Marino. Dolore, rabbia e determinazione: Non si può continuare a morire così!

Marino. Dolore, rabbia e determinazione: Non si può continuare a morire così!

21/04/2021 0 Di Maurizio Aversa

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Gior­gia Gal­li


“Dopo la vic­i­nan­za e la sper­an­za nutrite nei giorni scor­si sul­la sot di Anna­maria Ascolese – dicono Mau­ro Avel­lo di Essere Mari­no e Ste­fano Ender­le del PCI Mari­no – dob­bi­amo fare con­ti con l’esito ulti­mo del­la trage­dia: il deces­so di Anna­maria. Per questo moti­vo, con la sobri­età che ave­va­mo scel­to già in prece­den­za, ci sen­ti­amo di sostenere in toto, la rif­les­sione – di tes­ta e di cuore – che una nos­tra com­pagna del­la coal­izione che unisce nelle idee e nell’azione i comu­nisti e tan­ti e tante espo­nen­ti di sin­is­tra.”. Ques­ta la nota con­di­visa, cura­ta da Gior­gia Gal­li di Essere Mari­no: “Non si può con­tin­uare a morire così! Queste le prime parole che ven­gono in mente pen­san­do alla morte di Anna­maria, ennes­i­ma don­na mor­ta per mano dell’uomo che ave­va scel­to come com­pag­no di vita, uccisa da 4 colpi di arma da fuo­co sparati dal mar­i­to, vice­bri­gadiere dei Cara­binieri. Di questo leg­ger­e­mo, di “una don­na mor­ta per fem­mini­cidio” ma Anna­maria non è un numero, Anna­maria Ascolese era una don­na, una moglie, una figlia, un’insegnante, impeg­na­ta pro­prio nel com­bat­tere questo tipo di vio­len­ze e soprusi e che invece si è trasfor­ma­ta in vit­ti­ma. Mogli, figlie, madri …. morte per mano di uomi­ni che vogliono esercitare una qualche for­ma di potere deci­sion­ale sulle loro vite, retag­gio cul­tur­ale duro a morire, men­tal­ità figlia dell’ignoranza e del­la soci­età maschilista e patri­ar­cale. – con­tin­ua tagliente e pre­cisa la nota espo­nente Gior­gia Gal­li -

Gior­gia Gal­li, inter­ven­to alla inau­gu­razione sezione PCI Mari­no cen­tro


Per­ché il fem­mini­cidio non è che la pun­ta dell’iceberg di sopraf­fazioni, intim­i­dazioni, costrizioni di assogget­ta­men­to fisi­co o psi­co­logi­co a cui tante donne devono sot­tostare in ogni ambito del­la nos­tra soci­età. Recen­te­mente si è aper­to un acce­so dibat­ti­to sull’utilizzo delle parole, maschili e fem­minili, per definire una don­na diret­tore d’orchestra; è uno spec­chi­et­to per le allodole, un modo per non affrontare il vero prob­le­ma che è quel­lo di vivere in una soci­età che non tutela le donne e che ha reso nec­es­sarie leg­gi per difend­er­le, per dare alle donne quei dirit­ti che umana­mente dovreb­bero essere garan­ti­ti a tut­ti. È solo nel 1981, solo 40 anni fa, che si è aboli­to il mat­ri­mo­nio ripara­tore, che per­me­t­te­va ad uno stupra­tore di sposare la pro­pria vit­ti­ma per evitare la con­dan­na. Anco­ra più recen­te­mente, nel 2009 la legge che isti­tu­isce il reato di stalk­ing, nel 2011 la legge che impone le quote rosa nelle ammin­is­trazioni pub­bliche, nel 2013 la legge sul fem­mini­cidio. “L’umanità è maschile e l’uomo definisce la don­na non in quan­to tale ma in relazione a se stes­so; non è con­sid­er­a­ta un essere autonomo” scrive­va Simone De Beau­voir nel suo cele­bre libro Il sec­on­do ses­so nel 1949, frase più che mai tris­te­mente attuale, per­ché se lo Sta­to deve emanare leg­gi in dife­sa delle donne, vuol dire che nul­la è cam­bi­a­to da allo­ra e che anco­ra oggi la don­na non è vista come una per­sona deg­na di una pro­pria esisten­za. – quin­di la com­pagna Gal­li così con­clude — Che questo ennes­i­mo atto di vio­len­za ver­so una don­na sia almeno da moni­to affinché donne e uomi­ni impar­i­no avere rispet­to per l’altro, che sia di diver­so genere, ori­en­ta­men­to ses­suale, etnia, estrazione sociale, cre­do reli­gioso, per elim­inare ogni for­ma di intoller­an­za, dis­ug­uaglian­za e dis­crim­i­nazione.”.

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