L’arte del Pittore Campano Fernando Mangone al Museo MoMa di San Francisco

L’arte del Pittore Campano Fernando Mangone al Museo MoMa di San Francisco

23/04/2025 0 Di Marco Montini

Que­sto arti­co­lo è sta­to let­to 208 vol­te!

L’arte del Pit­to­re Cam­pa­no Fer­nan­do Man­go­ne al Museo MoMa di San Fran­ci­sco

Fer­nan­do Man­go­ne: “Por­to con me il Cilen­to e l’anima del Medi­ter­ra­neo nel cuo­re del­la sce­na arti­sti­ca mon­dia­le.”

Il pano­ra­ma dell’arte con­tem­po­ra­nea inter­na­zio­na­le acco­glie la par­te­ci­pa­zio­ne del mae­stro Fer­nan­do Man­go­ne all’Atlante dell’Arte Con­tem­po­ra­nea 2026, in occa­sio­ne dell’edizione spe­cia­le “New York 2026”, pro­mos­sa dal­la Start Group, mem­bro cor­po­ra­te del MoMA (Museum of Modern Art). Un even­to che segna un impor­tan­te rico­no­sci­men­to per l’artista cam­pa­no, la cui ope­ra sarà valo­riz­za­ta all’interno di una del­le isti­tu­zio­ni più pre­sti­gio­se del mon­do arti­sti­co, il MoMA di San Fran­ci­sco.

La sua arte, inten­sa e vibran­te, si distin­gue per la pro­fon­da cari­ca emo­ti­va e la capa­ci­tà di coniu­ga­re sim­bo­lo­gia e nar­ra­zio­ne visi­va. I suoi lavo­ri affron­ta­no tema­ti­che di gran­de attua­li­tà, spa­zian­do tra memo­ria sto­ri­ca, iden­ti­tà cul­tu­ra­le, que­stio­ni socia­li e intro­spe­zio­ne per­so­na­le.

Ori­gi­na­rio del Cilen­to, e oggi resi­den­te nel­la sug­ge­sti­va Val­le del Sele e del Tana­gro, ter­ri­to­ri intri­si di sto­ria e natu­ra incon­ta­mi­na­ta, Man­go­ne trae lin­fa dal­le sue radi­ci per dare for­ma a un lin­guag­gio pit­to­ri­co che affon­da nel­la ter­ra e nel­la memo­ria col­let­ti­va. Le sue ope­re par­la­no di un Sud pro­fon­do, auten­ti­co, capa­ce di far­si voce uni­ver­sa­le.

L’Atlante dell’Arte Con­tem­po­ra­nea, edi­to da Giun­ti, è con­si­de­ra­to uno stru­men­to fon­da­men­ta­le per il col­le­zio­ni­smo e la cri­ti­ca d’arte inter­na­zio­na­le. La sele­zio­ne di Man­go­ne all’interno di que­sta pub­bli­ca­zio­ne san­ci­sce il valo­re del­la sua pro­du­zio­ne arti­sti­ca e con­fer­ma il suo posi­zio­na­men­to tra gli inter­pre­ti più signi­fi­ca­ti­vi del­la pit­tu­ra ita­lia­na del nostro tem­po.

“Que­sta par­te­ci­pa­zio­ne rap­pre­sen­ta una tap­pa fon­da­men­ta­le del mio per­cor­so. Espor­re in un luo­go sim­bo­li­co come il MoMA signi­fi­ca entra­re in dia­lo­go con una comu­ni­tà glo­ba­le, por­tan­do con sé le radi­ci pro­fon­de del­la mia ter­ra, il Cilen­to, la Val­le del Sele e il Tana­gro, e la voce del­le emo­zio­ni uma­ne che da sem­pre cer­co di rac­con­ta­re. È un invi­to ad ascol­ta­re l’anima, anche attra­ver­so il colo­re e la mate­ria.” A dir­lo è il Pit­to­re del­le aree inter­ne Fer­nan­do Man­go­ne.

L’opera di Man­go­ne si carat­te­riz­za per una tec­ni­ca matu­ra e raf­fi­na­ta, in cui l’utilizzo del colo­re diven­ta vei­co­lo di signi­fi­ca­to, e la com­po­si­zio­ne assu­me una valen­za qua­si sce­no­gra­fi­ca. Le sue tele, spes­so ispi­ra­te a temi uni­ver­sa­li come la digni­tà, la resi­lien­za e la bel­lez­za dell’imperfezione, par­la­no un lin­guag­gio visi­vo imme­dia­to, capa­ce di coin­vol­ge­re ed emo­zio­na­re. La par­te­ci­pa­zio­ne all’Atlante e l’esposizione al MoMA costi­tui­sco­no per Man­go­ne non solo un pre­sti­gio­so tra­guar­do per­so­na­le, ma anche un’occasione per riaf­fer­ma­re la vita­li­tà dell’arte ita­lia­na con­tem­po­ra­nea sul­la sce­na inter­na­zio­na­le.

“Que­sto tra­guar­do non è solo mio, ma appar­tie­ne a ogni sguar­do che si è posa­to sul­le mie ope­re con mera­vi­glia o inquie­tu­di­ne. È un rico­no­sci­men­to che dedi­co alla mia ter­ra, al Cilen­to, alla Val­le del Sele e al Tana­gro, che mi han­no nutri­to di luce, di silen­zi e di memo­rie anti­che. Ogni mio dipin­to nasce da un’ur­gen­za inte­rio­re: rac­con­ta­re ciò che spes­so le paro­le non san­no dire. Le mie tele sono luo­ghi di pas­sag­gio, in cui il dolo­re e la spe­ran­za si intrec­cia­no, dove il tem­po non è linea­re ma vibra, pul­sa, si fa car­ne e colo­re. Espor­re al MoMA non signi­fi­ca solo esse­re visi­bi­le: signi­fi­ca ave­re la pos­si­bi­li­tà di toc­ca­re l’anima di chi osser­va, in una lin­gua uni­ver­sa­le fat­ta di emo­zio­ni. E se anche solo una per­so­na, davan­ti a un mio qua­dro, riu­sci­rà a sen­tir­si meno sola, allo­ra l’arte avrà com­piu­to il suo dove­re più alto” – con­clu­de Man­go­ne.

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