gen­ti del Par­ti­to) più vici­ni a Pie­tro Sec­chia e da per­so­na­li­tà come Ambro­gio Doni­ni e Ludo­vi­co Gey­mo­nat: quest’ultimo par­la di noi in modo com­mo­ven­te nel suo libro usci­to postu­mo. Volen­do sem­pli­fi­ca­re al mas­si­mo le carat­te­ri­sti­che stra­te­gi­che o poli­ti­che di Ini­zia­ti­va Comu­ni­sta indi­che­rei som­ma­ria­men­te: per cir­ca un quin­di­cen­nio sia­mo sta­ti l’unica orga­niz­za­zio­ne in Ita­lia ad ave­re come fine la rico­sti­tu­zio­ne del P.C.I. (pochis­si­me altre si richia­ma­va­no al P.C.I. ma non cre­de­va­no nel­la sua rico­sti­tu­zio­ne); non cre­de­va­mo che il PRC fos­se o potes­se diven­ta­re una vera “pro­se­cu­zio­ne” del P.C.I.; rite­ne­va­mo che il posto dei comu­ni­sti fos­se fuo­ri dal cen­tro­si­ni­stra e con­tro il regi­me bipo­la­re del­le “due orche­stre che si com­bat­to­no per suo­na­re la stes­sa musi­ca”; era­va­mo con­tra­ri all’euro e alla costan­te ces­sio­ne di sovra­ni­tà alla UE; era­va­mo per valo­riz­za­re il radi­ca­men­to e l’identità di clas­se con­tro una pre­sen­za mera­men­te media­ti­ca ed isti­tu­zio­na­le dei comu­ni­sti. Più che una cri­ti­ca, mi sem­bra che que­ste posi­zio­ni sia­no gros­so modo le stes­se assun­te suc­ces­si­va­men­te dal­la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­le com­pa­gne e dei com­pa­gni di varia pro­ve­nien­za e col­lo­ca­zio­ne e soprat­tut­to fat­te pro­prie dal nostro Par­ti­to, e con­fer­ma­te con que­sto con­gres­so. 4. Quin­di da parec­chi anni hai incro­cia­to, dopo lo scio­gli­men­to del PCI sto­ri­co, di nuo­vo l’organizzazione comu­ni­sta ed hai con­tri­bui­to, anche qui a diri­ger­la, con una pre­sen­za for­te a Roma. Per­ché, in un dato momen­to hai scel­to una vacan­za dagli impe­gni? Direi che la vacan­za la per­se­gui­va­no il ROS dei cara­bi­nie­ri o meglio i burat­ti­nai che si sono ser­vi­ti di loro. Que­sto repar­to, par­ti­co­lar­men­te caro a Bush, ten­tò ‑come ricor­de­rai- di man­da­re parec­chi di noi all’ergastolo, cir­ca ven­ti anni fa, con quel­la che io defi­nii subi­to “una pate­ti­ca mon­ta­tu­ra desti­na­ta a nau­fra­ga­re nel ridi­co­lo” ma che por­tò mol­ti gior­na­li dell’epoca a defi­nir­ci let­te­ral­men­te “i Val­pre­da del 2000”. Tut­to ciò è san­ci­to da tut­te le sen­ten­ze che qual­sia­si tri­bu­na­le ha pro­mul­ga­to nei nostri con­fron­ti. Sia­mo sem­pre sta­ti assol­ti tut­ti con la for­mu­la più ampia (“per­ché il fat­to non sus­si­ste”) ma anche altre sen­ten­ze han­no sta­bi­li­to che era solo una mon­ta­tu­ra pri­va di qual­sia­si fon­da­men­to. Secon­do il ROS dei cara­bi­nie­ri dell’epoca noi era­va­mo le BR, i respon­sa­bi­li del­la mor­te di D’Antona e Bia­gi, non­ché di altre vio­len­ze e nuo­vi omi­ci­di in pre­pa­ra­zio­ne ed io ven­ni dipin­to per­fi­no come una spe­cie di capo del ter­ro­ri­smo inter­na­zio­na­le. Diver­si tri­bu­na­li han­no sta­bi­li­to che è rea­to, inve­ce, par­la­re di noi in tal modo tan­to che abbia­mo fat­to con­dan­na­re Mau­ri­zio Bel­pie­tro otto vol­te, per dif­fa­ma­zio­ne. A cau­sa di diver­si mesi pas­sa­ti in cel­la di iso­la­men­to (e poi altri ai domi­ci­lia­ri) ho per­so la vista. Ma non fu solo per que­sta mon­ta­tu­ra ‑pro­trat­ta­si per cir­ca die­ci anni a par­ti­re dal 1999- che nel 2008 Ini­zia­ti­va Comu­ni­sta cele­brò il suo con­gres­so di auto­scio­gli­men­to. Il fat­to è che la sini­stra era sta­ta spaz­za­ta via dal par­la­men­to, pur­trop­po le nostre ragio­ni sto­ri­che era­no sta­te pro­va­te dai fat­ti e dun­que il nostro ruo­lo si era esau­ri­to, ovve­ro da quel momen­to sarem­mo diven­ta­ti uno dei tan­ti grup­pi, ancor­chè ‑for­se- il più nume­ro­so e com­bat­ti­vo. Noi pen­sa­va­mo che il miglior con­tri­bu­to che pote­va­mo dare era con­sen­ti­re alle varie orga­niz­za­zio­ni comu­ni­ste di appro­priar­si un po’ anche del­la nostra espe­rien­za e del suo signi­fi­ca­to: vole­va­mo socia­liz­zar­la con chi pote­va rite­ne­re che fos­se uti­le. Que­sto, pur­trop­po, non fu rece­pi­to da mol­ti e i risul­ta­ti si vedo­no anche oggi. Tut­ta­via, le fina­li­tà del ROS (secon­do la Cor­te d’Appello era­no di annien­ta­re le poten­zia­li­tà poli­ti­co-elet­to­ra­li di Ini­zia­ti­va Comu­ni­sta) anzi, dei burat­ti­nai che li mano­vra­va­no, con­ti­nua­ro­no a mani­fe­star­si a lun­go ‑anche dopo il nostro scio­gli­men­to- con altri mez­zi, ovve­ro con la siste­ma­ti­ca discri­mi­na­zio­ne ed emar­gi­na­zio­ne di tan­ti di noi da ogni espe­rien­za poli­ti­ca. Ora non voglio dilun­gar­mi nell’indicare come ciò sia avve­nu­to e dimo­stra­re come non sia spie­ga­bi­le solo con i vizi e le bas­sez­ze che pur­trop­po atta­na­glia­no la nostra sini­stra attua­le: però non ci sia­mo pre­si alcu­na “pau­sa” e tan­ti di noi han­no con­ti­nua­to la bat­ta­glia come pote­va­no, soste­nen­do la lot­ta di clas­se e la cau­sa del­la rico­sti­tu­zio­ne del PCI e nes­su­no ha fat­to scel­te oppor­tu­ni­ste. Non a caso, per esem­pio, anco­ra oggi a Roma quel­le che orga­niz­zo sal­tua­ria­men­te con l’aiuto di poche com­pa­gne e com­pa­gni, risul­ta­no esse­re tra le mani­fe­sta­zio­ni poli­ti­che più par­te­ci­pa­te del­la sini­stra attua­le. E’ oggi una gran­de sod­di­sfa­zio­ne per me ‑e insie­me una garan­zia- poter riscon­tra­re final­men­te che nel grup­po diri­gen­te del nostro Par­ti­to non si col­go­no quei pre­giu­di­zi discri­mi­na­to­ri.

Pio La Tor­re


5. Ora appe­na riaf­fac­cia­to, subi­to i com­pa­gni del PCI in rico­stru­zio­ne, for­ma­to da chi come noi vie­ne da Bot­te­ghe Oscu­re, ma anche da tan­ti con tan­te sto­rie dif­fe­ren­ti, ti han­no chie­sto nuo­vo impe­gno e l’hai accol­to. Che novi­tà, che pro­spet­ti­va, vedi davan­ti a noi? Da trent’anni, tut­ti gli indi­ca­to­ri (qua­li­ta­ti­vi e quan­ti­ta­ti­vi) del­la situa­zio­ne del­la sini­stra e dei movi­men­ti sono costan­te­men­te nega­ti­vi. Sia­mo sem­pre di meno, sem­pre più divi­si, iso­la­ti dal­le gran­di mas­se pro­le­ta­rie (spe­cie del­le fasce più gio­va­ni) e ‑se pos­so espri­me­re una opi­nio­ne per­so­na­le- anche abba­stan­za scol­le­ga­ti dal­la real­tà. La que­stio­ne è che non solo i liqui­da­to­ri che sop­pres­se­ro il Par­ti­to oltre trent’anni fa non cre­de­va­no nel­la sua neces­si­tà; la pen­sa­va­no allo stes­so modo anche mol­te cor­ren­ti o ten­den­ze pre­e­si­sten­ti nel­la sini­stra ita­lia­na, com­pre­se quel­le “ultra­ri­vo­lu­zio­na­rie” (ben­chè mol­ti loro diri­gen­ti fini­ro­no poi per gover­na­re con Mastel­la, appog­gia­re la NATO e assog­get­ta­re il pae­se alla UE e all’euro). Tut­ti quan­ti costo­ro furo­no deter­mi­nan­ti nell’imprimere il sen­so di mar­cia alla sini­stra e ai movi­men­ti “post-PCI”: era­no uni­ti dal­la con­vin­zio­ne che non fos­se prio­ri­ta­rio rico­sti­tui­re il Par­ti­to; mol­ti, anzi, rite­ne­va­no che que­sto obiet­ti­vo fos­se super­fluo o addi­rit­tu­ra dan­no­so. Ecco la rea­le ori­gi­ne del­le nostre attua­li con­di­zio­ni che i diri­gen­ti di que­sta sini­stra (quan­to meno nel­la loro mag­gio­ran­za) cer­ca­no di nega­re, sca­ri­can­do tut­te le col­pe sul PCI o sul com­pa­gno Ber­lin­guer. In real­tà, dovreb­be­ro spie­ga­re per­ché la sini­stra che anco­ra era rela­ti­va­men­te for­te alcu­ni anni dopo la fine del nostro Par­ti­to ora si tro­va così: il “sal­do” dell’ultimo quar­to di seco­lo non ha egua­li nel mon­do, per quan­to è nega­ti­vo sot­to tut­ti i pro­fi­li. Ci sono altri pae­si dove la sini­stra o il movi­men­to ope­ra­io sono debo­li come da noi, tut­ta­via in nes­su­no di que­sti si regi­stra un tra­col­lo (gio­va ripe­ter­lo: qua­li­ta­ti­vo e quan­ti­ta­ti­vo) come il nostro. Per que­sto, a mio per­so­na­le avvi­so, esi­ste una par­ti­co­la­re, nuo­va “ano­ma­lia ita­lia­na”, la qua­le non può esse­re nasco­sta in una più como­da (ma non infon­da­ta) cri­si del movi­men­to comu­ni­sta euro­peo. Si trat­ta di una que­stio­ne che si intrec­cia con una paral­le­la disfat­ta del­la clas­se ope­ra­ia: del suo sala­rio in tut­te le for­me, dell’orario di lavo­ro con­si­de­ra­to nei suoi vari para­me­tri, del suo rap­por­to di for­za com­ples­si­vo con il capi­ta­le, dai sin­go­li luo­ghi di lavo­ro all’intera socie­tà e allo Sta­to.
Tut­to ciò, inol­tre, si accom­pa­gna con un bilan­cio ana­lo­go del­lo sta­to del pae­se, del­la repub­bli­ca demo­cra­ti­ca e del­la sua Costi­tu­zio­ne, dell’indipendenza, del pre­sti­gio dell’Italia, la qua­le è sem­pre più in cri­si e decli­nan­te. È la com­bi­na­zio­ne tra que­sti ele­men­ti suc­cin­ta­men­te richia­ma­ti che costi­tui­sce la nuo­va ano­ma­lia ita­lia­na: in que­sti trent’anni abbia­mo pro­va­to le ricet­te di una sini­stra o movi­men­ti sen­za PCI. Le abbia­mo pro­va­te tut­te: dal PD alle BR, per così dire, pas­san­do anche per il M5S e movi­men­ti­smi vari ma i risul­ta­ti di tut­to ciò sono evi­den­ti. È da que­sto som­ma­rio rie­pi­lo­go che emer­ge ‑con l’oggettiva testa dura dei fat­ti- la vera pro­spet­ti­va del pro­ces­so poli­ti­co del nostro pae­se: solo con un for­te e coe­ren­te PCI si potrà rilan­cia­re la lot­ta di clas­se su tut­ti i pia­ni e rida­re slan­cio alla sini­stra, ai movi­men­ti, alla loro uni­tà. Per­ché la for­za di que­sti ulti­mi, è la lezio­ne del­la Sto­ria, è sem­pre sta­ta pro­por­zio­na­le alla for­za del PCI. Se c’è una novi­tà, dun­que, è che ora toc­ca a noi: è neces­sa­rio in pri­mo luo­go lot­ta­re non solo (e non tan­to, potrei dire in un cer­to sen­so) per ele­va­re ed espan­de­re mol­to il nostro Par­ti­to ma pro­prio per ria­ve­re un PCI for­te e coe­ren­te, il qua­le ripren­da il cam­mi­no inter­rot­to oltre trent’anni fa, con la capa­ci­tà (offer­ta dall’esperienza) di libe­rar­ci del­le cau­se che por­ta­ro­no allo scio­gli­men­to ed anche con­sa­pe­vo­li che non è un “altro” non meglio defi­ni­to par­ti­to comu­ni­sta che voglia­mo. 6. Un ragaz­zo uni­ver­si­ta­rio, che non si defi­ni­sce anco­ra comu­ni­sta, mi ha sen­ti­to par­la­re di te e si è incu­rio­si­to. Se voles­si invi­tar­lo all’impegno cosa gli dire­sti? Cir­ca sessant’anni fa, su Rina­sci­ta, il com­pa­gno Togliat­ti rispo­se a un gio­va­ne sen­za par­ti­to che gli ave­va scrit­to, espo­nen­do­gli doman­de, inquie­tu­di­ni, incer­tez­ze. Pri­ma di tut­to il Segre­ta­rio rispo­se che sareb­be sta­to faci­le (e giu­sto) dir­gli di iscri­ver­si alla FGCI ma non basta­va. Da lì svi­lup­pò un nobi­le e pro­fon­do ragio­na­men­to, par­lò (come si suol dire) al cuo­re e alla men­te di quel gio­va­ne e quel­la rispo­sta ispi­rò for­te­men­te i nostri diri­gen­ti quan­do (pochis­si­mi anni dopo) si misu­ra­ro­no con un feno­me­no nuo­vo come il ‘68. Con tale pre­mes­sa, non mi limi­te­rei ‑ben­chè io sia con­vin­to che ciò sia neces­sa­rio- a esor­tar­lo ad ade­ri­re all’attuale PCI o alla FGCI. Ci discu­te­rei anche per ore, se lui voles­se, soprat­tut­to di fron­te a un bel piat­to di por­chet­ta e a un buon vino dei Castel­li Roma­ni 🙂 ma ora, in poche paro­le direi: fai una scel­ta di vita per­ché è l’unica, auten­ti­ca alter­na­ti­va ad una vita non scel­ta. Diven­ta comu­ni­sta per­ché è un atto di liber­tà, uno dei più signi­fi­ca­ti­vi e con­cre­ti. Per noi comu­ni­sti la liber­tà non è quel­lo che fa pen­sa­re il libe­ra­li­smo, egoi­sta e cini­co, di cui una del­le più recen­ti deri­va­zio­ni sono cer­ti movi­men­ti “novax”, non a caso capi­ta­na­ti dai fasci­sti. Per noi la liber­tà è, in pri­mo luo­go ben­chè non solo, la “coscien­za del­la neces­si­tà”. La coscien­za non è sino­ni­mo di cono­scen­za, non si ridu­ce ad essa, ben­sì è la capa­ci­tà (se così pos­so dire) di impie­ga­re in modo ido­neo ai pro­pri fini le cono­scen­ze. La neces­si­tà, al tem­po stes­so, non è solo il signi­fi­ca­to che ci appa­re più evi­den­te: per esem­pio di man­gia­re o di fer­ma­re una emor­ra­gia, ecc. In sen­so più pro­fon­do, essa è la “coscien­za” dell’interazione tra le varie leg­gi (fisi­che, per esem­pio) che rego­la­no la vita dell’universo, del­la natu­ra ed anche del­la socie­tà uma­na. Non pro­vo nean­che, ora (ma resto in atte­sa di discu­ter­ne con por­chet­ta e vino), a moti­va­re di più ma potrei dimo­strar­gli che ‑in base a leg­gi ogget­ti­ve riscon­tra­bi­li nel­la sto­ria- il capi­ta­li­smo (in que­sta sua fase l’imperialismo ovve­ro il domi­nio dei gran­di mono­po­li finan­zia­ri inter­na­zio­na­li) sta por­tan­do l’umanità alla fine (con la guer­ra e la deva­sta­zio­ne ambien­ta­le) e nel frat­tem­po pro­vo­ca mise­ria, disoc­cu­pa­zio­ne, cri­mi­na­li­tà, degra­do cul­tu­ra­le e mora­le, anche nei pae­si appa­ren­te­men­te più ric­chi ed “avan­za­ti”. Da qui la coscien­za del­la neces­si­tà ‑gra­zie al nostro insu­pe­ra­bi­le patri­mo­nio teo­ri­co e sto­ri­co- di bat­ter­si affin­ché sia dei lavo­ra­to­ri il pote­re poli­ti­co ed eco­no­mi­co, assi­cu­ran­do all’umanità la vita (sal­va­guar­dan­do pace e natu­ra), la giu­sti­zia eco­no­mi­ca e socia­le e l’elevazione onni­la­te­ra­le del­la nostra per­so­na­li­tà. Ecco per­ché esse­re (non dir­si) comu­ni­sti signi­fi­ca esse­re libe­ri. Aggiun­ge­rei anche un altro esem­pio. Imma­gi­na una spiag­gia affol­la­ta, d’estate e un bam­bi­no che chie­de aiu­to nel mare: chi lo sal­ve­rà? Chi ha la coscien­za del­la neces­si­tà di cor­re­re in suo aiu­to con­si­de­ran­do alcu­ne leg­gi, per esem­pio rela­ti­ve al nuo­to, ecc. L’eroe, per noi, è un altrui­sta che sa esse­re libe­ro per­ché coscien­te del­le neces­si­tà (quin­di del­le leg­gi da con­si­de­ra­re) e non esse­re sovran­na­tu­ra­le o un supe­ruo­mo che ha qua­li­tà di cui altri sono pri­vi. L’eroe è libe­ro e come tale rivo­lu­zio­na­rio. Ecco per­ché i Par­ti­gia­ni era­no eroi e libe­ri, anche quan­do cade­va­no tra le mani del nemi­co. Tut­to que­sto signi­fi­ca che i comu­ni­sti sono il “pro­dot­to” più avan­za­to e moder­no, più cor­ri­spon­den­te alla “coscien­za del­la neces­si­tà” attua­le di quel­la par­te del­la sto­ria dell’umanità che ne ha segna­to il cam­mi­no fin dal­la fase fina­le del­la pre­i­sto­ria. Si trat­ta di quel­la par­te che ha avu­to sem­pre un ruo­lo di avan­guar­dia, che ha spin­to sem­pre più in alto il nostro spi­ri­to, la nostra spe­cie e che tut­ti ricor­da­no; come tut­ti ricor­da­no Gram­sci e nes­su­no i suoi aguz­zi­ni, anche se al tem­po pen­sa­va­no di esse­re più for­ti (e “fur­bi” e “vin­cen­ti”) di lui. È que­sta par­te di sto­ria dell’umanità, for­se, a cui pen­sa­va il Poe­ta quan­do scris­se “fat­ti non foste a viver come bru­ti ma per seguir vir­tu­te e cano­scen­za”. Già, cono­scen­za. Que­sta socie­tà, così luc­ci­can­te e “tec­no­lo­gi­ca”, in real­tà ci desti­na ad un ruo­lo di ser­vi, alie­na­ti cioè estra­nia­ti dagli altri, costret­ti a vive­re solo nel con­su­mo del­la pro­pria esi­sten­za qua­si fos­si­mo ani­ma­li. Per esse­re eroi libe­ri, per cam­bia­re il mon­do, per por­ta­re anco­ra più avan­ti e in alto il cam­mi­no del­la par­te più spen­den­te dell’umanità, biso­gna sce­glie­re di esse­re comu­ni­sti.

Gui­do Ros­sa


7. Inve­ce, ai tan­ti com­pa­gni e com­pa­gne che cre­do­no di dover rico­min­cia­re a sta­gio­ni alter­ne, o maga­ri – lo dico mali­zio­sa­men­te – a stor­mir di urne, a ripro­por­re l’opzione fon­dia­mo insie­me tut­ti i comu­ni­sti ora, cosa rispon­di? Ahi­mè, da cir­ca quin­di­ci anni più vol­te mi è capi­ta­to di dire pub­bli­ca­men­te che la for­mu­la “uni­tà dei comu­ni­sti” è un imbro­glio e tal­vol­ta chi la sban­die­ra è un imbro­glio­ne. È un’opinione mol­to impo­po­la­re ma io non sono con­tro l’unità, al con­tra­rio: evo­ca­re “l’unità dei comu­ni­sti” negli ulti­mi trent’anni ha pro­vo­ca­to più divi­sio­ni di quan­te ve ne fos­se­ro già. Del resto, per esem­pio, quarant’anni fa cosa avreb­be signi­fi­ca­to un’espressione del gene­re? Avrem­mo dovu­to unir­ci anche con gli assas­si­ni di Gui­do Ros­sa? In ogni caso, un paio di anni fa, scris­si un testo di diver­se pagi­ne tito­la­to “con­tro l’unità dei comu­ni­sti”: sic­co­me fu pub­bli­ca­to onli­ne chi vuo­le può anda­re a veri­fi­ca­re diret­ta­men­te se le que­stio­ni e gli inter­ro­ga­ti­vi che pone­vo sono sta­te risol­te o supe­ra­te suc­ces­si­va­men­te. Oggi, in par­ti­co­la­re, ripro­por­re que­sta chi­me­ra signi­fi­ca non capi­re in che sta­to si tro­va la sini­stra ita­lia­na: essa, ormai, è sostan­zial­men­te regre­di­ta (sal­vo qual­che ecce­zio­ne) allo sta­dio del “regi­me dei cir­co­li” come lo defi­ni­va Lenin o il “cir­co Bar­num” come lo chia­ma­va Gram­sci. I bol­sce­vi­chi sono sor­ti come nega­zio­ne del “cul­to del­la spon­ta­nei­tà” e del “regi­me dei cir­co­li”. Ciò è dovu­to all’idealismo e allo spon­ta­nei­smo impe­ran­te, il cui rifles­so orga­niz­za­ti­vo è la “set­ta” (o cir­co­lo) limi­ta­ta al par­ti­co­la­ri­smo loca­li­sti­co o tema­ti­co. Chi da vita a que­ste set­te non cre­de al prin­ci­pio su cui mi sono già dilun­ga­to pri­ma, ovve­ro alla prio­ri­tà del Par­ti­to, del PCI, alla neces­si­tà del­la sua rico­stru­zio­ne per inver­ti­re la situa­zio­ne attua­le. Se non si chia­ri­sce ciò, ovve­ro che que­ste set­te devo­no scio­glier­si per fon­der­si in un par­ti­to comu­ni­sta auten­ti­co, non ci sarà “l’unità dei comu­ni­sti” ma dei grup­pet­ti, al mas­si­mo ci sarà un “grup­po dei grup­pi” ossia una rie­di­zio­ne del Par­ti­to Social­de­mo­cra­ti­co rus­so con­tro il qua­le si bat­te­ro­no i bol­sce­vi­chi. Sareb­be una “palu­de” (per con­ti­nua­re con le paro­le di Lenin), una sor­ta di fran­chi­sing in peren­ne fibril­la­zio­ne inter­na, con­ti­nua­men­te sof­fo­ca­to dal­la divi­sio­ne tra lavo­ro manua­le e intel­let­tua­le non­ché dal poli­ti­can­ti­smo e per­so­na­li­smo, incom­pa­ti­bi­le col cen­tra­li­smo demo­cra­ti­co. Per que­sto ‑volen­do rima­ne­re solo nell’asfittico cam­po del­le for­mu­le- sareb­be assai più cre­di­bi­le una pro­po­sta di “uni­tà del­le for­ze che si bat­to­no per rico­sti­tui­re il PCI”, cor­re­da­ta da un ade­gua­to pia­no orga­niz­za­ti­vo che gene­ral­men­te man­ca. Il nostro Par­ti­to, inve­ce, deve con­ti­nua­re, arti­co­lan­do­la e per­fe­zio­nan­do­la, la pro­pria giu­sta poli­ti­ca di uni­tà. Il nostro patri­mo­nio teo­ri­co e sto­ri­co con­si­de­ra ‑sem­pli­fi­co per bre­vi­tà- alme­no tre diver­si livel­li di tale poli­ti­ca, i qua­li devo­no esse­re ben coor­di­na­ti tra loro, distin­guen­do­li ed attri­buen­do con pre­ci­sio­ne, a cia­scu­no, il tipo di pro­gram­mi e di carat­te­ri­sti­che orga­niz­za­ti­ve che gli sono pro­pri. La con­fu­sio­ne e la sovrap­po­si­zio­ne tra pre­ro­ga­ti­ve e fina­li­tà del­le diver­se poli­ti­che uni­ta­rie, mi sem­bra una del­le cau­se dell’attuale fran­tu­ma­zio­ne del­la sini­stra e del caos poli­ti­co ed orga­niz­za­ti­vo che impe­ra. Anche per que­sto ‑sen­za voler inse­gui­re trop­pe sot­ti­gliez­ze seman­ti­che- ho mol­to apprez­za­to la paro­la d’ordine del nostro con­gres­so che si pro­po­ne di “uni­re i comu­ni­sti” ma rico­struen­do il PCI e nell’ambito di una distin­ta poli­ti­ca di allean­ze di sini­stra: mi sem­bra inten­da un signi­fi­ca­to un po’ diver­so da quel­lo ‑sem­pli­ci­sti­co ed illu­so­rio- di “uni­tà dei comu­ni­sti”. Pri­ma di tut­to, è ovvio, va con­ti­nua­men­te con­so­li­da­ta l’unità del Par­ti­to: “l’unità dei comu­ni­sti” è il Par­ti­to, la sua costru­zio­ne e il suo inces­san­te raf­for­za­men­to. La sua pri­ma con­di­zio­ne è una linea poli­ti­ca sem­pre più orga­ni­ca al nostro patri­mo­nio sto­ri­co e teo­ri­co e sem­pre più ampia per inte­ra­gi­re con­cre­ta­men­te con le con­di­zio­ni e le spe­ran­ze del­le mas­se popo­la­ri e in pri­mo luo­go del pro­le­ta­ria­to. Per que­sto Sec­chia defi­ni­va il Par­ti­to come un’organizzazione “di don­ne e di uomi­ni che pen­sa­no e che lot­ta­no, che stu­dia­no e che lot­ta­no”. Le gam­be su cui far mar­cia­re l’unità del Par­ti­to sono il cen­tra­li­smo demo­cra­ti­co e il costan­te eser­ci­zio del­la cri­ti­ca e dell’autocritica: due carat­te­ri­sti­che con­cre­te del “vec­chio” PCI che mi sem­bra­no abba­stan­za igno­ra­te dal­la sini­stra attua­le. In secon­do luo­go, un Par­ti­to sem­pre più uni­to e con una chia­ra visio­ne del­la real­tà, pro­muo­ve l’unità con tut­te le for­ze (nel caso anche socia­li e cul­tu­ra­li, non solo par­ti­ti) che si ispi­ra­no alla clas­se lavo­ra­tri­ce e voglio­no impe­gnar­si per la dife­sa dei suoi inte­res­si, per il riscat­to e l’emancipazione del­le lavo­ra­tri­ci e dei lavo­ra­to­ri. Infi­ne c’è l’intesa (pos­si­bil­men­te l’alleanza) con le for­ze e le per­so­na­li­tà demo­cra­ti­che ed aman­ti del­la pace, per unir­si sul ter­re­no estre­mo del­la dife­sa del­la demo­cra­zia e del­la lot­ta con­tro la guer­ra: essa impli­ca ‑secon­do i casi- per­fi­no tat­ti­che uni­ta­rie nei con­fron­ti di for­ze bor­ghe­si anche mode­ra­te. Per fare esem­pi con­cre­ti, la bat­ta­glia di mas­sa con­tro il gover­no Dra­ghi non deve esse­re affa­re dei comu­ni­sti ma di tut­te le for­ze poli­ti­che, sin­da­ca­li, cul­tu­ra­li dispo­ni­bi­li; ancor di più, la bat­ta­glia con­tro la guer­ra e la NATO deve ten­ta­re di coin­vol­ge­re non solo le for­ze con­tra­rie alla poli­ti­ca anti­po­po­la­re del gover­no Dra­ghi ma anche altre, per esem­pio di ispi­ra­zio­ne reli­gio­sa o uma­ni­ta­ria, non di sini­stra. D’altro can­to, lo san­no tut­ti, pro­prio per far fini­re la guer­ra e por­ta­re la demo­cra­zia nel nostro pae­se, fum­mo pro­mo­to­ri del CLN, ossia un’alleanza tem­po­ra­nea per­fi­no con par­ti­ti bor­ghe­si mode­ra­ti e con­ser­va­to­ri. Al tem­po stes­so, la sud­det­ta poli­ti­ca va accom­pa­gna­ta (anche per rea­liz­zar­la meglio) con il pie­no dispie­ga­men­to del­le carat­te­ri­sti­che del nostro nome ‑PCI- ovve­ro col­ti­van­do ed aggior­nan­do tut­te le pecu­lia­ri­tà che fece­ro gran­de ed uni­co il nostro Par­ti­to il qua­le, non a caso, van­ta­va di esse­re “diver­so da tut­ti gli altri” com­pre­si gli altri par­ti­ti di sini­stra. Dob­bia­mo pun­ta­re a svol­ge­re nel pae­se le anti­che fun­zio­ni inter­na­zio­na­li­sta, rivo­lu­zio­na­ria, di clas­se e al tem­po stes­so nazio­na­le, demo­cra­ti­ca, di mas­sa.
8. Sono attua­li o sono nostre “fis­sa­zio­ni” il met­te­re i temi del lavo­ro, del­la salu­te, del­la pace e dell’antifascismo pri­ma di ogni altra cosa nel fare poli­ti­ca quo­ti­dia­na e nel­le lot­te? E quan­to pese­rà nel pae­se, per i lavo­ra­to­ri, per gli stu­den­ti, per le don­ne, que­sto con­gres­so che ter­re­mo a Livor­no il 25, 26, 27 mar­zo? Marx ha dimo­stra­to come il capi­ta­li­smo è la strut­tu­ra socia­le nel­la qua­le è l’abbondanza a gene­ra­re la mise­ria. L’abbondanza di capa­ci­tà pro­dut­ti­va gene­ra la disoc­cu­pa­zio­ne e l’abbassamento dei sala­ri da un lato ed una pola­riz­za­zio­ne para­dos­sa­le dall’altro: ossia chi lavo­ra deve fati­ca­re sem­pre più tem­po (per esem­pio gior­na­ta o set­ti­ma­na lavo­ra­ti­va oppu­re età di pen­sio­na­men­to) men­tre aumen­ta­no sem­pre di più quel­li che non lavo­ra­no per nul­la o comun­que pos­so­no far­lo sem­pre meno (poche ore o ristret­ti perio­di sta­gio­na­li); l’abbondanza di sco­per­te tec­ni­che e scien­ti­fi­che si accom­pa­gna con una recru­de­scen­za di malat­tie vec­chie e nuo­ve; lo straor­di­na­rio pro­gres­so nei mez­zi di tra­spor­to e comu­ni­ca­zio­ne non evi­ta l’aumento dell’alienazione, dell’oscurantismo, del­la soli­tu­di­ne; e potrei con­ti­nua­re anco­ra. Il nostro con­gres­so nazio­na­le di fine mar­zo, dun­que, in par­ti­co­la­re con le tesi che discu­te­rà, cen­tra i nodi cru­cia­li del­le con­cre­te con­di­zio­ni di vita del­le mas­se lavo­ra­tri­ci, dei gio­va­ni, del­le don­ne. In pri­mo luo­go il lavo­ro ‑le tesi pro­pon­go­no sedi­ci obiet­ti­vi con­cre­ti- inte­so come lot­ta per la mas­si­ma occu­pa­zio­ne, per un lavo­ro sta­bi­le, qua­li­fi­ca­to, demo­cra­ti­co ma anche per un con­si­sten­te aumen­to dei sala­ri e del­le pen­sio­ni, il qua­le recu­pe­ri alme­no in par­te le enor­mi per­di­te (azzar­de­rei alme­no il 50%) subi­te negli ulti­mi trent’anni. Sen­za dimen­ti­ca­re che sono qua­si quarant’anni che non dimi­nui­sce l’orario di lavo­ro anzi ‑in modi varia­men­te masche­ra­ti- esso ha ini­zia­to a riau­men­ta­re o comun­que ad esse­re distri­bui­to in modo da ren­de­re più peno­sa e sten­ta­ta la vita di tan­ti lavo­ra­to­ri, soprat­tut­to gio­va­ni e don­ne. Ci sono alcu­ni par­ti­ti che ven­go­no imme­dia­ta­men­te iden­ti­fi­ca­ti (nel sen­so comu­ne) come quel­lo che vuo­le toglie­re le tas­se oppu­re come quell’altro che se la pren­de con gli immi­gra­ti: ecco, auspi­co che il nostro Par­ti­to ben pre­sto sia con­si­de­ra­to dal­le lar­ghe mas­se popo­la­ri come quel­lo che in pri­mo luo­go denun­cia l’abbattimento dei sala­ri e del­le pen­sio­ni, l’umiliazione di tan­te lavo­ra­tri­ci e lavo­ra­to­ri (spe­cie gio­va­ni) e chie­de con la mas­si­ma for­za l’aumento del­le paghe, la ridu­zio­ne dell’orario di lavo­ro, la digni­tà per tut­te le lavo­ra­tri­ci e i lavo­ra­to­ri e il ripri­sti­no del­la Costi­tu­zio­ne nel­le azien­de e nel­le impre­se. Tut­ta­via, il benes­se­re del­le mas­se popo­la­ri, anche sot­to il pro­fi­lo eco­no­mi­co, vie­ne assi­cu­ra­to ‑come recla­ma­no le nostre tesi- dal pie­no dispie­ga­men­to del prin­ci­pio costi­tu­zio­na­le del­la tute­la del dirit­to alla salu­te. Si trat­ta, cer­to, dell’assistenza sani­ta­ria qua­li­fi­ca­ta, capil­la­re, per­ma­nen­te, acces­si­bi­le e gra­tui­to per tut­ti ma que­sto prin­ci­pio signi­fi­ca anche sicu­rez­za dei lavo­ra­to­ri: fine degli inci­den­ti e del­le mor­ti sul lavo­ro non­ché del­le malat­tie pro­fes­sio­na­li e di altri rischi cui attual­men­te sono espo­ste alcu­ne cate­go­rie o man­sio­ni. La pie­na salu­te psi­co-fisi­ca, va col­ti­va­ta anche svi­lup­pan­do da que­sta ango­la­zio­ne la scuo­la pub­bli­ca e gra­tui­ta ed una poli­ti­ca dei ser­vi­zi socia­li acces­si­bi­li a tut­ti i qua­li favo­ri­sca­no ‑oltre che l’istruzione a tut­ti i livel­li- la socia­li­tà e l’elevazione cul­tu­ra­le e spi­ri­tua­le mul­ti­la­te­ra­le del popo­lo. Va da sé che la tute­la del­la salu­te sareb­be ridot­ta ad un mero ser­vi­zio “tec­ni­co” se non si esten­de alla lot­ta per la dife­sa del­le risor­se ambien­ta­li, del patri­mo­nio natu­ra­le e quin­di del cli­ma. In que­sto perio­do non c’è biso­gno che aggiun­ga mol­te paro­le sul­la que­stio­ne del­la pace: par­la­no a suf­fi­cien­za le tesi ed anche le posi­zio­ni pre­ci­se e lun­gi­mi­ran­ti che il Par­ti­to ha assun­to negli ulti­mi tem­pi. Si può e si deve, inve­ce, dire qual­co­sa sull’antifascismo. Soprat­tut­to per­ché que­sto valo­re del­la nostra sto­ria e del­la nostra cul­tu­ra ‑ave­va ragio­ne il pre­si­den­te del­la Cor­te Costi­tu­zio­na­le quan­do dis­se: “esse­re ita­lia­ni signi­fi­ca esse­re anti­fa­sci­sti”- è sta­to tra­di­to dai par­ti­ti che han­no vota­to la riso­lu­zio­ne del par­la­men­to euro­peo che equi­pa­ra nazi­sti e comu­ni­sti e chie­de la nostra mes­sa al ban­do. L’antifascismo è un com­pro­mes­so sto­ri­co tra il movi­men­to ope­ra­io e la par­te più intel­li­gen­te ed aper­ta del­la bor­ghe­sia, dal qua­le sono sca­tu­ri­ti Repub­bli­ca e Costi­tu­zio­ne. Tale allean­za (o com­pro­mes­so) si rea­liz­za nel­la pace, ossia nel­la scel­ta di tene­re il nostro pae­se fuo­ri e lon­ta­no dal­la guer­ra; nel­la demo­cra­zia e ricor­dia­mo, con la sin­te­si di Togliat­ti, che essa è la coniu­ga­zio­ne del­la liber­tà poli­ti­ca con la giu­sti­zia socia­le, altri­men­ti demo­cra­zia è solo una bana­li­tà giu­ri­di­ca; con l’attribuzione al pro­le­ta­ria­to del dirit­to-dove­re di con­cor­re­re per il gover­no e la dire­zio­ne del pae­se. È chia­ro, dun­que, come quel­la infa­me riso­lu­zio­ne sia sem­pli­ce­men­te una car­ti­na di tor­na­so­le, peral­tro repli­ca­ta in alcu­ne regio­ni ed enti loca­li. Il vero, pro­lun­ga­to, imper­do­na­bi­le tra­di­men­to dell’alleanza anti­fa­sci­sta è nel­le scel­te poli­ti­che guer­ra­fon­da­ie, anti­pro­le­ta­rie ed anti­de­mo­cra­ti­che con­dot­te da qual­che decen­nio da quei par­ti­ti e non a caso il PD è sta­to spes­so il pri­mo del­la clas­se in que­sto spor­co cimen­to. Per que­sto il nostro anti­fa­sci­smo è una prio­ri­tà attua­le rilan­cia­ta dal nostro con­gres­so che si sostan­zia in obiet­ti­vi con­cre­ti di giu­sti­zia, rin­no­va­men­to, demo­cra­zia, per il riscat­to dei lavo­ra­to­ri, dei gio­va­ni, del­le don­ne, del meri­dio­ne. Natu­ral­men­te la pie­na giu­sti­zia socia­le non può con­si­de­rar­si pie­na­men­te dispie­ga­ta fin­ché in tan­te peri­fe­rie, in tan­te zone del nostro pae­se mol­ti, soprat­tut­to i gio­va­ni, sono pri­va­ti di un vero dirit­to alla casa.

Nor­ber­to Nata­li, al cen­tro, in una recen­te ini­zia­ti­va


9. Con que­sto con­gres­so che ter­re­mo a Livor­no a fine mar­zo cosa augu­ri al Par­ti­to Comu­ni­sta Ita­lia­no del 2022? Spe­ro che dal nostro con­gres­so nazio­na­le sca­tu­ri­sca un più inten­so e deci­so impe­gno di tut­te le nostre orga­niz­za­zio­ni per l’unità, il rin­no­va­men­to e soprat­tut­to per il pro­se­li­ti­smo, l’espansione del con­sen­so e il radi­ca­men­to di clas­se. Si trat­ta di tre diret­tri­ci di mar­cia che si ali­men­ta­no e si garan­ti­sco­no reci­pro­ca­men­te. Nel riflet­te­re su cosa augu­rar­mi per il Par­ti­to già dall’anno in cor­so, mi ven­go­no in men­te due fra­si. Una pro­nun­cia­ta dal com­pa­gno Ber­lin­guer il 22 giu­gno del ‘76, a Roma, di fron­te ad una piaz­za san Gio­van­ni stra­pie­na dopo che il Par­ti­to ave­va pre­so (il gior­no pri­ma) oltre il 32% dei voti dell’intero cor­po elet­to­ra­le: con i dati di oggi, sareb­be sta­ta di gran lun­ga la mag­gio­ran­za asso­lu­ta. Egli dis­se: “l’avanzata del Par­ti­to Comu­ni­sta Ita­lia­no PUO’ (ma dal tono e dal con­te­sto si pote­va anche inten­de­re “DEVE”) spa­ven­ta­re solo i cor­rot­ti e i pre­po­ten­ti”. Un’altra fra­se è un bra­no del film Nove­cen­to (non dico con chi mi toc­cò veder­lo al cine­ma 🙂 ), un’espressione arti­sti­ca ma cari­ca di sug­ge­sti­vo rea­li­smo, nel­la qua­le qual­cu­no dice, a un cer­to pun­to: il Par­ti­to è lì dove un ope­ra­io vie­ne sfrut­ta­to, dovun­que c’è chi vie­ne oppres­so dall’ingiustizia, ogni vol­ta che qual­cu­no ha biso­gno del­la liber­tà. Più o meno la ricor­do così. Ecco, que­ste mi sem­bra­no le coor­di­na­te affin­ché le pro­le­ta­rie e i pro­le­ta­ri viva­no sem­pre più il nostro Par­ti­to come la pro­pria casa, come l’esperienza ed il pro­ces­so che ricon­se­gni loro la con­sa­pe­vo­lez­za del­la pro­pria poten­za, che ren­da la clas­se lavo­ra­tri­ce capa­ce di con­qui­sta­re il pote­re poli­ti­co ed eco­no­mi­co, libe­ran­do­ci dall’oppressione, dal­lo sfrut­ta­men­to, dal­la vio­len­za e dare vita alla futu­ra uma­ni­tà.

Qua­dro “Fischia il Ven­to” di Anto­nio Luci­gna­no, pre­sen­te nel­la sezio­ne PCI di Mari­no, e pre­so a base del Mani­fe­sto Nazio­na­le uffi­cia­le del Secon­do Con­gres­so del Par­ti­to Comu­ni­sta Ita­lia­no a Livor­no

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