Mafia, intervista a Fiammetta Borsellino: non abbassare la guardia!

Mafia, intervista a Fiammetta Borsellino: non abbassare la guardia!

23/05/2019 0 Di Flavio Silvia

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Abbiamo intervistato Fiammetta Borsellino, figlia minore di Paolo Borsellino sull’importanza di far rimanere alta l’attenzione sulla mafia e sulla necessità di far conoscere queste vicende alle nuove generazioni con un nuovo messaggio di speranza.

di Flavio Sil­via

Oggi ricorre la gior­na­ta del­la legal­ità, 27mo anniver­sario dal­la Strage di Capaci che vide la morte del Giu­dice Gio­van­ni Fal­cone, del­la moglie, Francesca Morvil­lo e degli agen­ti del­la scor­ta avvenu­to il 23 mag­gio del 1992. In ques­ta gior­na­ta si com­mem­o­ra­no quelle che sono state le gran­di fig­ure isti­tuzion­ali e non, che han­no fat­to del­la lot­ta alla mafia la loro ragion di vita e pro­prio per quest’ul­ti­ma moti­vazione sono sta­ti uccisi. Dopo Fal­cone, il 19 luglio 1992 ci fu la Strage di Via d’Ame­lio, in cui rimase ucciso il Giu­dice Pao­lo Borselli­no, che di Fal­cone era ami­co e con lui era sta­to pro­tag­o­nista del pool anti­mafia.

Abbi­amo inter­vis­ta­to Fiammet­ta Borselli­no, figlia minore di Pao­lo Borselli­no, sul sig­ni­fi­ca­to che han­no oggi queste ricor­ren­ze alla luce delle domande rimaste anco­ra sen­za rispos­ta, sul­l’im­por­tan­za di far rimanere alta l’at­ten­zione sul­la mafia e sul­la neces­sità di far conoscere queste vicende alle nuove gen­er­azioni con un nuo­vo mes­sag­gio di sper­an­za.

Signora Borsellino, oggi ricorre il 27° anniversario dell’attentato a Giovanni Falcone, al quale seguì, il 19 luglio, quello a suo padre, Paolo Borsellino. Dopo 27 anni quanto ancora non si sa di questi attentati?

Nel 2017 c’è sta­ta una sen­ten­za che ha sta­bil­i­to come la strage di Via D’ame­lio sia sta­ta una dei più gran­di depistag­gi del­la sto­ria giudiziaria ital­iana. Sono sta­ti anni di pro­ces­si, anco­ra oggi si sta dis­per­ata­mente cer­can­do di capire chi ha cer­ca­to per tut­ti questi anni l’al­lon­tana­men­to del­la ver­ità. Non è anco­ra chiaro chi che sono effet­ti­va­mente i man­dan­ti di quel­la ter­ri­bile strage nel­la quale perse la vita mio padre. Una delle cose che ha imped­i­to la scop­er­ta del­la ver­ità è sta­ta sostanzial­mente una serie di indagi­ni, di pro­ces­si fat­ti male, anche da parte delle isti­tuzioni, che ha avu­to come effet­to prin­ci­pale l’oc­cul­ta­men­to e l’al­lon­tana­men­to del­la ver­ità.

Alla luce dei depistaggi emersi dall’inchiesta sulla strage di via D’amelio, secondo lei, la mafia è solo un’esecutrice, il cui mandante è da cercare altrove?

Ci sono delle indagi­ni in cor­so, quin­di, dici­amo che non è oppor­tuno trarre delle con­clu­sioni. È molto prob­a­bile che ci siano state delle men­ti esterne a Cosa Nos­tra che si sono servite del­l’o­dio che questi crim­i­nali ave­vano nei con­fron­ti dei mag­is­trati. In questo sen­so pos­si­amo dire che Cosa Nos­tra, quale mano arma­ta, è sta­ta “uti­liz­za­ta” da chi all’ester­no vol­e­va l’e­lim­i­nazione di queste per­sone.

Se un bambino dovesse fermarla per strada chiedendole cos’è la mafia, cosa risponderebbe?

La mafia è un’or­ga­niz­zazione crim­i­nale fat­ta di regole, di rit­u­ali. Un’or­ga­niz­zazione sim­i­le ad uno Sta­to. Ha una men­tal­ità che si basa sul­l’op­pres­sione. È una men­tal­ità che trae le sue fon­da­men­ta da una con­cezione del­la vita come affer­mazione del potere.

La mafia sembra essere un’argomento che torna di moda solo in occasione di questi anniversari, sembra che si voglia far passare l’idea che sia ormai un problema risolto o per lo meno divenuto marginale. Qual è il pericolo in questo atteggiamento?

Il prob­le­ma delle orga­niz­zazioni crim­i­nali, delle mafie è molto com­p­lesso, per­ché sono molto abili anche nel muover­si, han­no una buona capac­ità di orga­niz­zarsi, quin­di, cedere alle sem­pli­fi­cazioni rite­nen­do la mafia vin­ta è un’at­teggia­men­to che fa male al con­trasto alla crim­i­nal­ità orga­niz­za­ta. È un prob­le­ma trop­po com­p­lesso, per tan­to non si deve e non si può cedere alle sem­pli­fi­cazioni, per­ché quan­do si abbas­sa la guardia si può dare agio a queste orga­niz­zazioni di agire. Ed è molto peri­coloso. Bisogna dif­fi­dare da tut­ti col­oro che pen­sano e che dicono che vogliono delle risoluzioni, per­ché il prob­le­ma è di una com­p­lessità tale che non è facil­mente risolvi­bile.

Quanto è importante la sensibilizzazione delle giovani generazioni e l’inserimento di questa storia nei libri scolastici?

Far com­pren­dere queste prob­lem­atiche attra­ver­so la sto­ria degli uomi­ni che l’han­no vis­sute è fon­da­men­tale per­ché la poten­za crim­i­nale delle orga­niz­zazioni crim­i­nali si basa sul con­sen­so dei gio­vani. Mio padre dice­va sem­pre: “Quan­do le gio­vani gen­er­azioni le negher­an­no il con­sen­so sare­mo avan­ti nel­la lot­ta alle mafie”. Questo prob­le­ma si com­bat­te con la cul­tura. Uno dei pri­mi modi che han­no i gio­vani di con­trastare la crim­i­nal­ità orga­niz­za­ta è stu­di­are. È lo stu­dio che ti dà con­sapev­olez­za dei tuoi dirit­ti e dei tuoi doveri e anche di quelle che sono le pro­prie respon­s­abil­ità. Se si ha ques­ta con­sapev­olez­za, si è fat­to già un pri­mo pas­so nel­la lot­ta alla mafia.

 

Pao­lo Borselli­no dice­va sem­pre che in qualunque caso, in qualunque luo­go si sarebbe dovu­to par­lare del­la mafia: “Par­late del­la mafia. Par­latene alla radio, in tele­vi­sione, sui gior­nali. Però par­latene”.

Ecco par­lia­mone…

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