L’uomo bianco, il vuoto e lo sdoganamento dell’odio

L’uomo bianco, il vuoto e lo sdoganamento dell’odio

21/01/2025 0 Di Marco Brancaccia

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È com­pli­ca­to espri­me­re un giu­di­zio su quan­to acca­du­to ieri duran­te l’in­se­dia­men­to del nuo­vo Pre­si­den­te degli Sta­ti Uni­ti. È com­ples­so man­te­ne­re luci­di­tà davan­ti a even­ti che sem­bra­no usci­ti da un libro di sto­ria, come imma­gi­ni di un pas­sa­to remo­to: un mon­do in bian­co e nero fat­to di aerei a eli­ca e pas­si del­l’o­ca.
 
Il gesto di Musk non è uno sci­vo­lo­ne iso­la­to; è par­te di un feno­me­no più ampio che, len­ta­men­te ma ine­so­ra­bil­men­te, si insi­nua nel­le nostre vite, riem­pien­do il vuo­to nel qua­le ci muo­via­mo tut­ti.
Quel gesto, così come le paro­le di Trump par­la­no a tan­ti, tan­tis­si­mi. Negli Sta­ti Uni­ti come in Euro­pa, è il segna­le che colo­ro che fino a ieri era­no sta­ti eti­chet­ta­ti come idio­ti, nega­zio­ni­sti, complottisti—quelli mar­gi­na­liz­za­ti e mes­si da parte—possono alza­re la testa e dire: “Que­sto mi rap­pre­sen­ta, per­ché non ha pau­ra di dire le cose come stan­no”.
 
L’er­ro­re del­la sini­stra occi­den­ta­le è sta­to quel­lo di dire: “Tu sei un idio­ta, sei cat­ti­vo, sei sba­glia­to, quin­di non hai dirit­to di par­la­re né di chie­de­re”. Si è chiu­sa nel pro­prio salot­to a costrui­re un lin­guag­gio riser­va­to a pochi: i bra­vi, gli intel­li­gen­ti, gli “stu­dia­ti”. Nel frat­tem­po, l’uo­mo comu­ne, lascia­to solo sul­la stra­da, ha visto cre­sce­re i suoi pro­ble­mi e, tro­van­do­si sen­za inter­lo­cu­to­ri, ha ini­zia­to a guar­da­re altro­ve. Ha tro­va­to dal­l’al­tra par­te chi quei pro­ble­mi non li risol­ve, cer­to, ma sa come par­lar­ne, sa come rivol­ger­si all’uo­mo comu­ne.
 
Die­tro tut­to que­sto c’è qual­co­sa di pro­fon­do, radi­ca­to nel­la nostra socie­tà: l’odio. Non l’odio rab­bio­so e vio­len­to di chi disprez­za aper­ta­men­te gli altri, ma un odio razio­na­le, sot­ti­le. È il ripie­gar­si sul pro­prio pic­co­lo orto, difen­den­do quei quat­tro car­di pian­ta­ti, maga­ri cer­can­do di schiac­cia­re quel­li del vici­no, che non ha quat­tro car­di, ma solo tre.
È una guer­ra tra pove­ri, com­bat­tu­ta nel vuo­to pneu­ma­ti­co che si nascon­de die­tro i tasti di uno smart­pho­ne.
 
Gior­gio Gaber, in Qual­cu­no era comu­ni­sta, con­clu­de­va così:
E ora?
Anche ora ci si sen­te in due:
Da una par­te l’uo­mo inse­ri­to
Che attra­ver­sa osse­quio­sa­men­te lo squal­lo­re del­la pro­pria soprav­vi­ven­za quo­ti­dia­na,
E dal­l’al­tra il gab­bia­no, sen­za più nean­che l’in­ten­zio­ne del volo,
Per­ché ormai il sogno si è rat­trap­pi­to.
Due mise­rie in un cor­po solo.
 
Il gesto di Musk è que­sto: il buco nel­le ali del gab­bia­no, rim­piaz­za­te da uno scin­til­lan­te aereo pri­va­to. Eppu­re, quell’aereo lo vedia­mo solo attra­ver­so uno scher­mo, men­tre spe­ria­mo che i nostri car­di cre­sca­no un po’ meglio di quel­li del vici­no.

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