Un Papa dell’altro mondo di Francesca Marrucci

Un Papa dell’altro mondo di Francesca Marrucci

14/03/2013 4 Di Francesca Marrucci

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Jorge-Mario-Bergoglio-Papa-Francesco-I1-586x403di Francesca Mar­ruc­ci

Mi piace Papa Francesco. Forse non per i motivi per cui dovrebbe piac­er­mi, ma fino­ra almeno, a poche ore dal­la sua elezione, mi piace. Mi piace per­ché è schi­et­to, sen­za la pom­posità medievale e autoref­eren­ziale di Ratzinger che, invece, non m’è piaci­u­to mai. Mi piace per il nome scel­to, che per vez­zo dico è anche il mio, ma che dice tante cose. Mi piace per­ché mi piace l’idea di un pon­tefice del­l’Amer­i­ca Lati­na.

Ora, però, vedremo per cosa si ricorderà questo Papa. Sul­l’on­da del­l’en­tu­si­as­mo, tra chi lo vor­rebbe ‘san­to subito’ e chi lo dipinge come una specie di ‘boia di Buenos Aires’, c’è sem­pre trop­pa approssi­mazione, trop­po fanatismo, da entrambe le par­ti, trop­pi pun­ti di vista sbagliati.Il Papa è un uomo e non un san­to. Su tut­ti i Papi c’è sta­to qual­cosa da dire, non solo al tem­po dei Bor­gia. Non solo le polemiche anco­ra vive su Pio XII, ma anche i fat­ti che in molti preferiscono non ricor­dare, come il dis­amore tra il Papa ‘Buono’, Gio­van­ni XXIII e Padre Pio, cosa che sicu­ra­mente la mag­gior parte dei fedeli che ora affi­an­cano con devozione le due immag­i­ni, non san­no o preferiscono igno­rare.

Siamo por­tati a giu­di­care un Papa, la sua figu­ra pri­ma e durante, con i canoni che applicherem­mo ai nos­tri politi­ci, ma a parte che in Italia abbi­amo già dimostra­to che non sap­pi­amo fare la morale ai nos­tri politi­ci, non è così che fun­ziona un pap­a­to.

Bas­ta ragionare su due fat­ti sem­pli­cis­si­mi, acclarati e in forte con­trad­dizione tra loro, almeno per i nos­tri canoni di giudizio, per com­pren­dere che il nos­tro pun­to di vista è mera­mente fol­cloris­ti­co.

Questo Papa è con­sid­er­a­to il ‘capo’ del­l’ala pro­gres­sista in Vat­i­cano, quel­la, per capir­ci, che si è oppos­ta al con­ser­va­toris­mo di Benedet­to XVI, degli scan­dali dei ped­ofili, dei famosi ‘corvi’, quel­la che ha rac­colto la richi­es­ta di rifor­ma e pulizia del­la Chiesa. E’ il Papa che sta in mez­zo ai più poveri, che ha dura­mente crit­i­ca­to il cap­i­tal­is­mo e i pro­ces­si eco­nomi­ci che schi­ac­ciano le fasce più deboli dei pae­si, è il car­di­nale umile che si cuci­na da solo, usa l’au­to­bus e non viag­gia con auto blu e scor­ta.

Ma questo è anche il Papa che in Argenti­na ha anco­ra un pro­ced­i­men­to penale a suo cari­co per la sparizione di un prete, che è accusato di essere anda­to a brac­cet­to con il regime fascista, che è sta­to der­i­mente nel­la battaglia con­tro l’ap­provazione del­la legge sul­la par­ità dei dirit­ti ai gay, che è ami­co inti­mo e rela­tore dei lib­ri di Don Gius­sani, Deus Ex Machi­na di Comu­nione e Lib­er­azione.

Ora la doman­da che dob­bi­amo far­ci non è come pos­sano con­vi­vere queste due per­son­al­ità, per­ché pos­sono con­vi­vere benis­si­mo. Non è che se uno è di sim­patie di destra poi non difen­da i più bisog­nosi. La vera doman­da è: quale sarà la rifor­ma pro­gres­sista che porterà avan­ti nel­la Chiesa, se tut­to quel­lo che noi laici ci aspet­ti­amo come ‘rifor­ma pro­gres­sista’ è fon­da­ta su prin­cipi che egli ha sem­pre com­bat­tuto?

Il fat­to è che la nos­tra con­cezione di ‘rifor­ma pro­gres­sista’ non è uguale a quel­la che ha il clero. Noi ragio­ni­amo da cit­ta­di­ni, ci basi­amo sui dirit­ti civili, sul­la moder­nità del­l’i­den­tità, ma il clero non ragiona così. Davan­ti agli scan­dali dei preti ped­ofili, del mer­ca­to del­la ‘carne’, dei famosi ‘corvi’, l’aspi­razione mas­si­ma del clero è ‘tornare alla Chiesa delle orig­i­ni: pura, pri­va di orpel­li, riv­ol­ta ai più bisog­nosi’, quel­la appun­to di Francesco, non è fare un pas­so avan­ti nel riconosci­men­to delle unioni civili o delle adozioni ai gay, per inten­der­ci.

Molti di quel­li che urlano sper­anze in queste ore tramite i social net­works, sec­on­do me si illudono. La Chiesa ha scel­to un ‘pro­gres­sista’, ma nel­la Chi­asa questo ter­mine indi­ca qual­cuno che ha il cor­ag­gio di tornare a quel­lo che la Chiesa dovrebbe essere. Una cosa scon­ta­ta, ma che nei sec­oli si è anda­ta così velo­ce­mente allon­tanan­do dal­la pras­si eccle­si­as­ti­ca che ora, para­dos­salmente, diven­ta una riv­o­luzione.

Mag­a­ri mi sbaglio, mi farebbe davvero piacere fos­se così, ma Papa Francesco è un Gesui­ta. Io ho avu­to sem­pre una grande ammi­razione per i Gesuiti, per la loro cul­tura, preparazione, intel­li­gen­za e devozione che li ha por­tati anche a ren­der­si pro­tag­o­nisti di episo­di biasima­bili, come le evan­ge­liz­zazioni forzate in quel­l’Amer­i­ca Lati­na che sta lì, alla ‘fine del mon­do’, ma che ha dimostra­to lungimi­ran­za e rispet­to per le altre cul­ture con l’e­sem­pio di uomi­ni come Mat­teo Ric­ci, che ha saputo, insieme a pochi dei suoi, ‘vestir­si come dei bonzi per entrare a corte del­l’Im­per­a­tore del­la Dinas­tia dei Ming’ come can­ta Bat­tia­to, rin­un­cian­do all’e­van­ge­liz­zazione clas­si­ca per fonder­si appieno nel­la con­t­a­m­i­nazione cul­tur­ale.

Per i Gesuiti la fede e i val­ori trasfusi nel cul­to sono la pri­ma cosa. Il fat­to di spie­gare con il cre­do e con la filosofia evan­gel­i­ca ogni accadi­men­to ter­reno, non dimostra solo una preparazione supe­ri­ore, ma una sto­ic­ità nel­la fede dif­fi­cil­mente intac­ca­bile.

Ci cre­do poco che questo ora, all’im­provvi­so, si tra­d­u­ca in un’aper­tu­ra sui dirit­ti civili. E’ più logi­co che invece pren­da sfo­go in un lavorìo inces­sante a favore delle clas­si più bisog­nose, in un peri­o­do di crisi eco­nom­i­ca mon­di­ale. E’ più logi­co che predichi con fer­vore il ritorno all’et­i­ca e ai prin­cipi del­la Chiesa, innanzi tut­to di fronte agli scan­dali ses­su­ali emer­si negli ulti­mi anni. E’ più logi­co che pun­ti su una classe diri­gente rin­no­va­ta, meno avvez­za all’oc­cu­pazione di cariche e poltrone e più dedi­ta alla cura delle ani­me.

Forse queste non sono pri­or­ità che inter­es­sano i cit­ta­di­ni, che mag­a­ri ne rester­an­no delusi e diran­no anche, alla fine, che questo Papa non avrà fat­to granché. Eppure ques­ta già sarebbe una riv­o­luzione epocale, per usare un agget­ti­vo tan­to in voga, anche se forse non avrà effet­to imme­di­a­to sulle politiche nazion­ali.

Ma, par­liamo­ci chiaro, per­ché deve essere il Vat­i­cano a dare il ‘via lib­era’ all’ap­provazione di dirit­ti civili fon­da­men­tali in altri Sta­ti? E’ nor­male che i cit­ta­di­ni deb­bano sper­are in una pre­sa di posizione a loro favore da parte del Papa per vedere riconosciu­ti i pro­pri dirit­ti inalien­abili? Questo è il vero para­dos­so. Ed è per questo che molti rimar­ran­no delusi. Anzi, mi aspet­to anche prese di posizione nette con­tro questi dirit­ti, se il car­di­nale argenti­no resterà fedele alla sua vocazione.

Ma non impor­ta. Non è il Papa che deve dirci cosa è ora di approvare, per quali dirit­ti bisogna com­bat­tere e cosa è gius­to o no. Il Papa dà la sua indi­cazione, con­forme al suo sta­tus, ma soprat­tut­to, ora il Papa, per essere un vero rifor­ma­tore, invece di ingerire su ques­tioni politiche, come ha fat­to fino a pochi giorni fa, deve ingerire su quelle morali, sulle quali invece ha per trop­po tem­po glis­sato, tap­pan­dosi orec­chie, occhi e naso.

Per­ché, sig­nori miei, l’I­talia in questo momen­to ha bisog­no quan­to la Chiesa di pulizia e moral­ità, di tornare ai val­ori fon­dan­ti e di non las­cia­re per stra­da chi è più debole. Questo è l’e­sem­pio che può dar­ci il Papa, che non può fare anche il nos­tro ‘lavoro’.

Ques­ta è la vera riv­o­luzione, nel­la Chiesa e nel­lo Sta­to Ital­iano. Che il Papa fac­cia il Papa, ma che anche noi com­in­ci­amo a fare davvero i cit­ta­di­ni di ques­ta Italia.

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