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Emanuele Colandrea: il cantante con barba, chitarra e sentimento in musica
17/07/2019Questo articolo è stato letto 3702 volte!
Emanuele Colandrea, nella vita. Più semplicemente Colandrea, per i fan. Originario di Cori, classe ’77, con i suoi testi sta conquistando i palcoscenici capitolini. “Faccio del mio meglio per essere onesto, per essere gentile, per essere pignolo senza dare fastidio”, dice fuori dai denti, elencando scherzosamente i suoi pregi. “Ritardatario ma non troppo (non mi piace arrivare per primo), abbastanza smemorato (metto delle sveglie per ricordarmi qualsiasi cosa), non riesco a volte a essere pignolo senza dare fastidio”, afferma, di contro, quasi a volersi bilanciare. Colandrea è cosi: spontaneo, diretto, verace. Si professa un “romanista, immune però al fascino dello sfottò”, adora le zuppe — “soprattutto quella di cipolle, mi piace a tal punto che ho scritto la ricetta sul muro della cucina” – e ama i giorni in cui “comincio a scrivere una canzone, la birra gelata al mare, comprare vestiti usati e tante altre cose inutili Odio chi butta qualsiasi cosa a terra e odio chi odia facendone addirittura una sorta di vanto, o ancora peggio una cosa normale”. Ha una predisposizione naturale per la barba, che “credo di essermi rasato per bene un paio di volte nella vita, il resto delle volte ho accorciato, tagliuzzato, sfoltito. Forse un giorno la taglierò, per vedere chi c’è sotto”. Di solito, Colandrea, passa il tempo con la chitarra in braccio e in studio a registrare le cose che scrive, per il resto “faccio lavatrici, cucino zuppe, abbraccio Erika”, compagna di vita e compagna di musica. Questo è Colandrea, fuori e dentro i testi, fuori e dentro la musica.
NON ERI SOLISTA, LO SEI DIVENTATO. COME E’ MATURATO QUESTO SALTO? EX MEMBRO DEGLI EVA MON AMOUR E DEI CAPPELLO A CILINDRO, ESPERIENZE CHE TI HANNO INSEGNATO TANTO, CE LE RACCONTI?
“Era giunto semplicemente il momento. A un certo punto ti accorgi che la creatività di gruppo non è più la stessa e tutti cercano altri modi per tirarla fuori. Questo è stato il salto, mettersi ognuno su un altro sentiero non come scelta definitiva ma come scelta cosciente e necessaria. Le band con cui ho suonato (i Cappello e gli Eva appunto) si, mi hanno insegnato e mi hanno dato tanto, ma soprattutto le persone delle band con cui ho suonato mi hanno insegnato e mi hanno dato tanto. Eravamo una band ma eravamo e siamo soprattutto amici, una condizione ideale per condividere al meglio quello che facevamo. Parlarti di tutto il percorso fatto sarebbe raccontarti mille aneddoti romanzati dalla memoria. Ti dirò che è stato tutto molto bello e che forse, col senno di poi, avrei solo bevuto un po’ meno (ride, ndr)”.
ORIGINARIO DELLA PROVINCIA DI LATINA MA CON ROMA NEL CUORE E CHE RICORRE TANTISSIMO NELLE TUE CANZONI. CHE AMORE TI LEGA ALL’URBE ETERNA?
“Diciamo un amore platonico, che poi sono quasi sempre i migliori. Diciamo che amo Roma ma che non ci vivrei mai, ma non per colpa sua. Diciamo pure che amo Roma perché è praticamente impossibile fare il contrario. E poi ROMA al contrario è AMOR”.
“PROMETTO” E’ UN INNO ALLA VITA, UNA BALLATA AUTOBIOGRAFICA? COME QUANDO E PERCHE’ E’ NATA?
“Prometto è nata mentre facevo una delle cose che più ho amato nella vita, costruire forni a legna con mio padre. Mi è venuto in mente il primo verso mentre gli passavo i mattoni refrattari. C’avrò messo 7 minuti a tirarla giù credo, o così mi è sembrato. La cosa difficile è stata ricordarla a memoria fino alla pausa pranzo per poterla appuntare”.
DOMANDA BANALE MA FORSE IMPORTANTE PER CONOSCERTI UN PO’ DI PIU’: COSA VUOI TRASMETTERE CON I TUOI TESTI E LE TUE CANZONI?
“Premetto. Le canzoni sono, secondo me, un risultato finale e non un testo con una musica. Le parole sono anche suono, non solo significato. Premesso questo. La cosa importante per me non è essere compreso o “decifrato”, per me l’importante è correre dietro alle parole e il bello è che le parole e di conseguenza le canzoni, hanno il potere di sfuggire di mano soprattutto a chi le scrive. Sta poi a chi le ascolta farle diventare sberle o carezze”.
COSA BOLLE IN PENTOLA PER IL FUTURO PROSSIMO?
“Ordinare le idee e fare una scrematura delle decine di canzoni ammucchiate nel tempo per farne un disco almeno decente, speriamo bello, anzi bello assai. Poi mettere su un altro progetto, un’altra band (in realtà lo sto già facendo), per sudare di più di quanto faccio di solito”.
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Classe ’82, giornalista pubblicista dal 2012, cronista di strada dal 2007, scrivo ormai da tempo di sport, politica, sociale e cultura. Attualmente collaboro con testate dei Castelli Romani e della Capitale, fornendo al contempo prestazioni e consulenze di comunicazione per numerose realtà territoriali, private e pubbliche. Laziale, teatrante, animale sociale, adoro viaggiare, conoscere e nutrirmi della diversità, del nuovo, dello sconosciuto.