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Marino/Casarsa della Delizia. Pier Paolo Pasolini e Marco Onofrio: potenti analisi e denunce, per testimoniare avanguardie delle rivoluzioni dell’anima e della società
17/04/2025Questo articolo è stato letto 800 volte!

Pier Paolo Pasolini, nel manifesto di una mostra organizzata a Verona per il centenario della nascita
Il mese scorso Pier Paolo Pasolini, se fosse stato ancora tra noi, avrebbe compiuto cento anni. Ma, possiamo scommetterci, non lo avremmo visto come un vecchietto appannato, dalle idee vetuste, bensì come un arzillo intellettuale di perenne avanguardia. Di Più: come un intellettuale senza tempo. Tale è la sua forza espressiva che compenetra i contenuti – da indagatore e analista minuzioso – allo scandalo dell’innovazione espressiva. Non a caso, dalla poesia civile ai racconti e romanzi ultra-realistici, all’approccio teatrale e cinematografico, oltre che direttamente e indirettamente alla riflessione politica, i suoi contributi sono sempre riconoscibili per l’alta autonomia nello stile e l’assoluta indipendenza di pensiero. E questo pur riconoscendosi e interagendo da “esterno” col Partito Comunista Italiano, aderendo su grandi temi di fondo e spesso divergendo sui nuovi temi che sconvolgono la società italiana con l’avvento dell’età post-industriale e della “mutazione antropologica” indotta dal consumismo neocapitalistico avanzato. Qui ci piace riportare, a testimonianza/esempio di quanto intendiamo, il suo celebre articolo “Io So”. A lettura avvenuta, seguite pure che cosa mi ha colpito in queste ore, a fronte di un altro poeta, un altro intellettuale di eccellenza, con idee politiche simili, ma dei giorni nostri: Marco Onofrio.
Cos’è questo golpe? Io so di Pier Paolo Pasolini
Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ‘68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio “progetto di romanzo”, sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il ‘68 non è poi così difficile.
(testo completo: https://www.corriere.it/speciali/pasolini/ioso.html)

Marco Onofrio legge con impeto e passione alla Biblioteca Casanatense di Roma
Nella confidenza e frequentazione che ho con Marco Onofrio, può capitare che mi anticipi sue riflessioni. Articoli, spunti, saggi critici: come quelli raccolti nel suo potente e davvero “pasoliniano” libro “Ricordi futuri”, uscito un paio di anni fa e presentato con successo al Bibliopop. In questo caso, come anche in altre occasioni, perfino una poesia inedita appena scritta. E così, appena letta, sconquassante com’è per la tipologia, i contenuti, l’analisi, l’urlo di denuncia direi, non ho potuto fare a meno di vivere la stessa sensazione che ho provato le prime volte (e che rinnovo ogni volta) che mi approccio alle opere di Pasolini. Per questo ho “forzato” un po’ Marco a darmi il via libera affinché potessi proporre questo che non è un “paragone” tra intellettuali, personalità, o stili, o opere compiute; invece – come ritengo – una possibile equivalenza nella suscitazione di estreme, esatte, chirurgiche analisi/denunce, un subbuglio dell’anima, uno squarcio di cielo che, nella drammaticità della fase umana, abbia il coraggio di tracciare un solco deciso tra chi ispira schifo per lontananza dai valori umani, solidali, di giustizia sociale, e chi invece vuole inverare la libera realizzazione degli uomini e delle donne, pur nella consapevolezza della propria succedaneità. Per questo invito a leggere e fare propria tutta la potenza che ispira questa espressione viva, appena prodotta da Marco Onofrio. La poesia si intitola
SCHIFO
Mi fa davvero schifo
questo nuovo ordine mondiale
che gli artefici della
Grande Vessazione
hanno immaginato
al posto nostro.
E i servi-portavoce di regime
ripetono discorsi marmellata
per l’educazione degli schiavi
funzionali a imporre la sottile
persuasione che mistifica
l’opposto d’ogni cosa
argomentata.
Mi fa davvero schifo
questa farsa di pagliacci
in doppiopetto
stupidi quanto astuti
nei loro giochi di prestigio
disonesti come pochi
nella storia.
I popoli, alienati ad arte
dal sistema
sono sotto effetto di narcosi
e assistono impotenti
agli infiniti abusi
di potere.
L’ipocrisia delle parole-arcobaleno
è la vernice a spruzzo sui sepolcri
dove si affrettano a nascondere
gli orrori. E i testimoni?
Muti come pesci imbalsamati
che non hanno visto
oppure giurano che Cristo
è morto di sbadigli,
mentre ai figli manca
un tozzo da mangiare.
La politica dello struzzo
garantisce il diritto
a rimanere uguali
a non cambiare.
Mi fa davvero schifo
la cosiddetta “globalizzazione”
che ha diviso gli individui
nel silenzio della privazione.
È il trionfo, non a caso
della privatizzazione
di beni inalienabili
e comuni.
Automi vegentanti senza cuore
si ribellano invano
e si guardano in cagnesco
tra di loro.
La guerra che contrappone
povero a povero
è il capolavoro dei signori:
quando ne parlano
l’occhio gli luccica
come la coppa con cui
brindano a champagne…
Mi fa davvero schifo
l’abominio che in nome
del profitto
si impone agli equilibri
del pianeta.
I saccheggi finanziari
hanno bisogno di chi
semini ignoranza
tra i nuovi proletari
e imponga col sorriso
l’obbedienza
ai chiusi protocolli
universali.
Estirpare anzitutto
la memoria
perché nutre la coscienza
critica, e sveglia
dal torpore le emozioni.
Mi fa davvero schifo
l’arroganza immane
dei tecnocrati
in combutta coi banchieri
delle multinazionali
e i trafficanti d’armi
da piazzare.
Per vendersi la legna
a caro prezzo
stanno segando l’albero
su cui siamo tutti seduti
a un pelo dall’abisso.
È in pericolo il nido
stesso della vita
e di conseguenza
ciò che siamo!
Ma noialtri, impastati
di dimenticanza,
a domandarci sin dove arriverà
la follia e la sopportazione
di questi 24 criminali
che decidono il destino
a miliardi di persone,
uno ogni ora
tutti i giorni.
Quando e come
tutto questo
finirà?
Marco Onofrio
(15 aprile 2025)
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Un operatore dell’informazione. Un attivista culturale impegnato a diffondere le buone pratiche che aumentano ed estendono la fruizione del miglior bene immateriale di cui l’umanità dispone: il sapere, la conoscenza, la cultura. Questo il mio intimo a cui mi ispiro e la mia veste “giornalistica”. Professionalmente provengo da esperienze “strutturate” come sono gli Uffici Stampa pesanti: La Lega delle Cooperative, Botteghe Oscure. Ma anche esperienze di primo impatto: Italia Radio; e il mondo delle Rassegne Stampa cooperativa DIRE, Diretel, Rastel, Telpress. Per la carta stampata oltre una esperienza “in proprio” come direttore scientifico della rivista “Vini del Lazio”, ho collaborato con Paese Sera, con L’Unità, con Oggi Castelli.