Stop all’espansione indiscriminata delle coltivazioni di kiwi. Il Sindaco di Cori: sta determinando problemi di approvvigionamento idrico

Stop all’espansione indiscriminata delle coltivazioni di kiwi. Il Sindaco di Cori: sta determinando problemi di approvvigionamento idrico

25/10/2016 0 Di Marco Castaldi

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I dati: il Comune di Cori con 59 aziende e cir­ca 165,5 ettari colti­vati a kiwi è il 5° paese pon­ti­no pro­dut­tore di actini­dia, pre­ce­du­to solo da Cis­ter­na, Lati­na, April­ia e Ser­mon­e­ta. Dall’inizio del 2000, nel­lo stes­so com­pren­so­rio, cir­ca 4000 ettari vitati e olive­tati sono sta­ti sos­ti­tu­iti dal kiwi, ed oggi ques­ta è tra le zone ital­iane a mag­giore con­cen­trazione di impianti spe­cial­iz­za­ti (qua­si 2000).

“È nec­es­sario arrestare l’espansione indis­crim­i­na­ta delle colti­vazioni di kiwi nel nos­tro ter­ri­to­rio e rilan­cia­re quelle tipiche del­la vite e dell’olivo.” È ques­ta l’esortazione del Sin­da­co di Cori Tom­ma­so Con­ti alle isti­tuzioni pre­poste e agli oper­a­tori del set­tore alla luce dell’attuale situ­azione agri­co­la locale, carat­ter­iz­za­ta nell’ultimo ven­ten­nio da un aumen­to ecces­si­vo delle pianta­gioni di actini­dia nel­la provin­cia di Lati­na e nell’area nord in par­ti­co­lare.

A leg­gere i dati dell’ultimo cen­si­men­to dell’agricoltura la ques­tione coin­volge anche il Comune di Cori che con 59 aziende e cir­ca 165,5 ettari colti­vati a kiwi è il 5° paese pon­ti­no pro­dut­tore di actini­dia, pre­ce­du­to solo da Cis­ter­na, Lati­na, April­ia e Ser­mon­e­ta. Dall’inizio del 2000, nel­lo stes­so com­pren­so­rio, cir­ca 4000 ettari vitati e olive­tati sono sta­ti sos­ti­tu­iti dal kiwi, ed oggi ques­ta è tra le zone ital­iane a mag­giore con­cen­trazione di impianti spe­cial­iz­za­ti (qua­si 2000).

Una cresci­ta incen­ti­va­ta anche da un’errata pro­gram­mazione agri­co­la degli enti pub­bli­ci sovra­co­mu­nali, col finanzi­a­men­to delle imp­rese che impiantano kiwi al pos­to di vite e oli­vo, in nome di una mag­giore red­di­tiv­ità del prodot­to, che però potrebbe in futuro venire meno a fronte di una sovrap­pro­duzione di ques­ta pianta orna­men­tale da gia­rdi­no di orig­i­ni cine­si del tut­to sle­ga­ta dal­la fisiono­mia indi­ge­na dell’agro pon­ti­no e delle colline lep­ine.

“Oltre a rap­p­re­sentare un prob­le­ma dal pun­to di vista pae­sis­ti­co – spie­ga il pri­mo cit­tadi­no corese — le colti­vazioni di kiwi stan­no deter­mi­nan­do prob­le­mi all’approvvigionamento idri­co, in quan­to com­por­tano ingen­ti con­su­mi di acqua che deter­mi­nano un abbas­sa­men­to del­la fal­da – e pun­tu­al­iz­za – per non par­lare del fat­to che molti dei pozzi da cui si attinge acqua per le col­ture non sono nep­pure cen­si­ti e dunque non si paga nul­la per il suo uti­liz­zo.”

Da qui l’invito per un impeg­no col­let­ti­vo ed imme­di­a­to a recu­per­are e val­oriz­zare le col­ture autoc­tone come l’olivo e la vite che per sec­oli han­no cos­ti­tu­ito i pilas­tri dell’economia rurale di terre come il Lazio per­ché, affer­ma il Sin­da­co Con­ti – “nelle realtà come Cori dove si lavo­ra e si investe in ques­ta direzione con un sapi­ente mix di inno­vazione e tradizione, i risul­tati e le sod­dis­fazioni non man­cano, sia per i pro­dut­tori che per l’intero indot­to.”

Mar­co Castal­di

Addet­to Stam­pa & OLMR

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