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Roma. Dolorose emozioni dal Falastin Festival di domenica 14. L’impatto di uno dei poeti partecipanti: Marco Onofrio
20/09/2025Questo articolo è stato letto 778 volte!
Mentre la Global Sumud Flotilla si avvicina sempre più in direzione delle coste di Gaza, continua in tutto il mondo la presenza quotidiana, per quanto polverizzata, la battaglia vera contro il genocidio che Israele sta imponendo al mondo annientando il popolo palestinese. Il fine ultimo di questa miriade di iniziative, è stato dichiarato fin dall’inizio, ed è tenere il faro, l’attenzione, del mondo su quanto accade. Anche la grande manifestazione del Falastin Festival ha contribuito a questo. Dolorose emozioni. È questa la sintesi estrema dello stupendo reading poetico che si è svolto il 14 settembre a Roma, nell’ambito del “Falastin Festival”, perfettamente incardinato allo scenario testaccino della “Città dell’altra economia” di Largo Dino Frisullo. Tanti fratelli palestinesi convenuti per celebrare la loro cultura e la loro straordinaria resistenza umana, ma altrettanti fratelli romani ivi convenuti per gli stessi motivi, obbedendo allo stesso richiamo di giustizia e pace.

Uno dei momenti di presentazione del Festival con Yousef Salman che interviene
La serata è stata condotta da Ilaria Giovinazzo e Fabio Sebastiani, cooptati da Yousef Salman della Comunità Palestinese di Roma. Bellissime e profonde le poesie recitate e in alcuni casi (Gianpaolo Mastropasqua, Marco Cinque, Mattia Tarantino) performate, anche con l’ausilio di musica. Ad esempio Mastropasqua, giunto appositamente dalla Puglia dove vive, ha dato vita a un vero e proprio “concerto” di poesia e musica, dedicato ai “Sud” del mondo, accompagnato da amici alla chitarra e alle percussioni, ed esibendosi lui stesso con suggestivi assolo al clarinetto. Molto toccante anche il monologo “Lettera al mondo” di Mona Ameen, recitato da Ilaria Giovinazzo. Così come toccanti, nella misura in cui vibranti di dolore, rabbia, indignazione, sono state le poesie che hanno offerto alla sala gremita gli oltre 20 autori intervenuti, tra cui una poetessa palestinese che ha letto in lingua originale, poi tradotta in italiano. Si toccava con mano l’evidenza della realtà inammissibile che stiamo vivendo, e soprattutto la verità umana che “Il loro grido è la mia voce”, come urla il titolo di un’antologia pubblicata da Fazi Editore e presentata prima del reading: che cioè non possiamo non sentirci offesi come esseri umani dagli orrori che stanno accadendo a Gaza, e che questa tragedia ci tocca e ci riguarda da vicino.

la sala piena al Festival Falastin
Tra i poeti invitati, Marco Onofrio ha letto due poesie contenute nel nuovo libro in uscita, “Un uomo è un Uomo”, e che faranno parte di uno spettacolo di poesia e musica che sta preparando con il gruppo da lui recentemente fondato, i “Primo Consumo”. Prima di recitarle, Onofrio ha sottolineato “lo stato di guerra e tensione permanente che dalla pandemia in poi hanno deciso per i popoli e che stanno cercando di imporre dall’alto con la persuasione, le notizie false, le analisi speciose e le doppie morali: da queste premesse così disumane e ingiuste conseguono inevitabili i 56 conflitti oggi in corso nella polveriera planetaria, e l’abominevole genocidio di marca sionista che l’Occidente – a parte la Spagna – stenta a riconoscere e denunciare”. E allora ci pensano i poeti a fare la voce grossa, anche perché (non essendo star del cinema o della TV) hanno poco da perdere. E infatti stanno insorgendo ovunque, così come gli studenti nelle università, per animare un fermento benefico che accenda fuochi e risvegli le coscienze addormentate nell’indifferenza.

Marco Onofrio al Festival Falastin
Qualche giorno dopo il reading palestinese, Marco Onofrio – ancora preda di commozione – ha dichiarato che “la poesia, come sempre nei momenti di emergenza, si rivela a tutti per quello che è: voce autentica dell’Uomo. Per questo è in grado di dar voce a coloro che se l’hanno vista togliere dalla Storia, con violenze e soprusi che fanno ribollire il sangue dei giusti, che per fortuna sono ancora la maggioranza (purtroppo silenziosa) dell’umanità. L’evento del 14 settembre ha dimostrato che la fratellanza umana è possibile, purché si prenda coscienza che il sangue è rosso sotto ogni pelle e non ci si faccia condizionare dagli interessi economici nel giudicare questioni pertinenti all’etica della vita, più che alla geopolitica. Il ributtante genocidio in corso a Gaza è probabilmente il capolinea dell’Occidente e del suo perverso sistema di imperialismo capitalistico, destinato a implodere in tempi rapidi per il bene del mondo. Si denuncino senza mezzi termini non solo le nefandezze dei sionisti, ma anche le connivenze e il mutismo dei complici, altrettanto colpevoli. Noi poeti ci siamo e non vogliamo mollare di un centimetro”.
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Un operatore dell’informazione. Un attivista culturale impegnato a diffondere le buone pratiche che aumentano ed estendono la fruizione del miglior bene immateriale di cui l’umanità dispone: il sapere, la conoscenza, la cultura. Questo il mio intimo a cui mi ispiro e la mia veste “giornalistica”. Professionalmente provengo da esperienze “strutturate” come sono gli Uffici Stampa pesanti: La Lega delle Cooperative, Botteghe Oscure. Ma anche esperienze di primo impatto: Italia Radio; e il mondo delle Rassegne Stampa cooperativa DIRE, Diretel, Rastel, Telpress. Per la carta stampata oltre una esperienza “in proprio” come direttore scientifico della rivista “Vini del Lazio”, ho collaborato con Paese Sera, con L’Unità, con Oggi Castelli.

