‘Quando la pittura parla’, è uscito il libro di Stfania Macioce

‘Quando la pittura parla’, è uscito il libro di Stfania Macioce

27/11/2018 0 Di puntoacapo

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di Dario De Marchi

A passeg­gio tra i mis­teri del lin­guag­gio dell’arte nel­la pit­tura e nel­la musi­ca

«Quan­do la pit­tura par­la – Retoriche ges­tu­ali e sonore nell’arte»del­la prof. Ste­fa­nia Macioce — Gange­mi Edi­tore – Roma — pag. 142 – 24.00 €

Un libro utile anche al mon­do del­la comu­ni­cazione

Roma, nov. 18 — A passeg­gio tra i mis­teri del lin­guag­gio dell’arte nel­la pit­tura e nel­la musi­ca per sco­prire gli avvin­cen­ti seg­reti dell’oratoria e del­la retor­i­ca nell’arte. La retor­i­ca clas­si­ca è infat­ti il fon­da­men­to per com­pren­dere la comu­ni­cazione attra­ver­so i gesti. Un’ap­pro­fon­di­ta indagine su questo aspet­to poco noto, por­tan­do un prezioso squar­cio di conoscen­za, la com­pie il libro «Quan­do la pit­tura par­la – Retoriche ges­tu­ali e sonore nell’arte»del­la prof. Ste­fa­nia Macioce, docente di sto­ria del­l’arte alla Sapien­za Uni­ver­sità di Roma, pub­bli­ca­to da Gange­mi Edi­tore. Una ricer­ca che por­ta den­tro alle opere d’arte riv­e­landosi utile non solo agli appas­sion­ati e stu­diosi d’arte, ma ad una soci­età in cui la comu­ni­cazione è diven­ta­ta fon­dante ed essen­ziale.

Guardare un quadro e darne un giudizio esteti­co sul­la base del­l’im­pat­to visi­vo e artis­ti­co, infat­ti, non bas­ta. Per­ché in gran parte dei dip­in­ti l’au­tore ha fat­to pro­pri ele­men­ti di retor­i­ca, di ges­tu­al­ità, di sim­bolo­gia che van­no ben oltre all’aspet­to mera­mente visi­vo, così che la sua opera ‘par­la’, comu­ni­ca sen­ti­men­ti e pas­sioni, attra­ver­so un lin­guag­gio ver­bale e fisi­co inten­sa­mente espres­si­vo.

Con «Quan­do la pit­tura par­la – Retoriche ges­tu­ali e sonore nell’arte», Ste­fa­nia Macioce esplo­ra le per­ma­nen­ze del­la retor­i­ca anti­ca, cod­i­fi­ca­ta da gran­di ora­tori e rétori, nei trat­tati di pit­tura. Come l’oratore, il pit­tore deve saper coin­vol­gere il pro­prio pub­bli­co sti­molan­do emozioni, parte­ci­pazione e com­mozione sec­on­do l’antico ada­gio: «docere, delectare, movere», ossia «inseg­nare, dilettare, com­muo­vere». Si trat­ta di una comu­ni­cazione silen­ziosa di affet­ti, moni­ti mora­leg­gianti, temi sapien­ziali, nar­razioni storiche o valen­ze estetiche. Ciò avviene anche nell’ambito musi­cale ove, dal Rinasci­men­to a tut­to il Baroc­co, il musi­co è equipara­to all’oratore. Musi­ca e pit­tura si coni­ugano nei quadri di Pietro Paoli­ni, un attraente quan­to sin­go­lare car­avaggesco luc­ch­ese; nel­la sua pit­tura che ritrae vil­lani, aris­to­crati­ci e stru­men­ti musi­cali con­fluis­cono fre­quen­tazioni poet­iche, acca­d­e­miche, con­sue­tu­di­ni di un tem­po anti­co ed inter­es­si musi­cali. Le pose e i gesti, anche nei dip­in­ti, sono nec­es­sari alla comu­ni­cazione quan­to le parole, ne poten­ziano l’efficacia in una sor­ta di met­alin­guag­gio carat­ter­iz­za­to da un sis­tema di seg­ni. Alcu­ni esem­pi:

«Manus loquax»(mano elo­quente), l’indice e il medio prote­si, men­tre le restanti dita restano chiuse: ser­vono per indi­care che la figu­ra sta tenen­do un dis­cor­so (Giot­to nel­la Cap­pel­la degli Scroveg­ni a Pado­va, nell’«Annun­cio a Sant’Anna», nel «Sac­ri­fi­cio di Gioacchi­no»e nel­la «Res­ur­rezione di Laz­zaro»).

«Dis­pu­ta­tio», con­trazione delle prime tre dita: il com­puto dig­i­tale è un gesto con­ven­zionale, dal val­ore icono­grafi­co, sta­bil­mente imp­ie­ga­to per carat­ter­iz­zare sogget­ti coin­volti in argo­men­tazioni filoso­fiche (Car­avag­gio,«San Mat­teo e l’angelo»a Roma, Cap­pel­la Con­tarel­li, San Lui­gi dei France­si).

Sec­on­do Leon Bat­tista Alber­ti, i pit­tori devono essere ora­tori e così anche i musi­ci, in base ai trat­tati del ‘500 e ‘600, devono com­por­tar­si come ora­tori appli­can­do le regole retoriche nel­la voce e nell’esecuzione musi­cale per coin­vol­gere empati­ca­mente il pub­bli­co e “muo­vere gli affet­ti”. Quin­til­iano, nel­la sua «Insti­tu­tio ora­to­ria», ave­va pro­pos­to del resto un par­al­le­lo fra «ora­tore»«musi­co». Così il dip­in­to «Con­cer­to a cinque»di Pietro Paoli­ni è emblem­ati­co e cos­ti­tu­isce un esem­pio magis­trale di icono­grafia musi­cale, un man­i­festo dei nuovi ori­en­ta­men­ti del­la musi­ca secen­tesca.

La pre­sen­tazione «Quan­do la pit­tura par­la – Retoriche ges­tu­ali e sonore nell’arte»è sta­ta fat­ta da Padre Pao­lo Garu­ti, pro­fes­sore di ese­ge­si e retor­i­ca anti­ca all’Ècole biblique di Gerusalemme e all’Angelicum di Roma; da Luca Ver­done, reg­is­tra e stori­co dell’arte; da Andrea Fos­sà, docente di vio­lon­cel­lo al Con­ser­va­to­rio di Paler­mo. 

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