Giornata mondiale delle migrazioni La Città di Cori ricorda il suo passato migratorio

Giornata mondiale delle migrazioni La Città di Cori ricorda il suo passato migratorio

16/01/2016 0 Di Marco Castaldi

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Cori, 1911 - Scuola Popolare (foto di Q. Corsetti)In occa­sio­ne del­la 102^ Gior­na­ta Mon­dia­le del­le Migra­zio­ni che si cele­bra dome­ni­ca 17 Gen­na­io 2016, l’Istituto Com­pren­si­vo Sta­ta­le ‘Cesa­re Chio­min­to’ ricor­da il feno­me­no migra­to­rio core­se a caval­lo tra XVIII e XIX seco­lo, come rico­strui­to nel 2004 da una ricer­ca del­le clas­si 3^ A e C del­la scuo­la media di Cori ‘A. Mas­sa­ri’, coor­di­na­te dal prof. Etto­re Ben­for­te e dal­la dott.sa Del­fi­na Lica­ta, in col­la­bo­ra­zio­ne con l’Archivio Sto­ri­co Comu­na­le.

Alla fine del XIX seco­lo Cori con­ta­va cir­ca 8000 abi­tan­ti che arri­va­ro­no a qua­si 9700 alla fine degli anni ‘30, per lo più brac­cian­ti e pic­co­li con­ta­di­ni. La mag­gior par­te degli emi­gran­ti core­si era­no uomi­ni tra i 18 e i 40 anni, che spes­so rien­tra­va­no in patria, e le mete pre­fe­ri­te era­no le Ame­ri­che, anche se vi era una con­si­sten­te emi­gra­zio­ne sta­gio­na­le ver­so le regio­ni del nord Ita­lia e la Fran­cia.

Nel perio­do 1890–1930 ci fu un eso­do medio di cir­ca 80–100 per­so­ne l’anno, con pun­te di 200–300 in alcu­ni momen­ti: solo la for­te nata­li­tà del tem­po ed il rien­tro di una par­te degli emi­gra­ti per­mi­se alla popo­la­zio­ne core­se di man­te­ner­si sta­bi­le per tut­to il qua­ran­ten­nio di rife­ri­men­to.

Un note­vo­le con­tri­bu­to all’economia loca­le era dato dal­le rimes­se degli emi­gra­ti che, se da un lato rap­pre­sen­ta­va­no un ritor­no eco­no­mi­co per il pae­se, dall’altro, offren­do un’immagine del suc­ces­so dell’emigrante in ter­ra stra­nie­ra, invo­glia­va­no altri core­si ad emi­gra­re.

Non tut­ti però tro­va­va­no for­tu­na all’estero, la vita degli emi­gra­ti era pre­ca­ria, con­ti­nua­men­te espo­sti a disa­gi di inse­ri­men­to e mor­te duran­te il viag­gio. Famo­se a Cori era­no le ‘vedo­ve bian­che’, don­ne che non ebbe­ro più noti­zie dei loro mari­ti e vis­se­ro con l’incognita del­la loro mor­te o scom­par­sa, più o meno volu­ta.

Arri­va­ti a desti­na­zio­ne, inol­tre, di soli­to veni­va­no sele­zio­na­ti e chi non rispon­de­va ai requi­si­ti veni­va rispe­di­to a casa, dove il sen­so di scon­fit­ta ne segna­va per sem­pre la vita. Poi­ché gran par­te del­la popo­la­zio­ne era semia­nal­fa­be­ta, anche a Cori ven­ne­ro isti­tui­ti dei cor­si spe­cia­li per gli emi­gran­ti al fine di dotar­li di un mini­mo di for­ma­zio­ne cul­tu­ra­le e pro­fes­sio­na­le che potes­se ren­de­re più age­vo­le la loro tra­ver­sa­ta (foto di Q. Cor­set­ti: Cori, 1911 — Cori, 1911 — Scuo­la Popo­la­re).

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