Pomptina Palus: il rapporto tra uomo e ambiente alla luce dei dati archeologici

Pomptina Palus: il rapporto tra uomo e ambiente alla luce dei dati archeologici

16/03/2017 0 Di Marco Castaldi

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Saba­to 18 Mar­zo, alle ore 16:30, l’archeologo Gian­lu­ca Manda­tori pros­egue il pri­mo ciclo di con­feren­ze del 2017 pres­so il Museo del­la Cit­tà e del Ter­ri­to­rio di Cori.

‘Pompti­na Palus: il rap­por­to tra uomo e ambi­ente alla luce dei dati arche­o­logi­ci’ è il tito­lo dell’incontro con l’archeologo Gian­lu­ca Manda­tori, che si ter­rà saba­to 18 Mar­zo, alle 16:30, al Museo del­la Cit­tà e del Ter­ri­to­rio di Cori, nell’ambito del pri­mo ciclo di con­feren­ze del 2017 pro­mosso dal­la Direzione sci­en­tifi­ca del Museo, dalle asso­ci­azioni cul­tur­ali Arca­dia e Ami­ci del Museo e dall’Assessorato alla Cul­tura del Comune di Cori, che ter­min­erà saba­to 29 Aprile con ‘Gli archivi ritrovati. Tes­ti­mo­ni­anze doc­u­men­tarie dalle chiese di Cori monte dis­trutte nel 1944’ a cura di Lau­ra Carpi­co. Il 25 e 26 Mar­zo il Museo aderirà alle Gior­nate FAI di Pri­mav­era e saba­to 20 Mag­gio alla Notte Euro­pea dei Musei.

Con questo inter­ven­to si offrirà – in maniera divul­ga­ti­va, ma pun­tuale – un prospet­to sulle Palu­di Pon­tine in età romana, rileggen­do e cor­reggen­do, alla luce delle fonti antiche e delle più recen­ti indagi­ni arche­o­logiche, la visione fino­ra con­sol­i­da­ta che vede­va in ques­ta porzione del ter­ri­to­rio laziale una sor­ta di granaio, poi abban­do­na­to a causa del sopravvenu­to impalu­da­men­to. In par­ti­co­lare, si farà rifer­i­men­to alla sis­temazione agraria del ter­ri­to­rio, alla sua sfor­tu­na­ta col­o­niz­zazione, nonché ai prin­ci­pali inter­ven­ti di bonifi­ca anti­ca; si met­ter­an­no, inoltre, in evi­den­za quelle carat­ter­is­tiche geo­logiche, san­i­tarie ed ambi­en­tali che lo resero di dif­fi­cile ges­tione, tan­to da con­durre al suo rad­i­cale – ma mai com­ple­to – abban­dono.

Resisten­ti ad ogni for­ma di risana­men­to, le Palu­di Pon­tine, il cui sfrut­ta­men­to era sta­to per sec­oli lega­to ai cicli sta­gion­ali del­la cac­cia, del­la pesca e delle colti­vazioni di sus­sis­ten­za, ces­sarono di rap­p­re­sentare uno spazio vitale agli occhi del colono romano quan­do, con il cam­bi­a­men­to delle dinamiche eco­nomiche, si passò allo sfrut­ta­men­to inten­si­vo dei lat­i­fon­di: fu allo­ra – sul finire del II sec­o­lo a.C. – che iniziarono ad essere raf­fig­u­rate in tut­ta la loro ogget­ti­va inospi­tal­ità. Un excur­sus stori­co, let­ter­ario ed arche­o­logi­co, quin­di, che – spazian­do nell’arco di qua­si un mil­len­nio – con­tribuirà a fare luce su un set­tore del Lazio Merid­ionale che, per la sua sin­go­lar­ità, ha affas­ci­na­to gen­er­azioni di viag­gia­tori e stu­diosi.

Mar­co Castal­di

Addet­to Stam­pa & OLMR

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