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L’ASSOCIAZIONISMO DEI MIGRANTI NELL’AREA METROPOLITANA DI ROMA
26/11/2018Questo articolo è stato letto 5133 volte!
Presentate il 23 novembre l’indagine e le proposte delle associazioni a istituzioni e Terzo Settore
È stata presentata il 23 novembre — in occasione dell’iniziativa “Vieni a conoscerci” organizzata da CESV-Centro di Servizio per il Volontariato del Lazio, insieme a una rete di 20 associazioni di migranti e ad altre associazioni del territorio in collaborazione con la Regione Lazio — l’indagine L’associazionismo dei migranti nell’area metropolitana di Roma, realizzata all’interno del progetto Ipocad (finanziato dal programma dell’UE FAMI – Fondo Asilo e Migrazione e Integrazione) che ha come capofila la Regione Lazio.
LE ASSOCIAZIONI. La ricerca ha mappato 197 realtà non profit, in gran parte localizzate a Roma (solo il 12% ha sede nell’area metropolitana). Rispetto ai censimenti precedenti, risultano irreperibili 141 associazioni: il 15% ha un’esperienza più che ventennale, il 50% esiste da almeno 10 anni, un 14% è invece nato più di recente. Dati, questi, che ritraggono una realtà dinamica — nella quale alle associazioni ormai storiche se ne affiancano ogni anno di nuove — ma anche fragile, caratterizzata da una mortalità alta e dalla fatica a crescere e a diventare soggetti realmente rappresentativi ed in grado di gestire interventi di media e grande dimensione.
Le realtà censite sono soprattutto organizzazioni di volontariato (40%). Al secondo e terzo posto ci sono le associazioni culturali (26% ) e quelle di promozione sociale (20%). Sono state rilevate anche 6 associazioni di secondo livello. Si tratta in genere di associazioni piccole, per il 94% composte da migranti di prima generazione, anche se ce ne sono 11 composte da seconde generazioni. Ben il 40% è iscritto ad uno o più di uno dei registri pubblici regionali e nazionali (in questo, le associazioni sono sostenute dai Centri di Servizio per il Volontariato del Lazio).
LE MOTIVAZIONI per cui l’associazionismo dei migranti nasce e opera sono riconducibili a 3 macro-obiettivi: promuovere l’inclusione sociale dei migranti; promuovere l’intercultura e la conoscenza reciproca tra società di accoglienza e comunità immigrate; promuovere la cooperazione internazionale e lo sviluppo dei paesi di origine. Quindi hanno finalità orientate sia verso l’interno delle comunità (come il mutuo aiuto e il rafforzamento dei legami comunitari), sia verso l’esterno (come l’integrazione e il dialogo interculturale). Minoritaria, ma qualitativamente significativa, è la finalità della partecipazione politica, legata alle associazioni di seconde generazioni, che si battono per il riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati.
GLI AMBITI DI INTERVENTO principali sono la promozione dei diritti e della cittadinanza (61% degli enti mappati) e la tutela legale e assistenza nelle pratiche amministrative (32%). Nella pratica quotidiana, questo si traduce in numerose attività — campagne di comunicazione, sportelli di segretariato sociale, accompagnamento e intermediazione con i servizi, servizio legale — rivolte nella maggior parte dei casi alle persone straniere in generale. A volte sono invece tarate sulle esigenze di target più specifici come donne migranti, seconde generazioni, persone transessuali.
I PUNTI DI FORZA. Le associazioni di migranti a Roma sono un importante strumento di partecipazione e dialogo, che mette in campo una ricchissima offerta di attività sociali e culturali a beneficio non solo dei migranti, ma di tutta la cittadinanza. Una presenza positiva non solo per ciò che fa, ma anche per l’immagine che trasmette: quella di un fenomeno migratorio che mette a disposizione del territorio energie e capacità e produce capitale sociale. La ricerca svolta a Roma ne mette in luce le potenzialità, ma anche le fragilità, sulle quali bisognerebbe intervenire per sostenerle.
I PUNTI DI DEBOLEZZA. Uno dei punti deboli riguarda certamente le risorse, sia economiche che umane: è difficile reperire sedi a prezzi accessibili, coinvolgere professionalità di alto profilo (fa eccezione la figura del mediatore linguistico-culturale che è presente in molte realtà), fare raccolta fondi. In genere non partecipano a bandi e avvisi pubblici, anche perché non pensano di avere possibilità di vittoria, anche se alcune fanno eccezione, riferendo buone capacità di progettazione.
Altro punto debole è il rapporto con istituzioni e Pubblica amministrazione, le cui logiche e il cui linguaggio sono difficilmente comprensibili, così come le procedure.
Dalla ricerca emergono anche, con evidenza, i bisogni formativi, soprattutto rispetto a: progettazione e gestione dei progetti, amministrazione e gestione economica; comunicazione esterna, promozione e fundraising; aspetti giuridici; gestione organizzativa.
LE PROPOSTE. Durante il seminario che si è svolto nell’ambito dell’iniziativa di oggi, le associazioni hanno presentato quattro proposte alle istituzioni e al Terzo settore, per un lavoro comune che aiuti l’associazionismo a crescere.
La prima riguarda il problema delle sedi, che limita fortemente la capacità delle associazioni di migranti di offrire al territorio attività sociali, culturali, sportive. La proposta è che le istituzioni individuino una o più sedi da destinare a “casa delle associazioni”. Tra l’altro, condividere una stessa sede permetterebbe la nascita di reti e sinergie operative.
La seconda proposta riguarda l’accesso ai finanziamenti attraverso bandi e avvisi pubblici, che in genere prevedono requisiti di accesso che finiscono per escludere gli enti di piccola dimensione e/o di recente costituzione (solidità di bilancio, capacità di cofinanziare l’intervento, ottenimento delle fidejussioni bancarie/assicurative). La proposta è di costruire bandi e avvisi pubblici (almeno sul tema immigrazione) premiando le proposte di progetto che abbiano tra i partner associazioni di migranti.
La terza riguarda i partenariati strategici con le realtà del terzo settore. Un aiuto potrebbe venire attraverso l’impegno di realtà di terzo settore più strutturate di accompagnare la formazione d’aula con forme di tutoraggio e accompagnamento, possibile grazie alla costruzione di partenariati strategici.
La quarta riguarda la partecipazione ai processi di costruzione delle politiche pubbliche: le associazioni di migranti rivendicano un’esperienza diretta e significativa sui temi dell’inclusione sociale e dell’intercultura. La proposta è di promuovere spazi in cui possano essere consultate o partecipare ai processi di co-programmazione sui temi legati alle migrazioni.
La ricerca è stata svolta tra luglio 2017 e marzo 2018 da un gruppo di ricercatori di CESV–Centro Servizi per il Volontariato del Lazio, CEMEA del Mezzogiorno, Assomoldave, Cooperativa Folias, Associazione Tuscolana Solidarietà. Hanno inoltre fornito il loro supporto scientifico ricercatori dell’Università di Tor Vergata e di Studio Come.
LE ASSOCIAZIONI PARTNER. Assomoldave, Associazione Ponte Internazionale, Associazione dei Togolesi del Lazio, CEMEA del Mezzogiorno, Camrol, CESV, Donne a colori, Europaeus, FILAAC, Foleja, Il Mondo Blu, Innova, La Casa Boliviana, Le Rondini, Movimento degli Africani, New Beginning, NCC-CCN, OMCVI, Observo onlus, Tabanka Onlus, Ucraina CreAttiva.
LE ASSOCIAZIONI DEI MIGRANTI A ROMA: UNA REALTÀ DA VALORIZZARE
Sono molte, si basano sul volontariato, fanno tante cose, creano dialogo e positività. Una ricerca ce le racconta
Nell’area metropolitana di Roma l’ associazionismo dei migranti rappresenta una realtà dinamica, in grado di giocare un ruolo positivo nei processi di inclusione e di promozione del dialogo tra comunità straniere e popolazione italiana. La dinamicità si vede dal fatto che, alle associazioni di migranti ormai storiche, se aggiungono di nuove ogni anno. Il ruolo positivo è invece rappresentato dalla ricchissima offerta di attività sociali e culturali, che vanno a beneficio non solo dei migranti, ma dell’intera cittadinanza. Inoltre, l’associazionismo dei migranti può avere un impatto costruttivo non solo per quello che fa, ma anche per la positiva immagine che trasmette: quella di un fenomeno migratorio che mette fattivamente a disposizione del territorio energie e capacità.
Questo non esclude che esistano anche elementi di fragilità: spesso le associazioni hanno vita breve, altre volte continuano ad operare, ma non crescono e stentano a fare quel salto necessario a divenire soggetti più rappresentativi ed in grado di gestire interventi di media e grande dimensione.
Il quadro della situazione è stato ricostruito dalla ricerca “L’ associazionismo dei migranti nell’area metropolitana di Roma”, nell’ambito del progetto Ipocad (finanziato dal programma dell’UE FAMI – Fondo Asilo e Migrazione e Integrazione), che vede come capofila la Regione Lazio. Il lavoro di ricerca è stato svolto tra luglio 2017 e marzo 2018 da un gruppo di ricercatori di CESV – Centro Servizi al Volontariato del Lazio, CEMEA del Mezzogiorno, Assomoldave, Cooperativa Folias, Associazione Tuscolana Solidarietà. Hanno inoltre fornito il loro supporto scientifico ricercatori senior dell’Università di Tor Vergata e di Studio Come.
L’indagine ha preso in considerazione tutte le realtà del Terzo settore (organizzazioni di volontariato, promozione sociale, eccetera), comprese le cooperative, con sede legale nel territorio metropolitano di Roma, che avessero una maggioranza di soci di cittadinanza diversa da quella italiana o una maggioranza del consiglio direttivo (o organi assimilabili) formato da persone di cittadinanza diversa da quella italiana.
LA MAPPA. La ricerca ha mappato 197 realtà presenti sul territorio. Rispetto a censimenti precedenti, risultano avere cessato la proprio attività o comunque risultano irreperibili altre 141 associazioni (il 39% di quelle conosciute): un dato che sta senza dubbio a testimoniare un’alta mortalità dell’ associazionismo dei migranti.
L’88% delle associazioni ha sede legale in uno dei Municipi di Roma: rimane comunque un 12% di associazioni con sede legale negli altri comuni dell’area metropolitana.
Si tratta prevalentemente di organizzazioni di volontariato (40%). Al secondo e terzo posto vi sono le associazioni culturali (26% ) e quelle di promozione sociale (20%). Sono state rilevate anche 6 associazioni di 2° livello, che raggruppano diverse altre associazioni presenti su tutto il territorio nazionale.
Il 15% delle associazioni ha ormai un’esperienza più che ventennale, il 50% esiste da almeno 10 anni. Un 14% è stato invece costituito relativamente di recente: segno, come dicevamo, di una discreta vitalità.
Si tratta in genere di associazioni piccole, per il 94% composta da migranti di prima generazione, anche se ce ne sono 11 composte da seconde generazioni: un fenomeno, questo, sicuramente destinato a crescere. Ben il 40% è iscritto ad uno o più di uno dei registri pubblici regionali e nazionali (in questo, le associazioni sono sostenute dai Centri di Servizio per il Volontariato del Lazio).
LA MISSION. Le associazioni si danno sia finalità orientate all’interno delle comunità migranti (come il mutuo aiuto e il rafforzamento dei legami comunitari), sia finalità orientate all’esterno delle comunità stesse (come l’integrazione e il dialogo interculturale).
Minoritaria, ma qualitativamente significativa, è la finalità della partecipazione politica, llegata alle associazioni di seconde generazioni, che si battono per il riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati.
Gli ambiti di intervento principali sono comunque la promozione dei diritti e della cittadinanza (attività svolte dal 61% degli enti mappati) e la tutela legale e assistenza nelle pratiche amministrative (32%). Nella pratica quotidiana, questo si traduce in molteplici attività come campagne di comunicazione sui diritti, sportelli di segretariato sociale, accompagnamento e intermediazione con i servizi, servizio legale. Queste attività sono rivolte nella maggior parte a stranieri in generale, ma a volte sono invece tarate sulle esigenze di target più specifici come donne migranti, seconde generazioni, persone transessuali, e così via.
Sinteticamente, si può dire che le motivazioni per le quali l’ associazionismo dei migranti nasce e opera sono generalmente riconducibili a 3 macro-obiettivi:
- promuovere l’inclusione sociale dei migranti;
- promuovere l’intercultura e la conoscenza reciproca tra società di accoglienza e comunità immigrate;
- promuovere la cooperazione internazionale e lo sviluppo dei paesi di origine.
ATTIVITÀ E SERVIZI. L’attività più diffusa è sicuramente quella dell’orientamento ed accompagnamento ai servizi. Si tratta anzitutto di informare le persone migranti sulle risorse del territorio – pubbliche e dell’associazionismo – a cui è possibile accedere per ottenere prestazioni utili all’inclusione: servizi sociali, sanitari, percorsi formativi, uffici per l’impiego, eccetera. Spesso le associazioni non si limitano alla sola funzione informativa, ma svolgono un lavoro di accompagnamento, intermediazione, compilazione di domande: un vero e proprio intervento di segretariato sociale.
Alcune associazioni sono impegnate nell’orientamento al lavoro (ce n’è una che si è focalizzata sull’orientamento dei migranti rispetto alla creazione di piccole imprese e un’altra che svolge attività di intrattenimento dei bambini in orario post scolastico, per facilitare le mamme che lavorano). Alcune sono anche impegnate nell’insegnamento della lingua italiana ai migranti. Ce n’è perfino una che si occupa di rimpatrio assistito di migranti che vivono in condizioni di estrema marginalità.
Un altro grosso polo di attività è quello che riguarda l’intercultura e la valorizzazione delle culture di origine dei migranti. Si tratta a ben vedere di un settore all’interno del quale rientrano attività anche molto diverse tra loro, che valorizzano le culture di origine come mezzo per promuovere il dialogo e occasioni di confronto.
Ci sono poi attività che sembrano guardare maggiormente all’interno delle comunità di migranti; in questi casi la finalità è quella di preservare le tradizioni e tenere vivi i legami comunitari. Non si tratta necessariamente di attività in contrasto con quelle su cui abbiamo già posto l’attenzione, ma piuttosto di due esigenze che coesistono.
Una particolare attenzione è riservata alla conservazione della cultura di origine da parte delle seconde generazioni: numerose associazioni organizzano corsi di lingua e cultura di origine, che si tengono dopo l’orario scolastico o nel fine settimana.
Il terzo e ultimo polo di attività, nelle quali sono impegnate le associazioni, è quello che riguarda la cooperazione internazionale e dunque l’aiuto allo sviluppo dei Paesi di origine dei migranti. Queste attività si intensificano in coincidenza di guerre e calamità che coinvolgono i paesi di origine, ma non si esauriscono in queste situazioni.
LE RISORSE. Le risorse – sia le risorse umane che soprattutto quelle economiche – sono forse il problema maggiore, e una delle cause di fragilità dell’ associazionismo dei migranti. Il primo problema riguarda la difficoltà di reperire sedi a prezzi accessibili, il secondo la difficoltà di coinvolgere professionalità di alto profilo (fa eccezione la figura del mediatore linguistico-culturale che è presente in molte realtà), il terzo è la raccolta fondi.
Il principale canale di raccolta fondi per le associazioni dei migranti sembra essere quello delle sottoscrizioni tra i soci, che può assicurare il minimo indispensabile per portare avanti le attività, ma non permette certo la raccolta di somme importanti.
Alcune associazioni più intraprendenti riescono tuttavia ad assicurarsi donazioni da soggetti privati, spesso da imprenditori od organizzazioni legate a quella specifica comunità.
Per buona parte delle associazioni è complicato fare fund raising oltre la ristretta cerchia dei soci e della comunità di appartenenza, tuttavia alcune stanno sperimentando piccole campagne. In generale si tratta di organizzare interventi sul territorio per la raccolta di fondi legati a una particolare causa. Nessuna associazione ha riferito invece di aver portato avanti esperienze di crowdfunding on line.
L’ Àassociazionismo dei migranti in genere non partecipa a bandi e avvisi pubblici, anche perché non pensa di avere reali chance di vittoria, ma ce ne sono alcune che fanno eccezione, e che riferiscono di avere una buona capacità di progettazione.
La carenza di fondi si ripercuote ovviamente sulla possibilità di retribuire personale. Le associazioni di migranti si caratterizzano pressoché universalmente come enti basati sul volontariato.
Il report completo della ricerca “L’ associazionismo dei migranti nell’area metropolitana di Roma” si trova qui: report ricerca Roma 1
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