6 persone su 10 non vorrebbero un collega con HIV

6 persone su 10 non vorrebbero un collega con HIV

06/06/2019 0 Di Redazione

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Un’indagine europea sulla consapevolezza e la percezione nei confronti dell’HIV commissionata da IAPAC, Fast-Track Cities e Gilead Sciences, conferma che lo stigma è ancora molto forte anche in Italia

Durante l’ICAR una tavola rotonda sulle Fast Track Cities con Bertrand Audoin dell’International Association of Providers of AIDS Care (IAPAC) sulla necessità di controllare l’epidemia e la riduzione dello stigma che ancora esiste nei confronti delle persone sieropositive

ìDuran­te l’11esima edi­zio­ne di ICAR (Ita­lian Con­fe­ren­ce on AIDS and Anti­vi­ral Research), la con­fe­ren­za ita­lia­na su AIDS e ricer­ca anti­vi­ra­le, attual­men­te in cor­so a Mila­no, si è tenu­ta una tavo­la roton­da sul tema Fast Track Cities, un net­work di cit­tà che si pone l’obiettivo di con­tra­sta­re l’AIDS, ridu­cen­do lo stig­ma e le discri­mi­na­zio­ni nei con­fron­ti di chi ha con­trat­to il virus. Anco­ra oggi la man­can­za di con­sa­pe­vo­lez­za e cono­scen­za nei con­fron­ti dell’infezione da HIV (Human Immu­no­de­fi­cien­cy Virus) e del­la sin­dro­me da immu­no­de­fi­cien­za acqui­si­ta (AIDS) costi­tui­sce un limi­te al con­trol­lo dell’epidemia. Mila­no e Ber­ga­mo, sono le pri­me cit­tà ad ave­re fir­ma­to il pro­to­col­lo.

Una recen­te inda­gi­ne — Is HIV sor­ted — com­mis­sio­na­ta da IAPAC, Fast-Track Cities e Gilead Scien­ces ha ripor­ta­to che qua­si la metà (43%) degli inter­vi­sta­ti resi­den­ti in Ita­lia igno­ra­no che l’HIV sia un virus e solo il 37% è in gra­do di defi­ni­re in modo cor­ret­to la sin­dro­me da immu­no­de­fi­cien­za acqui­si­ta, men­tre cir­ca un quar­to dei cit­ta­di­ni (27%) ritie­ne che HIV e AIDS sia­no sino­ni­mi. Il feno­me­no divie­ne anco­ra più pre­oc­cu­pan­te se si con­si­de­ra che l’87% dei sog­get­ti adul­ti non si ritie­ne a rischio di con­ta­gio e che il 60% non ha mai ese­gui­to un test HIV, men­tre il 40% di colo­ro che l’hanno ese­gui­to alme­no una vol­ta l’hanno fat­to più di 5 anni pri­ma. La man­ca­ta per­ce­zio­ne del rischio e del­le misu­re di pre­ven­zio­ne, si asso­cia ad un approc­cio socia­le nega­ti­vo nei con­fron­ti del­le per­so­ne con infe­zio­ne da HIV. Basti pen­sa­re che il 58% degli inter­vi­sta­ti dice che sareb­be a disa­gio nel lavo­ra­re a fian­co di una per­so­na sie­ro­po­si­ti­va e che esi­ste la pos­si­bi­li­tà di con­ta­giar­si con un bacio, a cau­sa di uno star­nu­to o con­di­vi­den­do del cibo.

L’attitudine socia­le nega­ti­va nei con­fron­ti del­le per­so­ne sie­ro­po­si­ti­ve pone serie bar­rie­re all’ottenimento dell’obiettivo 90–90-90 dell’UNAIDS entro il 2020, in quan­to lo stig­ma disin­cen­ti­va il ricor­so al test e può fre­na­re le per­so­ne sie­ro­po­si­ti­ve dall’accedere pre­co­ce­men­te alle cure fon­da­men­ta­li che oltre a ridur­re la mor­ta­li­tà lega­ta all’AIDS e favo­ri­re una aspet­ta­ti­va di vita pres­so­ché nor­ma­le è uno degli stru­men­ti fon­da­men­ta­li per pre­ve­ni­re la tra­smis­sio­ne di HIV.

Una tera­pia anti­re­tro­vi­ra­le effi­ca­ce che por­ta a livel­li di virus nel san­gue non misu­ra­bi­li (sop­pres­sio­ne vira­le) per alme­no sei mesi con­se­cu­ti­vi vuol dire che il virus non è tra­smis­si­bi­le dal­la per­so­na sie­ro­po­si­ti­va ad un part­ner ses­sua­le sie­ro­ne­ga­ti­vo, le pre­mes­se per il mes­sag­gio U=U (Unde­tec­ta­ble = Untra­smit­ta­ble; Non misu­ra­bi­le = Non tra­smis­si­bi­le), fat­to noto, per ripren­de­re il son­dag­gio pre­ce­den­te, solo ad un mise­ro 16% degli inter­vi­sta­ti.

“Seb­be­ne negli ulti­mi 2 anni si sia regi­stra­to un lie­ve calo del­le nuo­ve dia­gno­si, il tem­po che inter­cor­re tra l’infezione e la dia­gno­si si man­tie­ne costan­te e sfio­ra media­men­te i 5 anni. Que­sto feno­me­no favo­ri­sce il per­du­ra­re dell’epidemia e dimo­stra, anco­ra una vol­ta, che la per­ce­zio­ne del rischio tra la popo­la­zio­ne è bas­sa” dice Fran­co Mag­gio­lo infet­ti­vo­lo­go pres­so la ASST Papa Gio­van­ni XXIII a Ber­ga­mo la secon­da cit­tà ita­lia­na ‘Fast Track’.

FAST TRACK CITIES

Nel­le cit­tà si con­cen­tra una lar­ga pro­por­zio­ne dei sog­get­ti con infe­zio­ne da HIV. Per­tan­to, nei Pae­si ad alto cari­co epi­de­mi­co, un inter­ven­to selet­ti­vo nel­le aeree urba­ne è in gra­do di influen­za­re l’andamento dell’epidemia a livel­lo nazio­na­le. Anche nei Pae­si con mino­re pre­va­len­za di infe­zio­ne da HIV, le cit­tà sono sede di resi­den­za di un lar­go nume­ro di per­so­ne che appar­ten­go­no a popo­la­zio­ni chia­ve a mag­gior rischio di acqui­si­re l’infezione, ma che spes­so rice­vo­no una atten­zio­ne limi­ta­ta all’interno dei pro­gram­mi di pre­ven­zio­ne. Inter­ven­ti effi­ca­ci a livel­lo loca­le pos­so­no modi­fi­ca­re anche in que­sto caso lo svi­lup­po dell’epidemia. Il Pro­get­to Fast-Track Cities pre­ve­de l’istituzione di una rete di col­la­bo­ra­zio­ne glo­ba­le tra più di 350 cit­tà con alta pre­va­len­za di infe­zio­ne da HIV, la IAPAC (Inter­na­tio­nal Asso­cia­tion of Pro­vi­ders of AIDS Care) e l’UNAIDS (Joi­ned Uni­ted Nations Pro­gram­me on HIV/AIDS), l’UN-Habitat (Uni­ted Nations Human Set­tle­men­ts Pro­gram­me e la cit­tà di Pari­gi. L’iniziativa è sta­ta lan­cia­ta in occa­sio­ne del­la Con­fe­ren­za mon­dia­le AIDS del 2014 e per­met­te a comu­ni­tà urba­ne di tut­to il mon­do, sot­to­scri­ven­do la dichia­ra­zio­ne di Pari­gi di entra­re a far par­te di un net­work inter­na­zio­na­le vir­tuo­so.

Per mag­gio­ri infor­ma­zio­ni per favo­re visi­ta­re: http://www.fast-trackcities.org

Is HIV sor­ted?

Il son­dag­gio “Is HIV sor­ted?” è sta­to com­mis­sio­na­to da IAPAC (Inter­na­tio­nal Asso­cia­tion of Pro­vi­ders of AIDS Care), il part­ner tec­ni­co cen­tra­le del­la ini­zia­ti­va Fast-Track Cities e da Gilead Scien­ces. Il son­dag­gio è sta­to con­dot­to su 24.212 adul­ti resi­den­ti in 9 Pae­si dell’Europa occi­den­ta­le ed in 6 dell’est Euro­pa In Ita­lia sono sta­ti coin­vol­ti 2035 per­so­ne di entram­bi i ses­si e di età com­pre­sa tra 18 e 75 anni. L’indagine ave­va come sco­po di valu­ta­re a livel­lo di popo­la­zio­ne gene­ra­le le cono­scen­ze, la con­sa­pe­vo­lez­za e la per­ce­zio­ne sog­get­ti­va sul­la tema­ti­ca dell’infezione da HIV e dell’AIDS. L’indagine è sta­ta con­dot­ta nel giu­gno 2018 dal­la com­pa­gnia indi­pen­den­te di ricer­ca di mar­ket Opi­nium.

Inter­na­tio­nal Asso­cia­tion of Pro­vi­ders of AIDS Care (IAPAC)

La IAPAC è sta­ta fon­da­ta più di tre deca­di orso­no con la mis­sio­ne di miglio­ra­re l’accesso e la qua­li­tà del­la pre­ven­zio­ne, dell’assistenza, del trat­ta­men­to e del e ini­zia­ti­ve di sup­por­to alle per­so­ne affet­ta da infe­zio­ne da HIV e con altre pato­lo­gie cor­re­la­te qua­li l’epatite vira­le e la tuber­co­lo­si. Con più di 30.000 mem­bri a livel­lo glo­ba­le, è la più ampia asso­cia­zio­ne di cli­ni­ci e pro­fes­sio­ni­sti sani­ta­ri che coo­pe­ra­no con mol­te­pli­ci part­ner diver­si per far sì che l’AIDS ces­si di esse­re una cri­ti­ci­tà sani­ta­ria ed epi­de­mio­lo­gi­ca entro il 2030.

L’obiettivo UNAIDS 90–90-90

Il Joi­ned Uni­ted Nations Pro­gram­me on HIV/AIDS (UNAIDS) asse­ri­sce che otte­ne­re l’obbiettivo 90–90-90 è un mez­zo per per­met­te­re sia ai Siste­mi Sani­ta­ri Nazio­na­li che alle Isti­tu­zio­ni Comu­na­li e Loca­li di intra­pren­de­re una stra­da vir­tuo­sa che fac­cia sì che l’AIDS ces­si di esse­re una cri­ti­ci­tà sani­ta­ria ed epi­de­mio­lo­gi­ca entro il 2030. L’obbiettivo pre­ve­de che entro il 2020 si otten­ga che:

il 90% del­le per­so­ne con infe­zio­ne da HIV sia­no a cono­scen­za del loro sta­to (dia­gno­sti­ca­ti)

il 90% del­le per­so­ne dia­gno­sti­ca­te sia­no in tera­pia anti­re­tro­vi­ra­le

il 90% del­le per­so­ne in tera­pia anti­re­tro­vi­ra­le rag­giun­ga­no la sop­pres­sio­ne del­la repli­ca­zio­ne del virus (tera­pia effi­ca­ce)

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