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Roma: contro il nuovo bando di iscrizione ai nidi, lettera al Commissario Tronca e presidio di protesta in Campidoglio
13/04/2016Questo articolo è stato letto 4751 volte!
Roma: contro il nuovo bando di iscrizione ai nidi, lettera al Commissario Tronca e presidio di protesta in Campidoglio
L’associazione Onda Gialla e l’Associazione Generale Cooperative Italiane hanno richiesto un incontro urgente al Commissario Straordinario di Roma Francesco Paolo Tronca per discutere delle ipotesi previste nel nuovo bando degli asili nido per l’anno educativo 2016/2017, che l’Amministrazione Comunale intende adottare a breve. In sostanza, in sede di iscrizione i genitori saranno obbligati a indicare — tra le sei opzioni disponibili — dapprima 3 nidi comunali e, solo in alternativa, 3 nidi privati in convenzione. Tale provvedimento, oltre a limitare enormemente la libertà di scelta delle famiglie, le espone a pesanti disagi laddove la struttura pubblica più vicina risulti comunque distante dal quartiere di provenienza. Con questa decisione, a nostro avviso, si rischia solo di replicare il flop dello scorso anno educativo, che ha determinato almeno 1.500 iscrizioni in meno e altrettanti posti vuoti nei nidi romani. Tale scelta amministrativa, inoltre, rischia di certificare la chiusura di numerosi servizi convenzionati, già in grave sofferenza per i posti rimasti vacanti nell’anno educativo in corso e per i continui ritardi nei pagamenti delle quote da parte del Comune.
In occasione della Maratona di Roma, Onda Gialla ha chiamato a raccolta un centinaio di persone per manifestare contro la smantellamento del sistema integrato pubblico-privato. E giovedì 14 aprile, alle ore 17.30, sarà in Campidoglio insieme alle altre sigle – con gestori, educatrici e genitori dei nidi convenzionati — per fare pressione affinché il Prefetto Tronca riveda la decisione presa. Confidiamo di poter avere presto un confronto che ci rassicuri riguardo le nostre perplessità e che possa dare inizio ad un percorso di collaborazione proficuo per tutti, soprattutto per i bambini e le bambine di Roma.
CHI LI HA VISTI???? DOVE SONO I BAMBINI A ROMA?
Forse non tutti sanno che a Roma i bambini sono “spariti”, almeno dai nidi comunali e dai nidi privati accreditati. In che senso?
Nei nidi di Roma sono “spariti” quasi 1500 bambini, cifra che corrisponde al numero dei posti vuoti nei nidi comunali e nei nidi privati accreditati.
Questo significa che ad oggi in quasi tutte le strutture di Roma Capitale ci sono posti “vuoti” e nidi che funzionano al di sotto della loro capienza. Contemporaneamente però ci sono le liste d’attesa e famiglie che non possono usufruire del servizio nido pur avendolo richiesto.
Qualcuno si è domandato come mai assistiamo a questo fenomeno, inedito per Roma, e detto francamente abbastanza sconcertante? Sembrerebbe di no e quindi ci proviamo noi.
Intanto un dato appare lampante:
E’ evidente che negli ultimi 5 anni c’è stato un calo considerevole dei bambini a Roma, che solo nel passaggio dal 2014 al 2015 è quantificabile nel 4% di bambini in meno. Questo a fronte di un calo “nazionale” inferiore (3%).
Sappiamo tutti che vivere a Roma non è facile e forse questi dati ci dovrebbero far capire che è ancora più difficile per le famiglie e per i bambini.
Di fronte a questo l’amministrazione comunale cosa fa? Come aiuta e sostiene le famiglie con bambini piccoli nella nostra città?
Aumenta le rette, diminuendo contestualmente l’offerta sia da un punto di vista meramente quantitativo che qualitativo.
Parlando dell’aumento delle rette vediamo cosa significa nel caso di una retta per l’orario nido 8.00–16.30.
Come è chiaro l’aumento delle quote è stato considerevole, sia per i redditi più bassi che per quelli più alti. Nel primo caso infatti, con gli aumenti già previsti per il prossimo anno, le famiglie vedranno un aumento del 20%, mentre per le famiglie con un reddito ISEE più alto si arriva ad aumento in soli due anni di circa il 47%.
Facendo un raffronto con Milano, dove peraltro il reddito delle famiglie è mediamente più alto, dobbiamo notare che le famiglie usufruiscono dell’esenzione dal pagamento per un reddito isee fino a 6.500 euro, che per un reddito isee fino a 26.000 euro la tariffa di Roma supera quella di Milano già per questo anno (ma le tariffe aumenteranno il prossimo anno) e che solo per redditi isee superiori a 27.000 euro la tariffa di Milano è di poco più alta di quella di Roma. Nel frattempo a Roma, si eliminano le esenzioni per i terzi figli che si trasformano in “sconti” solo nel caso di redditi ISEE bassi.
Peraltro questi aumenti delle quote vengono quasi totalmente assorbiti dal Comune, anche nel caso dei nidi privati accreditati perché mentre il Comune ha aumentato di minimo il 13% le tariffe alle famiglie già nel 2015, ha riconosciuto ai nidi privati accreditati solo il 3,5% in più.
Tutto questo a fronte di un aumento del tempo-scuola e/o di una qualità stratosferica?
Vediamo la realtà: la manutenzione dei servizi comunali è assai scarsa, la formazione è diminuita sia per i coordinatori che per gli operatori dei servizi, non è più prevista la formazione congiunta pubblico-privato, il monitoraggio dei servizi privati è andato “scemando” nel tempo. Aggiungiamo la riduzione degli orari di apertura, le chiusure natalizie, pasquali, dei ponti e quasi totale, per i servizi comunali, nel mese di luglio. Nel bando 2015–2016 è facile verificare che un numero “risibile” di strutture rimane aperto dopo le ore 17.00 e tutti i servizi convenzionati funzionano solo fino alle ore 16.30 (per precisa scelta dell’Amministrazione). Tanto per non farci mancare niente possiamo anche aggiungere gli scioperi e le chiusure dei servizi comunali. E quanto si sia poi investito sulla qualità dei servizi sarebbe un lungo discorso tutto da fare.
Nel frattempo anche l’iscrizione è diventata una corsa ad ostacoli, esclusivamente on-line senza neppure più il supporto dei CAF (con cui lo scorso anno non è stata rinnovata la convenzione) e con una notevole complicazione nella compilazione dei dati utili per il calcolo dell’ISEE.
Infine l’ultimo bando, 2015–2016, è stato emanato con grande ritardo e le graduatorie definitive sono state pubblicate a luglio 2015, lasciando le famiglie in una grande incertezza rispetto alla necessità di organizzarsi per l’anno successivo.
L’insieme di questi fattori, come era prevedibile, ha determinato il calo delle domande e delle effettive iscrizioni provocando il “fenomeno” dei posti vuoti nei nidi, ripetiamo pari a circa 1500 bambini in meno. Sappiamo anche però che questi servizi, proprio per la loro natura di accoglienza di bambini piccoli vanno inevitabilmente incontro al fenomeno delle rinunce.
Per cui ai posti vuoti a settembre vanno senz’altro aggiunti le rinunce in corso d’anno, che a fronte di liste d’attesa “ridotte” faticano ad essere coperti e che sono difficilmente quantificabili, ma che sicuramente vanno ad aumentare il numero di 1500 posti vuoti.
Ad esempio sappiamo che nel 1° Municipio a fronte di 25 posti vuoti ad ottobre 2015, ad aprile 2016 ne risultano vuoti 52, con un aumento di più del 100%.
Fenomeno delle rinunce che riguarda in particolare i nidi comunali, dove le famiglie si iscrivono, ma con altrettanta facilità rinunciano al posto disponibile.
Infatti, analizzando il fenomeno, è facile verificare che la maggior parte dei posti vuoti, al netto delle rinunce, bsono nei servizi privati (57% pari a 821 posti vuoti nei privati a fronte del 43% pari a 627 nei nidi comunali).
Quindi è il privato a “soffrire” di più di questa situazione anche perché negli ultimi anni il numero di servizi privati in convenzione è cresciuto in modo considerevole, spesso senza una pianificazione “locale” che ancorasse le nuove convenzioni ai bisogni del territorio.
Infatti un altro dato interessante riguarda la “dislocazione” dei posti vuoti:
Come è evidente ci sono territori in cui si “assiepano” la maggior parte dei posti vuoti (4°,7°,10°, 13° e 14 Municipio) e altri appena “toccati” dal fenomeno. Con enormi disparità tra territori diversi.
Infine vale la pena verificare anche la distribuzione dei posti vuoti all’interno delle tre grandi fasce d’età accolte dal nido ovvero piccoli/medi/grandi. Anche in questo caso infatti la distribuzione dei posti vuoti è lungi dall’essere omogenea:
Di fatto la stragrande maggioranza dei posti vuoti sono nel gruppo dei bambini grandi (44%) a cui dobbiamo però sommare anche le sezioni ponte e gli spazi be.bi che comunque accolgono i bambini a partire dai 18 mesi arrivando così ad una percentuale di circa il 67% .
E’ evidente quindi che da un lato ci sono forte disomogeneità territoriali e dall’altro che sono i genitori dei bambini grandi a fare meno domanda di nido (pubblico e privato convenzionato) forse anche in funzione dell’anticipo scolastico e della scarsa conoscenza del pianeta nido. Perché sembrerebbe che si entra al nido da piccoli/medi o non si entra affatto scegliendo casomai di andare in anticipo alla scuola dell’infanzia, seguendo un trend ormai consolidato anche a livello nazionale.
Nel frattempo sappiamo dei problemi di organico dei nidi comunali, dove in ogni struttura, si è proceduto a realizzare contratti per supplenze annuali per l’anno 2015–2016 anche nei servizi con posti vuoti, mentre per i nuovi modelli organizzativi “si prevede la sostituzione di tutte le assenze degli educatori, indipendentemente dalle presenze dei bambini, nel limite massimo dell’organico previsto per ciascuna struttura”, con evidente danno erariale per la collettività.
E poi il danno oltre la beffa.
Roma Capitale, che ha determinato con le proprie scelte la riduzione delle domande nido per tutti (con la non trascurabile differenza che nei servizi privati tale riduzione è a carico dei soggetti gestori, mente nei servizi pubblici è a carico della collettività) sceglie di “proteggersi” per evitare un danno erariale, come ci è stato detto, decidendo di emanare il prossimo bando 2016–2017 limitando le scelte delle famiglie e costringendole a scegliere prioritariamente i servizi comunali. Senza nessuna analisi reale dei motivi che hanno determinato tale situazione e senza tener conto che ad oggi, servizi comunali che funzionano a scartamento ridotto, hanno un costo per la collettività come se funzionassero a pieno regime, con un danno erariale non potenziale, ma già presente.
Forse le nostre analisi saranno sbagliate, forse i nostri dati saranno parziali, ma se questi sono i dati e questa è la realtà, allora limitare le scelte delle famiglie, “costringendole” a valutare i servizi, in prima battuta, esclusivamente sulla base della gestione pubblica o privata, piuttosto che su valutazioni e scelte personali e/o legate all’organizzazione famigliare, significa modificare profondamente l’assetto dei servizi per come noi oggi lo conosciamo, operando un taglio lineare con una logica esclusivamente “protezionistica”. Sappiamo però che il “protezionismo” non ha mai premiato e nel nostro caso potrebbe portare ad un ulteriore decremento della domanda per tutti, pubblico e privato convenzionato, soprattutto laddove la domanda è già scarsa.
Con ulteriori conseguenze tutte facilmente immaginabili: creazione di servizi nido di serie A e di serie B, minori entrate per le casse comunali, perché se nei nidi comunali si concentreranno solo famiglie con bassi redditi questo significa anche rette più basse, maggiore difficoltà di lavoro delle educatrici in queste strutture, un gran favore al privato “puro” o “selvaggio” che a questo punto, viste le tariffe comunali, diventa assolutamente concorrenziale con il servizio pubblico o convenzionato che sia.
Ci piace concludere citando la RELAZIONE ANNUALE ASPL DI ROMA CAPITALE 2015, dove si nota che “in media 28 bambini su 100 da 0 a 2 anni residenti a Roma hanno presentato la loro richiesta di iscrizione agli asili nido comunali o convenzionati. Questo significa che due terzi delle famiglie romane con bambini piccoli decidono di non presentare domanda o vi rinunciano, probabilmente scoraggiate dalle difficoltà di ottenere un posto”, non sapendo forse che oggi loro rinunciano a fare domanda, mentre i nidi sono “vuoti”. “In altri casi, tale decisione è motivata da una scarsa fiducia (ndr: soprattutto nel servizio pubblico) nella qualità del servizio, ma anche da un’offerta che, in termini di orari e localizzazione, non sempre si adatta alle esigenze familiari”.
NIDI CONVENZIONATI PRIVATI
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Mi complimento per l’articolo, ricco di dati statistici. Conosco bene il problema come marito della proprietaria di due asili in convenzione. Ma vi è un punto che l’articolo non mette in adeguata evidenza. Gli asili convenzionati sono “equiparati” a quelli pubblici, e lo sono a seguito della firma di un contratto; la convenzione, appunto. Quindi un PA che agevoli in qualunque modo una azienda, seppure comunale, rispetto ad un’altra compie un reato e lede uno dei principi fondamentali del libero mercato e, in questo caso, anche della libera scelta dell’utente finale, favorendo quindi la concorrenza sleale che non è ammessa dal nostro Codice Civile. Punto. Torchia non potrà non tenerne conto, specie se gli asili privati in convenzione avranno la forza (ma lo dubito) di adire per vie legali nelle sedi opportune. In fondo siamo un popolo di pecore belanti e quindi meritiamo che annualmente i lupi ci sbranino.